Essendo l’uomo composto da corpo e anima, più nocivi dei mali che colpiscono il corpo sono quelli che riguardano l’anima. Con quanta frequenza ci dimentichiamo di questa realtà!
Da quasi due anni l’umanità è afflitta da un nuovo virus. Di conseguenza, la preoccupazione per la salute è estremamente comune ai nostri giorni, al punto che molti cercano di informarsi sulle più recenti malattie, così come sui mezzi di prevenzione.
Tuttavia, non sono rare le volte in cui dimentichiamo che molto più nocivi dei mali che colpiscono il corpo sono quelli che riguardano l’anima, perché mentre i primi possono portarci alla morte temporale, gli altri ci conducono alla perdizione eterna.
Una malattia millenaria
Dopo la caduta dei nostri progenitori – che molti considerano avvenuta circa settemila anni fa – l’uomo restò seriamente compromesso nella sua integrità, sia fisica che spirituale. Infatti, la sregolatezza delle passioni e l’inclinazione al male, ora presenti in tutti gli abitanti di questa valle di lacrime, non esistevano nell’anima di Adamo ed Eva prima del peccato originale.
A partire da allora, una malattia, molte volte dimenticata, cominciò ad affliggere l’umanità: la presunzione o pretensione. Per gravità e ampiezza, essa può essere considerata come una vera pandemia… spirituale.
Cos’è la pretensione?
In senso lato, la pretensione è “l’atto o l’effetto di pretendere”. Possiamo però distinguerla in due generi differenti.
In primo luogo, c’è un’accezione positiva, cioè l’atteggiamento legittimo di un uomo che, misurate le sue qualità, aspira a un fine a lui proporzionato e impiega i mezzi adeguati a questo fine.
Così, uno studente di medicina ha, per esempio, il diritto di pretendere di realizzarsi in questa professione e di diventare un medico esperto e di successo.
Nella maggior parte dei casi, invece, questo termine è impiegato in senso negativo e persino peggiorativo, si parla allora di presunzione. Perché?
Il vizio della presunzione
Contrariamente a quanto potrebbe sembrare ad alcuni, il vizio della presunzione non è vincolato alla prosperità economica. Il ricco non è necessariamente presuntuoso e per essere presuntuosi non è necessario essere ricchi… Un esempio lo troviamo in San Lazzaro, l’amico del Signore, del quale la tradizione dice che era un uomo che possedeva molti beni.
Non va nemmeno confuso con il desiderio di perfezione e di grandezza, sempre che queste siano conformi alla realtà.
La radice della presunzione si trova nell’orgoglio, frutto della sregolatezza interiore dell’uomo, per il quale spesso i desideri tendono verso obiettivi che non gli spettano o che non sono alla sua portata. In virtù di ciò, egli comincia a vivere una realtà immaginaria con la quale cerca di illudere se stesso o gli altri. Questo è il presuntuoso, nel senso più forte del termine.
Ci sono anche casi in cui il presuntuoso possiede di fatto certe abilità o doti, ma le esagera fino ad eccessi che travalicano la realtà, e comincia a desiderare ardentemente una realizzazione che non gli spetta.
Allora, come desiderare di essere grandi senza cadere in queste esagerazioni?
Magnanimità, umiltà e presunzione
Nel trattare la fortezza, San Tommaso d’Aquino enumera la magnanimità come una delle sue virtù annesse. Quest’ultima è proprio quella che stabilisce “la misura della ragione nei grandi onori”,1 ossia, permette all’uomo di desiderare cose ammirevoli senza però cadere nel vizio della presunzione o in quello della pusillanimità.
Infatti, si pecca per esagerazione e per difetto. La presunzione è la deviazione per eccesso,2 mentre la pusillanimità lo è per mancanza, perché “come la presunzione porta una persona a eccedere la misura della propria capacità mirando a cose troppo grandi, così anche il pusillanime non raggiunge la misura della propria capacità quando rifiuta di tendere a cose a lui proporzionate”.3
Pertanto, l’atteggiamento umile e senza pretese non consiste nel rifiutare ogni aspirazione, ma nel desiderare ciò che è dovuto, secondo la volontà di Dio.
