Prefigurata dal popolo eletto nell’Antico Testamento, la Chiesa è stata istituita da Nostro Signore Gesù Cristo nella pienezza dei tempi al fine di perpetuare la sua presenza presso gli uomini e condurli così alla salvezza. Derivante dal greco εκκλησία – ekklésia – la parola chiesa significa convocazione o assemblea.
In questo senso, molto più che una semplice struttura materiale o giuridica, la Chiesa è una realtà viva. Così, la vediamo rappresentata ora come la vigna o il campo del Signore (cfr. 1 Cor 3, 9; Mt 21, 33-43), ora come il gregge di cui Cristo è il Buon Pastore (cfr. Gv 10, 11-16), ma anche come un edificio spirituale costruito con pietre vive: la Gerusalemme Celeste (cfr. 1 Pt 2, 5; Ap 21, 9-14).
Considerando la dimensione “personale” della Santa Chiesa, è naturale chiedersi: questa venerabile signora ha un volto?
Ciò nonostante, San Paolo presenta un’immagine ancora più sublime. Nella sua Epistola ai Colossesi, l’Apostolo delle Genti afferma che Gesù è «il Capo del Corpo che è la Chiesa» (Col 1, 18). E così stretto risulta il vincolo tra il Divin Salvatore e l’istituzione da Lui fondata che, come insegna San Tommaso d’Aquino, «Capo e membra sono come una sola persona mistica».1
La Chiesa, Madre nostra
Se, di fatto, è lecito ammettere questo carattere quasi personale della Chiesa, possiamo ancora più facilmente aggiungere ad esso il carattere materno. Infatti, attraverso le acque del Battesimo, ci fa nascere alla vita in Gesù Cristo; attraverso la grazia degli altri Sacramenti, ci nutre, ci fortifica e ci guarisce; e attraverso il Magistero, ci insegna le verità eterne. Inoltre, questa immagine è rafforzata dalla tradizione cattolica, che da secoli è abituata a riferirsi alla Sposa Mistica del Redentore con l’espressione Santa Madre Chiesa.
Considerando questa dimensione “personale” e materna della Gerusalemme Celeste, è naturale chiedersi: questa venerabile signora ha un volto? Quale sarà? Ricolmi di amore filiale, siamo portati a implorare, parafrasando l’Apostolo San Filippo: «Signore, mostraci la gloria della Madre nostra, la Chiesa, e ci basta!» (cfr. Gv 14, 8).
Questo fu il desiderio ardente che spinse un giovane catalano a entrare nel convento carmelitano di Barcellona nel 1832.
Appassionato della Chiesa di Cristo
Nato in una famiglia fedele all’altare e al trono, Francesco Palau y Quer venne al mondo il 29 dicembre del 1811 nella cittadina di Aitona, vicino ai Pirenei. Avendo ricevuto un’educazione esemplarmente religiosa, non tardò a formulare il proposito di dedicarsi al servizio divino.
Nel 1828 entrò nel seminario diocesano di Lérida e ivi studiò fino all’età di 21 anni, quando, discernendo in sé la vocazione carmelitana, fu ammesso al noviziato nel convento di Barcellona. Nel novembre del 1833 professò i voti religiosi, ricevendo poco tempo dopo gli ordini minori.
Una passione speciale lo spingeva sulle strade della vita consacrata: «Separato dal mondo, ritirato in convento, ho chiesto la cosa amata, l’ho cercata […] nelle austerità della vita religiosa, nel digiuno, nel silenzio, nella povertà, l’ho cercata e l’ho trovata!… Ho visto la mia amata e mi sono unito a lei nella fede, nella speranza e nell’amore! La sua presenza ha appagato la mia passione e con lei ero felice, la sua bellezza mi bastava. Dio e il prossimo, ossia, la Chiesa Cattolica, mi è apparsa tanto bella come una divinità».2
Rapito, dunque, dalla bellezza soprannaturale della Sposa Mistica del Salvatore, il giovane carmelitano fece del suo amore per lei la ragione della sua esistenza. Tuttavia, la Provvidenza non tardò a mettere alla prova la sua fedeltà all’amata, permettendogli di essere, per lungo tempo, il bersaglio della persecuzione che i nemici della Chiesa promuovono sempre nel loro insaziabile desiderio di macchiarla, deformarla e, se possibile, distruggerla.
