«Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia» (Gv 15, 19). Come sembrano dure queste parole del Divin Maestro! Chi opta per la via della giustizia, della vita secondo Dio, deve sopportare il terribile peso dell’odio intorno a sé.
E non è un fenomeno di oggi. È molto antico. Come ben descritto in una delle epistole di San Giovanni, quest’odio attraversa i secoli, da Abele, il giusto, fino ai nostri giorni. Infatti, Caino commise il primo fratricidio «perché le opere sue erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste» (1 Gv 3, 12).
Esaminando la Storia brasiliana troviamo, quasi persa tra i veli del tempo, la distruzione di una città che ha qualche analogia con quest’odio ingiusto e criminale da parte del mondo.
Un leader naturale
Antônio Vicente Mendes Maciel, soprannominato il “Conselheiro” (il Consigliere) – uomo di carnagione chiara, alto, magro, anziano, con capelli e barba rispettabili, vestito con una tunica di tessuto ruvido, appoggiato a un grosso bastone –, quando vide fiorire la città di Canudos, suo capolavoro, vide in essa, in qualche modo, il corollario della parabola della sua vita.
Nato nel 1828 in quello che allora era lo Stato del Ceará, perse i genitori quando era ancora giovane. Da adulto, alcuni anni dopo essere stato abbandonato dalla moglie, iniziò a costruire chiese e cimiteri per guadagnarsi da vivere. Grazie alla sua abilità e alla sincerità delle sue azioni, a contatto con la gente cominciò a essere considerato un confidente e un leader naturale. Secondo il famoso storico di Canudos, Euclides da Cunha,1 il Conselheiro dominava quella gente senza volerlo.
Questo sentimento non fece che crescere nel corso degli oltre trent’anni in cui vagò per il Nordest brasiliano, fino a stabilirsi a Canudos nel 1893.
L’entroterra ai tempi del Conselheiro
I tempi in cui viveva il Conselheiro non erano buoni e il popolo aveva bisogno di aiuto. Dopo la proclamazione della Repubblica del Brasile, lo Stato di Bahia si trovava coinvolto in numerose dispute di partito, sia per motivi politici che per interessi personali delle autorità. Si dice che l’abuso fosse tale che gli abitanti dell’interno temevano la polizia più dei banditi…2
Purtroppo anche il clero lasciava a desiderare. È triste la situazione delle pecore quando i pastori sono lontani dall’identificarsi con Gesù Cristo e nei luoghi dove passò Antonio Maciel non mancarono i sacerdoti che si immischiarono in questioni terrene, al punto da mettere in pericolo, forse anche fisicamente, le pecore stesse. Solo per dare un’idea, citiamo l’esempio di un parroco, Olympio Campos, che, coinvolto fino al collo in beghe politiche, nel 1895 comandò un gruppo di criminali… Le azioni scorrette delle autorità contribuirono a minare la fiducia che la popolazione nutriva nei loro confronti.
La città di Canudos
In questo frangente, l’azione del Conselheiro andava nella direzione opposta. Disilluso dalla vita e ben consapevole della realtà che lo circondava, aveva iniziato a proteggere i più bisognosi e a promuovere un’esistenza giusta. Con la forza della sua influenza, cominciò ad attirare dietro di sé un numeroso seguito. In cerca di pace, decise di ritirarsi in una fattoria abbandonata a Bahia, sulle rive del fiume Vaza-Barris. Nasceva così la città di Belo Monte, meglio conosciuta come l’accampamento di Canudos, che divenne rapidamente uno dei più grandi insediamenti dello Stato dell’epoca, arrivando ad ospitare quasi venticinquemila anime…
Negli ultimi anni del villaggio, chi vi arrivava poteva vedere un’unica strada che portava alla piazza dove c’erano due chiese, una delle quali ancora in costruzione. Le case si susseguivano una dopo l’altra, in modo da formare diversi labirinti, grazie all’organicità con cui erano state costruite. Tra coloro che lì vivevano non c’era spazio per l’ozio: c’era da fare nei campi, c’erano i lavori di artigianato, lo studio nelle scuole… Era una vera oasi di prosperità, nell’aridità dell’entroterra!
Alla fine della giornata, al suono delle campane in onore della Madre di Dio, Antônio ammoniva il popolo di Canudos. Un’ora, due o tre? Dipendeva dall’importanza dell’argomento. La predicazione poteva riguardare i Dieci Comandamenti, Maria Santissima, o anche l’importanza e i benefici della partecipazione alla Santa Messa e della pazienza nelle sofferenze, tra gli altri temi. Con tutto questo apostolato che svolgeva, creò nella città una sorta di regola, un modus vivendi basato sul Decalogo e sulla dottrina della Chiesa, valori che la rilassatezza dell’epoca aveva fatto dimenticare a molti.