In questo senso, la vita dei Santi ci fornisce una lezione continua. Dopo tutto, come negare che figure come San Paolo, San Bernardo, Santa Teresa e tante altre abbiano aspirato con successo a grandi obiettivi? Eppure, ciò che rendeva le loro opere non solamente lecite, ma anche piene di merito, è che le compivano per la maggior gloria di Dio, senza alcun desiderio di realizzazione personale. Ecco il termometro della presunzione.
Così, se ambisco allo sfarzo per me, senza dubbio la febbre della presunzione ha cominciato a provocare dentro di me i suoi deliri. Tuttavia, se aspiro a realizzazioni – anche smisuratamente grandi – per la gloria di Dio, non sarà la febbre, ma il fuoco dell’amore divino ad infiammare la mia anima.
Ora, come riconoscere se ciò che mi spinge a fare qualcosa è la carità o il mio amor proprio? Come faccio a sapere se mi comporto in maniera presuntuosa o no?
I sintomi della presunzione
Nelle malattie naturali, la percezione dei sintomi può fornirci una nozione molto precisa dei mali che affliggono il corpo. Nelle malattie soprannaturali, questo è ugualmente di grande importanza per noi.
Sulla base della sua esperienza nella direzione delle anime, il Dott. Plinio Corrêa de Oliveira “diagnosticò”, in una conferenza tenuta nell’anno 1969,4 alcuni “sintomi” della presunzione, al fine di facilitare ai suoi seguaci il discernimento sull’esistenza di questo vizio in se stessi.
Sebbene possano verificarsi altri sintomi non catalogati qui, o alcuni di essi possano essere riconosciuti in più di una malattia soprannaturale, verificarli tutti potrà dare al lettore una nozione chiara del grado di sviluppo della “patologia”.
L’agitazione
“L’agitazione non è prodotta solamente dalla presunzione, ma quest’ultima produce sempre la prima”, spiega il Dott. Plinio.
Quando una persona ha il suddetto vizio, cerca di imporre un’idea elevata di se stessa a sé o agli altri. E come conseguenza di questo sforzo di fare una buona impressione, diventa tesa e agitata.
Immaginiamo, per esempio, un oratore che prima di tenere una conferenza cominci a sentire una strana ansia. Non sarà essa il frutto di una certa vanità nascosta, che anela a realizzarsi in una gloria infondata? È il caso di chiederselo…
Al contrario, l’anima senza pretese sa misurarsi: è quello che è, con le sue qualità e i suoi limiti, e in questo senso “non si vergogna, non si agita”. Un tale atteggiamento interiore genera un’enorme stabilità.
L’inquietudine
Il secondo sintomo è l’inquietudine.
Qualcuno potrebbe obiettare: non è la stessa cosa dell’agitazione? No. Se un uomo vince una grande fortuna alla lotteria, senza dubbio può agitarsi. Ne sarà molto contento, giungendo forse a perdere il controllo delle sue prime reazioni dopo aver ricevuto la notizia. Qualcuno dirà per caso che è inquieto? Il Dott. Plinio pensa di no, perché l’inquietudine è sempre prodotta da qualche paura.
Siccome il presuntuoso teme di non riuscire a raggiungere i suoi obiettivi o di non inscenare bene la sua pseudo-realtà, si affligge di fronte a un compito così difficile. Inoltre, poiché non è mai soddisfatto della gloria ricevuta, anche se ottiene un certo risultato, desidererà presto ottenerne il doppio. Poiché, però, percepisce istintivamente che c’è un grande rischio di non raggiungerlo, si inquieta.
In sintesi, mentre l’agitazione deriva dal desiderio di apparire più di quello che si è, l’inquietudine sorge quando quest’obiettivo sembra molto difficile da raggiungere, rendendo imminente l’insuccesso.
D’altra parte, l’anima che non ha pretese sperimenta dentro di sé una grande serenità, perché sa che ogni essere umano è contingente per natura e che, senza l’ausilio divino, le sue opere non risulteranno mai così perfette come vorrebbe. Di conseguenza, fa tutto ciò che è alla sua portata, ma senza afflizione. Ciò che non è possibile per lei, lo sarà per il suo Signore perché, dopo tutto, “a Dio tutto è possibile” (Mt 19, 26).
L’irritabilità
Il terzo sintomo della presunzione è l’irritabilità.
Allo stesso modo in cui la persona presuntuosa si inquieta di fronte alla possibilità che non si conceda il debito valore alla sua falsa immagine, quando si rende conto che i suoi progetti di realizzazione sono stati offuscati, seppure leggermente, è propensa a irritarsi dinanzi a questo fallimento.