Vita di intense battaglie e di profondo raccoglimento
Nel 1835, una rivolta di carattere anticlericale scoppiò in Catalogna. In preda a un furore satanico, i rivoluzionari incendiarono il convento carmelitano di Barcellona. Sfuggito miracolosamente all’attentato, il Beato Palau si diresse a Barbastro, dove fu ordinato sacerdote l’anno successivo.
Da allora subì una serie di attacchi, spesso con intenti omicidi, da parte degli avversari visibili della Chiesa di Cristo, oltre ad attacchi diabolici, e non poté più avere una residenza stabile. Cominciò ad alternare periodi di missione apostolica, come quelli realizzati nelle Isole Baleari, a periodi di esilio, come gli undici anni trascorsi in Francia.
Il sacerdote carmelitano, però, non cedette mai alle pressioni dei suoi avversari: attraverso la preghiera, gli esorcismi, le polemiche e le predicazioni, sostenne una battaglia incessante.
La Chiesa era per il Beato Palau la ragione della sua vita, la vedeva sotto le spoglie di una fanciulla, con cui aveva colloqui commoventi
Tra le numerose iniziative apostoliche da lui svolte, si segnala il bollettino El Ermitaño, nel quale, oltre a condannare i peccati della sua epoca, registrava un certo numero di sue esperienze mistiche, alcune delle quali, nell’ambito delle rivelazioni private, possono essere considerate vere e proprie profezie.
La forza di questo indomito combattente derivava dalle sue frequenti meditazioni e dall’assiduo raccoglimento. Di tanto in tanto, si recava su un’isola rocciosa del Mediterraneo e lì trascorreva giorni in solitudine. Questi ritiri sull’isola di Es Vedrà portarono a un gran numero di contatti sensibili tra il Beato Palau e la Gerusalemme Celeste. Nel 1860, la sua amata cominciò ad apparirgli sotto forma di una fanciulla con la quale aveva dei commoventi dialoghi, come raccontato nella sua opera postuma I miei rapporti con la Chiesa.
Infine, informato di un’epidemia che infuriava nella sua regione natale, si recò ad amministrare i Sacramenti ai malati. La sua salute, già scossa dalle incessanti attività e dalle prolungate penitenze, subì nell’ardore di questa missione un colpo decisivo. Giunto a Tarragona il 10 marzo del 1872, il paladino della Santa Chiesa rese l’anima a Dio il giorno 20. Aveva consumato tutta la vita a lottare per coloro che aveva tanto amato: Dio e il prossimo.
Riconosciuta l’ortodossia dei suoi scritti e la santità della sua vita, fu beatificato il 24 aprile del 1988.
Didattica divina
Dopo aver visto alcuni tratti biografici del Beato Palau, possiamo passare a considerare il suo rapporto mistico con la Santa Chiesa.
Mentre il Divin Redentore lasciava che il Beato penetrasse nel mistero della sua unione con gli uomini manifestato nella sua Sposa Mistica, l’anima del santo carmelitano ne desiderava contemplare sempre più il vero volto che aveva cercato fin dalla giovinezza. E Nostro Signore rispose a questo nobile desiderio con una finezza e – perché non dirlo? – con una didattica squisite.
In effetti, essendo una realtà spirituale sublime, la Chiesa supera la capacità di comprensione umana. Per questo motivo, molte delle sue perfezioni furono presentate al Beato nella persona di differenti personaggi della Storia Sacra. Di seguito ne elenchiamo alcune.3
Figure vive della Sposa dell’Agnello
Nel marzo del 1865, il carmelitano si recò sull’Isola di Ibiza per predicare una missione. Pensando di essere solo, ebbe la sorpresa di imbattersi in una bella giovane vestita con abiti pastorali. Il Beato le chiese, ammirato, la sua identità.