Emergere di antipatie
Evidentemente, un modo di essere così particolare non poteva non suscitare antipatie. Ben prima di stabilirsi sulle rive del Vaza-Barris, Antônio era già stato bersaglio di gravi calunnie. Una volta fu arrestato, portato nella capitale bahiana e poi nel Ceará, a causa di un presunto crimine orribile: l’assassinio di sua madre e di sua moglie! In seguito si scoprì che era orfano di madre dall’età di sei anni e che sua moglie era ancora viva…
Un’altra volta, lo diffamarono davanti al Primate di Bahia che emise una circolare al clero con l’ordine di opporsi alle sue prediche.3 Tuttavia, sembra che il popolo non diede ascolto a tali raccomandazioni, visto che, un anno dopo, lo stesso Arcivescovo ricorse al potere civile per raggiungere i suoi obiettivi. Il governatore della provincia, sebbene non vedesse nel caso nulla da incriminare, finì per cedere e per sollecitare che Antônio fosse internato in un ospizio di Rio de Janeiro, cosa che per poco non avvenne…
Infine, nel 1895, Joaquim Manuel Rodrigues Lima, governatore di Bahia, d’accordo con l’Arcivescovo Metropolita, inviò a Canudos un cappuccino italiano di nome Giovanni Evangelista da Monte Marciano, con il compito di riportare questa gente nella comunione ecclesiastica e civile dalla quale si era presumibilmente allontanata.
La missione durò una settimana: dal 13 al 21 maggio. Fra Giovanni Evangelista, che fin dall’inizio non rivelò disposizioni amichevoli nei confronti di Canudos e del suo leader, iniziò il suo compito.4 Durante le prediche, a cui assistevano circa 6.000 persone, venivano fatti interventi inopportuni. Antônio Conselheiro, per quanto attento fosse a facilitare i discorsi del missionario, non riuscì a contenere un certo spirito polemico sorto tra il popolo…
Il clima che si creò fu tale che Fra Giovanni Evangelista non riuscì a reggere e terminò ex-abrupto la sua opera, giustificandola in seguito in una relazione piuttosto faziosa. A partire da lì, una serie di coincidenze sospette avrebbe portato la città alla completa distruzione. Per avere un’idea dei retroscena immediati della famigerata Guerra di Canudos, soffermiamoci sulla deposizione data da un deputato federale di Bahia nel 1899.
La guerra: «la raffinatezza della cattiveria»
«La guerra di Canudos fu la raffinatezza della cattiveria umana… La giustizia statale non si occupava degli abitanti di quell’accampamento. Non era stato avviato alcun procedimento nei loro confronti. Negli uffici notarili dello Stato nessuno di loro aveva il nome nell’elenco dei colpevoli.
«Non era successo nulla di straordinario con Antônio Conselheiro e con coloro che lo accompagnavano.
«Nessuno ignorava che tipo di vita conducessero i Canudensi: piantavano, raccoglievano, allevavano, costruivano e pregavano.
«Rozzi, ignoranti, forse fanatici del loro capo che consideravano un santo, non si curavano assolutamente della politica.
«Antônio Conselheiro, tuttavia, si professava monarchico. Era un suo diritto, un diritto sacro, che nessuno poteva contestare in un regime democratico repubblicano. Non c’era nessun atto da parte sua o dei suoi seguaci che potesse far presumere che egli attentasse al governo della Repubblica».5
Lo svolgimento del massacro
Dunque, ecco come iniziò la tragedia: siccome la nuova chiesa di Canudos era ormai in procinto di montare il tetto, alcuni uomini andarono a comprare del legno alla città di Juazeiro. Del resto, non era la prima volta che accadeva qualcosa di simile. Un giudice locale fu informato, non si sa bene da chi, del fatto che Antônio Conselheiro si stava recando lì con l’orribile intenzione di invadere e saccheggiare la città. Prove valide? Nessuna. Il risultato fu che un distaccamento dell’esercito partì non per Juazeiro, dove si trovava l’ipotetico pericolo, ma verso i canudensi. Dopo un crudele scontro, circa centocinquanta seguaci del Conselheiro morirono e i membri dell’esercito, non contenti, saccheggiarono e incendiarono il luogo in cui era avvenuto lo scontro…
Le calunnie avrebbero presto assunto nuove dimensioni: i media – se il lettore permette questo anacronismo – si sarebbero fatti carico di questo compito. Si diffuse nel paese la notizia che Canudos, una “legione immensa”, con armamenti modernissimi, denaro e ufficiali, stava attentando al governo in carica. Per i brasiliani di varie latitudini che non avevano mai sentito parlare dell’accampamento di Belo Monte, la reazione normale sarebbe stata quella di guardare la città bahiana con occhi malevoli. Si apriva la strada perché lo Stato agisse a mano armata.
Sono davvero impressionanti le epiche imprese compiute dalla gente del Conselheiro in difesa delle loro vite e dei loro ideali. Basti pensare che per distruggere Canudos furono necessarie quattro spedizioni dell’esercito – l’ultima delle quali comprendeva niente meno che tre generali – e tutto ciò che ne consegue. L’odio dei militari era tale che nemmeno gli anziani, le donne e i bambini furono risparmiati. Dopo alcuni mesi, non rimaneva altro che cenere.
