Quando i gelidi giorni dell’inverno cedono il passo alle prime piogge primaverili che avvolgono con il loro clima mite la natura fino ad allora inerte, gli uomini ricevono in dono lo sbocciare di una nuova vita, ricca di significati, misteri e simbolismi.
«Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15, 5). Chi non è in grado di ascoltare l’eco di queste parole divine contemplando i delicati tralci che spuntano dai vitigni secolari di un terroir leggendario, e di trarre da questo semplice insegnamento frutti di dolcezza e pace, rimedio efficace per la salvezza? Non avrà forse voluto Nostro Signore rivelare, in tale allegoria, una realtà soprannaturale che a Lui piacque imprimere nell’ordine naturale al momento della creazione del mondo? Sì! Più che essere una semplice immagine del Salvatore, la vite offre all’uomo il vino, che il tempo e le botti sublimeranno, in attesa che ceda il posto della propria sostanza al Sangue di Cristo durante la Messa.

L’Eucaristia è l’espressione più sensibile di una realtà invisibile che rivela l’intimo rapporto tra la vite e i tralci, tra Cristo e le sue membra: la Comunione dei Santi.
Recitando il Credo proclamiamo la nostra fede in questa verità, professata espressamente dalla Chiesa fin dal V secolo,1 senza però meditare sull’universo soprannaturale che essa racchiude. Torniamo un po’ alle fonti cristalline della Scrittura e agli insegnamenti millenari della Chiesa per comprendere meglio questo punto della dottrina cattolica e l’amore inesauribile che, attraverso di esso, si riversa su di noi.
Comunione dei Santi, nelle cose sante
L’espressione Comunione dei Santi è meglio compresa se considerata in due sensi distinti: comunione nelle cose sante, sancta; e comunione tra le persone sante, sancti.
Nella maggior parte delle Liturgie orientali, mentre presenta le offerte, il celebrante recita: «Sancta sanctis!» – le cose sante ai santi. «I fedeli (sancti) vengono nutriti del Corpo e del Sangue di Cristo (sancta) per crescere nella comunione dello Spirito Santo (Koinonia) e comunicarla al mondo».2
Il primo significato della parola comunione che ci viene in mente si riferisce senza dubbio all’Eucaristia. Tuttavia, il termine Koinonia significava fin dai tempi antichi l’intima unione dei Vescovi con i fedeli, dei Vescovi tra loro e, allo stesso modo, dei fedeli tra loro. Esprimere l’unione delle persone con questo termine significava riconoscere la stessa unità vitale che le vincolava,3 come una linfa divina che dà vigore a tutti i rami.
Le lettere dell’Apostolo San Paolo svolgono senza dubbio un ruolo chiarificatore nell’esplicitare questo dogma, poiché a partire dalla dottrina del Corpo Mistico di Cristo (cfr. 1 Cor 12, 12-14), insegnata con maestria, egli rese in una certa misura comprensibile ciò che, anche così, continua ad essere un mistero.
«Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo» (Ef 5, 29-30). Sotto lo stesso Capo, che è Nostro Signore, formiamo tutti un unico Corpo, un’unica Chiesa, sia essa trionfante, purgante o militante.
Ora, «la condizione dei Santi differisce dalla nostra, è vero, ma come la condizione di un membro dello stesso corpo differisce da quella di un altro membro».4 Pertanto, se costituiamo uno stesso organismo soprannaturale, «il bene degli uni è comunicato agli altri. E così, tra le altre cose che ci hanno insegnato gli Apostoli, si deve credere che esiste una comunione di beni nella Chiesa»,5 con la quale Cristo ci vivifica.
Il Cielo e la terra sotto lo stesso “tetto”
La comunione con i beati nasce da una naturale manifestazione del cuore cattolico. Il culto che dedichiamo loro si è diffuso nella Chiesa sin dalla sua nascita, poiché sappiamo che «essi conoscono le nostre necessità meglio di noi stessi e, prima ancora che la nostra preghiera giunga a loro, Dio li ha preparati ad ascoltarla e ad esaudirla».6
Essendo più uniti al Verbo Divino, i Santi «rinsaldano tutta la Chiesa nella santità, nobilitano il culto che essa rende a Dio qui in terra e in molteplici maniere contribuiscono alla sua più ampia edificazione in Cristo».7Questa regola si applica, a fortiori, alla Vergine Maria, che è allo stesso tempo Madre di Cristo e membro eminentissimo del suo Corpo Mistico. «Lei è la memoria vivente di Gesù, e in quanto tale è, per così dire, il polo d’attrazione che armonizza le differenze e fa sì che la preghiera dei discepoli sia concorde».8
Anche il suffragio per le anime di coloro che sono già partiti, ma che ancora si purificano nelle fiamme benedette del Purgatorio, proviene da una tradizione millenaria, come attesta il Secondo Libro dei Maccabei: «Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato» (12, 45).