— Io sono Rachele – rispose.
Riconoscendo nella figlia di Labano (cfr. Gn 29, 5-10) la figura della sua amata, il sacerdote chiese:
— Quando sarò solo, sarai con me?
Alla risposta positiva, la pastorella aggiunse:
— E anche quando sarai accompagnato, perché io sono i tuoi prossimi uniti tra loro dall’amore, sotto Cristo, mio Capo. Quando stai con loro, stai con me e io in te.
Di nuovo, il missionario chiese:
— Quando sono solo, chi sei tu, amabilissima compagna?
— Io sono, dunque, la congregazione di tutti gli Angeli e i Santi del Cielo e della terra sotto Cristo, mio Capo.
E la giovane mantenne la sua promessa. Durante una missione il 2 aprile, Padre Palau si trovò nuovamente di fronte alla stessa fanciulla, che gli disse:
— Io sono la figlia di Labano, e questo popolo che ti corre dietro […] è il gregge che nutro nei boschi di questo mondo.
Il 3 marzo del 1866, il Beato si trovava tra le rovine di un castello quando si imbatté nella figura di Ester, che rappresentava la potestà regia della Sposa di Cristo. Dopo avergli fatto varie comunicazioni relative all’Ordine della Madonna del Monte Carmelo per gli ultimi tempi, la sovrana affermò:
— Sulle rovine dell’impero infernale io sorgerò in gloria, e sulle rovine del mio santuario costruirò la mia fortezza imperiale con una gloria che non ho mai avuto sulla terra.
Attraverso figure dell’Antico Testamento, la Provvidenza rivelò al Beato Palau le perfezioni della Sposa dell’Agnello
Nei giorni successivi, la Chiesa tornò a rivolgersi a Padre Palau, questa volta nelle vesti della giudice che guidò i figli di Israele nella guerra contro Iabin e il suo generale Sisara (cfr. Gdc 4).
La dama gli disse:
— Io sono Debora. Morte a Iabin e Sisara, abbasso i demoni! Come Sisara fu inchiodato a terra per mano di Giaele, così Belzebù e i suoi principi cadranno nelle mie mani e saranno gettati nell’abisso.
E aggiunse:
— Presenta, in mio nome, sull’altare, come prezzo della redenzione, il Corpo e il Sangue di Gesù, mio Sposo, e lancia i demoni all’inferno, perché sono stati vinti e sconfitti in battaglia!
Attraverso queste figure, la Provvidenza volle rivelare al Beato Palau le perfezioni della Sposa dell’Agnello. Anche altri aspetti di lei si mostrarono personificati in Rebecca, che, con tenerezza e abilità, favorì Giacobbe (cfr. Gn 27, 6-29); nella casta vedova Sara, che aveva avuto sette mariti uccisi da Asmodeo e poté finalmente sposarsi quando incontrò Tobia, uomo puro e degno (cfr. Tb 3, 8); e anche nella terribile Giuditta, che tagliò la testa all’empio Oloferne (cfr. Gdt 13, 3-11).
Maria Santissima: il modello perfetto
Tuttavia, sebbene fossero immagini autentiche della Chiesa, queste dame la rappresentavano in modo parziale e imperfetto. Era necessario che Padre Palau conoscesse l’unica creatura capace di contenere in sé la totalità delle perfezioni morali della Sposa di Cristo.
Una notte, mentre si trovava sul Monte Vedrà, il sacerdote carmelitano percepì, in modo confuso e velato, la presenza della sua amata sotto forma di una figura fino ad allora sconosciuta.
— Qual è il suo nome? – chiese.
— Io sono Maria, la Madre di Dio.
«Detto questo, i cieli si aprirono, le ombre e le figure scomparvero», racconta il Beato. Durante il dialogo, la Vergine Santissima gli assicurò che, a partire da quel momento, il carmelitano avrebbe contemplato in Lei la Chiesa, anche se le altre immagini avessero continuato a fargli visita.