La deformazione della figura di Canudos
Ma questo non bastava. Era anche necessario distruggere la memoria di quella città. Le distorsioni riguardo all’immagine di Canudos continuarono a proliferare anche dopo la sua devastazione. Sarebbe stata etichettata dagli storici come un gruppo di fanatici, guidati da un uomo accecato dalla religione, per alcuni, o ossessionato dalla politica, per altri. Tuttavia, come osserva Ataliba Nogueira,6 uno dei pionieri nella ricostruzione della storia di Canudos, l’analisi delle prediche del Conselheiro, scritte da quest’ultimo di suo pugno, getta una tale luce sulla sua personalità da costringere a riesaminare tutto quanto fu già detto sulla città e sul suo fondatore, al fine di separare le affermazioni errate da quelle vere.
Almeno dal 1947, grazie a interviste fatte con i sopravvissuti della Guerra di Canudos e a ricerche nel campo delle Scienze Sociali, si è constatato che gran parte di ciò che si conosceva fino a quel momento non solo mancava di alcuni dati oggettivi, ma anche di elementi fondamentali per l’interpretazione della questione. Era quindi necessario interrogare nuovamente la Storia.
Nonostante ciò, il tema non perse il suo carattere polemico, rimanendo, in alcuni punti, nell’incognita e nel mistero. Ovviamente, i complessi disaccordi degli abitanti di Canudos con personaggi del clero – questi ultimi, va detto, non esenti da colpe – non devono in alcun modo farci dimenticare il sacro principio di autorità nella Chiesa. La verità, però, è che Canudos finì per diventare il simbolo di un popolo ingiustamente calunniato e decimato.
Le calunnie: inizio di un processo
Se ci concentriamo solo sul falso processo che portò alla distruzione di Canudos, vedremo che esso non era affatto qualcosa di nuovo e che molti cristiani lo avevano già sperimentato da vicino. Per questo, diversi fedeli avevano subito il martirio agli inizi della Chiesa; per questo, pie congregazioni si videro perseguitate; per questo, grandi stelle si videro spenta la luce agli occhi degli uomini. Che dire di una Santa Giovanna d’Arco, arsa sul rogo come eretica? Cosa dire di un San Tommaso Moro, decapitato come un furfante per non aver ceduto a un re orgoglioso e a un prelato prevaricatore? Quanta tristezza nel constatare la tattica perversa dei figli delle tenebre… calunniare per distruggere.
La stessa cosa accadde alla Morte di Nostro Signore Gesù Cristo! Egli, la salvezza non solo del popolo ebraico ma di tutta l’umanità, fu infamato, perseguitato e infine crocifisso dai capi dei sacerdoti. Cos’altro pensare dopo questo?
In ogni caso, se è vero che il tempo inghiotte molte cose, non porta però con sé la verità. Questa, prima o poi, viene sempre alla luce. La giustizia divina costituisce la suprema corte d’appello per tutte le cause. Guai a coloro che essa condanna, perché la sua sentenza è eterna. ◊
Note
1 Cfr. CUNHA, Euclides da. Os sertões. Campanha de Canudos. São Paulo: Ateliê Editorial, Imprensa Oficial do Estado, Arquivo do Estado, 2001, p.267.
2 Cfr. NOGUEIRA, Ataliba. Antônio Conselheiro e Canudos. Revisão histórica. São Paulo: Editora Nacional, 1974, p.12.
3 Tra le altre cose, l’Arcivescovo diceva di essere venuto a conoscenza del fatto che Antônio Conselheiro predicava “dottrine superstiziose” e una “morale eccessivamente rigida”. Tralasciando la vaghezza delle accuse, ci limitiamo a rilevare che Sua Eccellenza travalicò la propria competenza, poiché l’argomento centrale del suo provvedimento fu che un laico, per il solo fatto di non appartenere alla Gerarchia, non può insegnare la dottrina cattolica, per quanto istruito e virtuoso possa essere (cfr. VASCONCELLOS, Pedro Lima. Arqueologia de um monumento. Os apontamentos de Antônio Conselheiro. São Paulo: É Realização, 2017, p.150). Nonostante sia un po’ scioccante, questa stessa obiezione si ripresenterà più tardi, in bocca a fra Giovanni Evangelista.
4 Sebbene il frate cappuccino non trovasse nella predicazione del Conselheiro alcuna deviazione in materia di zelo religioso, disciplina o ortodossia cattolica, lo considerava eretico per aver predicato e radunato il popolo senza l’autorizzazione del clero (cfr. Idem, pp. 160-161).
5 ZAMA, César, apud NOGUEIRA, op. cit., pp.10-11.
6 NOGUEIRA, op. cit., p.41.