Essendo chiaro con chi condividiamo tali meraviglie, resta da sapere in cosa consistono propriamente questi beni comuni.

“Cammino di salvezza”, di Andrea di Bonaiuto – Basilica di Santa Maria Novella, Firenze
Tesoro infinito alla portata di tutti
Si può affermare che «la Comunione dei Santi è precisamente la Chiesa»,9 a tal punto che entrambe le realtà si identificano. Così, la fede stessa ricevuta dagli Apostoli, «tesoro di vita che si accresce mentre viene condiviso»,10 sintetizza in sé la ricchezza messa a disposizione di ogni battezzato.
Nella comunicazione di questa fede troviamo beni inestimabili e innumerevoli, a nostra disposizione. Tra questi, il primo posto è occupato dai Sacramenti, segni sensibili della grazia che ci fanno partecipare intimamente alla vita divina, e in particolare il Battesimo, porta attraverso la quale si entra nella Chiesa. Sebbene sia più appropriato all’Eucaristia, poiché è in essa che si consuma la nostra unione con il Redentore, il termine comunione può essere applicato a ciascuno degli altri Sacramenti, poiché tutti ci conducono a Cristo.
Insieme al flusso delle grazie sacramentali, «lo Spirito Santo dispensa pure, tra i fedeli di ogni ordine, grazie speciali per l’edificazione della Chiesa».11 Le nuove spiritualità sorte nel corso dei secoli, non senza la sana influenza dei costumi e delle tradizioni locali, «partecipano alla tradizione vivente della preghiera e sono guide indispensabili per i fedeli. Esse, nella loro ricca diversità, riflettono l’unica e pura luce dello Spirito Santo».12
È in questa diversità che la Chiesa si manifesta ancora più bella e ricca, poiché «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune» (1 Cor 12, 7).
La comunione nella carità
I nostri atti, inoltre, anche quelli considerati insignificanti, quando realizzati nella carità, vanno a beneficio dei battezzati. «Tutti quanti infatti, noi che siamo figli di Dio e costituiamo in Cristo una sola famiglia (cfr. Eb 3), mentre comunichiamo tra noi nella mutua carità e nell’unica lode della Trinità Santissima, rispondiamo all’intima vocazione della Chiesa»,13 «nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso» (Rm 14, 7).
Infatti, le azioni sante, i piccoli sacrifici ben accettati e i doveri di stato svolti con serietà costituiscono nel tesoro della Chiesa una vasta, varia e inestimabile ricchezza a beneficio delle anime. È con saggezza che questa Madre custodisce con cura nel suo scrigno sacro l’eredità dei Santi, le loro virtù e le loro opere, ricordandoli «al momento opportuno, come esempi salutari, come proteste eloquenti contro le tendenze funeste di determinate situazioni ed epoche».14
Così, la vita esemplare dei giusti ci insegna «la via sicurissima per la quale, tra le mutevoli cose del mondo e secondo lo stato e la condizione propria di ciascuno, potremo arrivare alla perfetta unione con Cristo, cioè alla santità».15
Con la pratica delle buone opere, inoltre, accumuliamo meriti in Cielo che – oltre ad espiare i nostri debiti nei confronti della giustizia di Dio – possono essere comunicati dalla Divina Provvidenza al prossimo, a beneficio della sua anima, anche se questo sfugge alla nostra conoscenza. È così che diventiamo «fecondi della fecondità di Maria e della Chiesa».16

Scena della vita di un eremita, di Paul Bril
Questo è forse l’aspetto più imperscrutabile della Comunione dei Santi, come dichiarò Papa Pio XII: «Mistero certamente tremendo, né mai abbastanza meditato: che cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni, a questo scopo intraprese dalle membra del mistico Corpo di Gesù Cristo, e dalla cooperazione dei Pastori e dei fedeli, specialmente dei padri e delle madri di famiglia, in collaborazione col Divin Salvatore».17
Tuttavia, se è vero che un’anima virtuosa eleva tutto il Corpo Mistico, è altrettanto vero che il peccatore danneggia tutto questo magnifico edificio, «sicché si può parlare di una comunione del peccato, per cui un’anima che si abbassa per il peccato abbassa con sé la Chiesa e, in qualche modo, il mondo intero».18
Dopo tutto, ogni membro infetto compromette il buon funzionamento dell’organismo. Ora, se per le infezioni del corpo si applicano medicamenti, anche per quelle dell’anima non mancheranno: «Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza» (Gc 5, 16). Ecco un altro grande mezzo per portare benefici al Corpo Mistico di Cristo: applicare a suo favore il balsamo salutare della preghiera.