Immaginiamo una persona che si ritenga di una bellezza che non corrisponde alla realtà. Quando sente una critica sul suo aspetto, si irrita profondamente con l’interlocutore poco delicato.
Pensiamo, ancora, a qualcuno che si consideri il miglior atleta della sua città. Se un altro sportivo viene lodato in sua presenza, si irriterà facilmente. Il Dott. Plinio immagina, non senza una certa giocosità, cosa passerebbe per la mente di uno così: “Come possono elogiarlo davanti a me, che sono la stella e la fenice degli atleti? Come osano lodare costui, che non è che una goccia d’acqua vicino al mare che sono io?”.
Perché quest’irritazione? Nella sua anima la febbre della presunzione tende a provocare deliri di collera.
Se, al contrario, mormora dentro di lui la dolce brezza della modestia, saprà non irritarsi davanti agli oltraggi, che saranno sempre inferiori a quelli subiti ingiustamente dal Redentore nella sua Passione. Perciò, a somiglianza del Divin Maestro, il discepolo fedele diventa “mite e umile di cuore” (Mt 11, 29). Egli è affabile.
La diffidenza
“La persona che nasconde qualcosa è sempre sospettosa”, osserva il Dott. Plinio. Il presuntuoso nasconde la sua mancanza di valore; così, poiché teme che gli altri percepiscano la sua farsa, diffida di tutto e di tutti.
Somiglia a un uomo che, per difetto di nascita, ha un solo orecchio e che per rimediare a tale situazione, se ne è fatto confezionare uno di silicone così ben fatto da avvicinarsi molto a quello naturale. Eppure, basta che qualcuno lo fissi più a lungo perché lui cominci a sospettare ipso facto che gli stia guardando l’orecchio finto. Lo stesso accade con chi crea per sé la maschera della presunzione.
Invece, chi vive senza questa maschera cessa di essere continuamente preoccupato per se stesso e, in modo perspicace, impara ad analizzare tutto con distanza, freddezza, tranquillità e senza soprassalti.
Il “tifo”
Il quinto sintomo è il “tifo”.
Il presuntuoso vuole vincere e, nel suo “stadio interiore”, fa continuamente il tifo per la vittoria. In questo suo tifare, non si accontenta dei risultati ottenuti, ma vuole sempre aumentare la sua gloria e il suo prestigio: vorrebbe vederli raddoppiati, triplicati… all’infinito.
Immaginiamo una persona a cui piace, per esempio, essere considerata come qualcuno dalla conversazione interessante. Supponiamo che, con uno sforzo immane, ripetendo cose che ha sentito da altri e imitando terzi – una porzione di “orecchie di silicone” – riesca a raggiungere un risultato di gran lunga superiore a quello suo naturale. Non si accontenterà e vorrà presto ottenere molto di più! Risultato: vivrà in uno stato permanente di “tifo”.
In ogni caso, nessuno sarà migliore o peggiore per aver “tifato” con maggiore o minore intensità. Si tratta più di un sentimento irrazionale che di un mezzo logico per raggiungere un fine.
Al contrario, chi si fida e ha fede, arriverà a spostare le montagne (cfr. Mt 17, 20). In sintesi, la persona senza pretese non “tifa”; prega.
La soluzione
Questi sono i sintomi più rilevanti della presunzione e, di conseguenza, della mancanza di presunzione. Il loro elenco non è fatto in ordine cronologico, forse perché questa malattia varia molto da paziente a paziente.
Inoltre, quasi sempre un sintomo sarà accompagnato da un altro, così che nell’ordine pratico sono difficilmente separabili.
In ogni caso, se il lettore ne trova qualcuno nella sua anima, non si disperi. Piuttosto, accresca la sua fiducia in Colui che non è venuto “a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9, 13) e Gli chieda, per intercessione della Sua Santissima Madre, di liberarlo da questa infermità, sicuro che, non importa quanto tempo ci vorrà, un giorno la guarigione arriverà! ◊
Note
1 SAN TOMMASO D’AQUINO. Summa Theologica. II-II, q.129, a.3.
2 Cfr. Idem, q.130, a.2.
3 Idem, q.133, a.1.
4 Cfr. CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. San Paolo, 11 marzo 1969.