Infatti, dopo un po’ di tempo Rebecca tornò ad apparire, spiegandogli le ragioni del cambiamento:
— Le altre donne ed io rappresentiamo la Chiesa in modo molto imperfetto. All’inizio conveniva, per il tuo bene, che fossimo Giuditta, Rachele, Ester, Debora, io e altre a iniziare l’opera in te. Ora tu ormai credi, e con la tua fede puoi vedere qualcosa di più perfetto. […] La Vergine Maria è l’unico tipo, l’unica figura che nel Cielo rappresenta con più perfezione la santa Chiesa perché, creata e formata per questo scopo, Ella è, nell’ordine morale e spirituale come in quello fisico e materiale, l’opera più perfetta e compiuta della sapienza e dell’onnipotenza di Dio.
Anni dopo, il Beato spiegherà questa realtà con le seguenti parole: «Solo Maria, Madre di Dio, è stata Vergine e Madre; e in queste perfezioni è l’unica che ci raffigura la purezza, la verginità e la maternità della Chiesa. La Chiesa è vergine perché, nel suo concepimento e nei suoi parti, opera in lei lo Spirito Santo; è madre fecondissima che ha come figli tutti i predestinati alla gloria».
Chiesa santa, cattolica, apostolica… e mariana!
È sorprendente notare l’armonia esistente tra gli scritti del Beato Palau e gli insegnamenti del Magistero Ecclesiastico. Infatti, riconoscendo la Madonna come «figura ed eccellentissimo modello»4 della Sposa mistica di Cristo, il Concilio Vaticano II afferma: «Nel mistero della Chiesa, la quale pure è giustamente chiamata madre e vergine, la Beata Vergine Maria occupa il primo posto, presentandosi in modo eminente e singolare quale Vergine e Madre».5
Solo Maria può rappresentare alla perfezione la Chiesa santa, perché è l’opera più perfetta della sapienza e dell’onnipotenza di Dio
A sua volta, il Catechismo della Chiesa Cattolica6 ricorda che la Madre di Dio rappresenta la Chiesa non solo in ciò che è, ma anche in ciò che sarà; in altre parole, riconosce che il Corpo Mistico di Nostro Signore, con una continua crescita in grazia e santità, raggiungerà la sua pienezza quando assomiglierà pienamente all’Immacolata.
In questo senso, facendo nostro l’ardente desiderio del Beato Palau per la glorificazione della Chiesa, dobbiamo chiederci: quando l’umanità avrà la fortuna di contemplare, nella Sposa Mistica di Cristo, la fisionomia della Madre di Dio?
San Luigi Maria Grignion de Montfort profetizza un’epoca in cui «le anime respireranno Maria come i corpi respirano l’aria».7 Senza dubbio, quando questo accadrà, potremo riferirci alla Chiesa non solo come una, santa, cattolica e apostolica, ma anche come mariana. Sarà allora il grande «nunc dimittis» delle anime fedeli: «Ora puoi chiudere la Storia, Signore, perché tutte le glorie della tua Sposa si sono pienamente manifestate!». ◊
Note
1 SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma teologica. III, q.48, a.2, ad.1.
2 BEATO FRANCESCO PALAU Y QUER. Mis relaciones con la Iglesia. In: Obras selectas. Burgos: Monte Carmelo, 1988, p.350.
3 I fatti raccontati di seguito, così come i dialoghi riprodotti, sono tratti dall’opera Mis relaciones con la Iglesia, citata precedentemente.
4 CONCILIO VATICANO II. Lumen gentium, n. 53.
5 Idem, n.63.
6 Cfr. CCC 972.
7 SAN LUIGI MARIA GRIGNION DE MONTFORT. Traité de la vraie dévotion à la Sainte Vierge, n.217. In: Œuvres Complètes. Paris: Du Seuil, 1966, p.634.