Catechismo della Chiesa Cattolica
§ 545 Gesù invita i peccatori alla mensa del Regno: «Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17). Li invita alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l’infinita misericordia del Padre suo per loro e l’immensa «gioia [che] ci sarà in cielo per un peccatore convertito» (Lc 15,7). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita «in remissione dei peccati» (Mt 26, 28).
L’invito fatto da Nostro Signore nel passo di San Marco raccolto dal Catechismo ci si presenta come rivolto alle persone che vivono al di fuori della Chiesa Cattolica, nella pratica abituale dei peccati più diversi, e che quindi hanno bisogno di convertirsi dalle loro azioni cattive.
Tuttavia, chi ha ricevuto le sacre acque purificatrici del Battesimo, pratica i Comandamenti di Dio e della Chiesa, frequenta i Sacramenti, prega, riceve la Comunione… non ha forse smesso di essere peccatore? È già passato dal paganesimo alla Fede, dalla perversità alla virtù, e apparentemente non sembra aver bisogno di conversione. È così?
Il Discepolo Amato ci mette in guardia: «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, Egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa» (1 Gv 1, 8-9). E il grande San Paolo afferma: «Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io» (1 Tim 1, 15).
Ci sono opere ingiuste come quelle riferite dall’Apostolo (cfr. 1 Cor 6, 9-10) e molte altre ugualmente meritevoli dell’inferno; sono i peccati mortali.1 Tuttavia, ci sono anche colpe meno gravi, ma che offendono Dio, chiamati peccati veniali,2 che ogni uomo concepito nel peccato originale commette quotidianamente, non di rado quasi senza rendersene conto… E ci sono anche atti meno conformi alla volontà divina per una determinata persona in una determinata circostanza, chiamati imperfezioni.
Salomone ricorda che «il giusto cade sette volte» al giorno, «ma si rialza», mentre «gli empi soccombono nella sventura» (Prv 24, 16). Ciò che, soprattutto, distingue il peccatore incallito da colui che cerca di praticare la virtù è il costante desiderio di rialzarsi, di crescere nell’amore per Dio, di diventare santo.
Spetta quindi a chi desidera praticare la Legge Divina sforzarsi di non commettere mai non solo peccati veniali, ma anche imperfezioni, e così avere il tempio del proprio cuore più santo del Tempio di Gerusalemme. L’anima del giusto, infatti, risplende non del lustro dell’oro o dell’argento, ma della grazia dello Spirito Santo e, invece di avere un’Arca e dei Cherubini, è inabitata da Cristo, da suo Padre e dal Paraclito.3 ◊
Note
1 Cfr. CCE 1854-1861.
2 Cfr. CCE 1862-1863.
3 Cfr. SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Première exhortation a Théodore après sa chute. In: Œuvres Complètes. Paris: Louis Vivès, 1865, t.I, p.22.