Dio Si compiace delle mediazioni
Dato che la Chiesa Militante gode della promessa del Salvatore che saremo esauditi quando chiederemo al Padre in suo nome (cfr. Gv 14, 13-14), il potere infallibile della preghiera influisce profondamente nel rapporto tra le membra del Corpo Mistico di Cristo.
Padre Monsabré racconta che un sacerdote, dopo aver convertito un gran numero di persone presumibilmente grazie ai suoi doni oratori, si ritirò per pregare e allora «Dio gli mostrò il povero fratellino laico che lo accompagnava nelle sue missioni e che, durante le sue prediche, recitava devotamente il Rosario e le litanie dei Santi. Era lui che muoveva il Cielo per ottenere la conversione dei peccatori; era la Comunione dei Santi che, attraverso quell’uomo sconosciuto e forse disprezzato, determinava la circolazione delle grazie straordinarie che venivano attribuite allo zelo apostolico e all’eloquenza del predicatore».19
Un altro esempio illuminante di intercessione è il caso di Henri Pranzini, terribile assassino della fine del XIX secolo, la cui fortuna consistette nel godere della compassione di Santa Teresina del Bambino Gesù quando era ancora piccola. Fu condannato a morire sulla ghigliottina per i suoi crimini, ma si rifiutava irrimediabilmente di inchinarsi davanti al Santo Tribunale della Confessione.
Teresina, già consapevole dell’infinita misericordia del Cuore di Gesù, raccomandò con insistenza quella povera anima al Divin Redentore: «Sentendo che da sola non potevo fare nulla, offrii a Dio tutti i meriti infiniti di Nostro Signore, i tesori della Santa Chiesa e, infine, chiesi a Celina di far celebrare una Messa per le mie intenzioni, non osando farlo io stessa, per paura di essere obbligata a confessare che era per Pranzini, il grande criminale».20

A sinistra, fotografia dell’assassino Henri Pranzini scattata nel marzo del 1887;
a destra, Santa Teresina nel 1886
Poiché la fede le garantiva che le sue preghiere sarebbero state esaudite, Teresina chiese solo un segno che dimostrasse il pentimento del condannato. Questo le fu dato quando aprì il giornale per verificare quale fosse stata la sorte di quella povera anima e si imbatté, tra le lacrime, nella notizia che Pranzini, prima di essere giustiziato, aveva baciato devotamente il crocifisso che il cappellano gli aveva presentato.
La preghiera supplichevole, non necessariamente ornata di belle parole, ma piuttosto di ardente desiderio e piena fiducia di essere ascoltata, è capace di ottenere l’intervento divino per il bene di un’anima e di tutta la Chiesa perché, secondo la legge della Comunione dei Santi, la nostra vita soprannaturale si comprende in funzione di Cristo e si edifica a favore della sua Sposa Mistica.
Secondo la felice espressione di San Giacomo, è in Dio che viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (cfr. At 17, 28); ed in Lui portiamo benefici a tutto il Corpo Mistico di Cristo e ne siamo beneficiati. ◊
Note
1 Cfr. VILAPLANA MOLINA, Antonio. La Comunión de los Santos. Madrid: BAC, 1985, p.12.
2 CCE 948.
3 Cfr. HERTLING, L. Communio. Chiesa e papato nella antichità cristiana, apud FERNÁNDEZ, Aurelio. Teología Dogmática. Curso fundamental de la Fe Católica. Madrid: BAC, 2009, p.672.
4 MONSABRÉ, OP, Jacques-Marie-Louis. La Communion des Saints. In: Exposition du Dogme Catholique. Gouvernement de Jésus-Christ. 10.ed. Paris: P. Lethielleux, 1882, p.307.
5 SAN TOMMASO D’AQUINO. In Symbolum Apostolorum, a.10.
6 MONSABRÉ, op. cit., p.310.
7 CONCILIO VATICANO II. Lumen gentium, n.49.
8 LEONE XIV. Omelia, 9/6/2025.
9 CCC 946.
10 CCC 949.
11 CCC 951.
12 CCC 2684.
13 CONCILIO VATICANO II, op. cit., n.51.
14 MONSABRÉ, op. cit., p.321.
15 CONCILIO VATICANO II, op. cit., n.50.
16 LEONE XIV, op. cit.
17 PIO XII. Mystici Corporis Christi, n.43.
18 SAN GIOVANNI PAOLO II. Reconciliatio et pænitentia, n.16.
19 MONSABRÉ, op. cit., p.327.
20 SANTA TERESA DI LISIEUX. Manoscritto A. La grâce de Noël. In: Œuvres Completes. Paris: Cerf; Desclée De Brouwer, 2006, p.143.

