Si racconta riguardo al Cardinale Ercole Consalvi che, in una conversazione con un oppositore della Religione Cattolica, avrebbe chiesto scherzosamente: «Come pensa di poter distruggere la Chiesa se nemmeno noi cardinali ci riusciamo?…»
Storica o meno, la frase racchiude un significato profondo. Sono passati duemila anni dalla fondazione della Chiesa da parte di Nostro Signore Gesù Cristo. Nel frattempo, è stata vittima non solo di incessanti attacchi da parte di nemici esterni, ma anche della debolezza spirituale – se non, con tutto il rispetto, della dissolutezza morale o della venalità – del suo elemento umano e, ciò nonostante, rimane incrollabile.
Forse il maggior attestato della sua immortalità e del suo carattere divino non sta nel fatto che è sopravvissuta alle persecuzioni romane, alle invasioni barbariche o alle guerre di religione… ma alle defezioni dei suoi stessi membri. Basta aprire qualsiasi libro di Storia Ecclesiastica per esserne profondamente persuasi; gli esempi abbondano in tutte le epoche e in tutti i luoghi. Per brevità ne scegliamo solo una, data a metà del XIV secolo. La tragedia iniziò in Francia…
Addio, Roma?
All’inizio del secondo millennio dell’era cristiana, si accentuarono i gravi contrasti tra potere religioso e civile. La questione delle investiture generò una disputa su quali fossero i limiti della giurisdizione tra l’uno e l’altro, disputa che crebbe fino a raggiungere proporzioni clamorose. Queste sfociarono in eventi come quello del 7 settembre 1303, data in cui il re di Francia – Filippo il Bello – inviò delle truppe per minacciare Papa Bonifacio VIII, e uno dei soldati arrivò persino a dargli uno schiaffo nell’episodio diventato famoso come lo schiaffo di Anagni.
Non molto tempo dopo il nuovo Papa, Clemente V, ritenne suo dovere porre rimedio al dissenso facendo due gravi concessioni: si fece incoronare a Lione e nominò nove Cardinali, tutti francesi. Si installò inoltre – almeno temporaneamente – ad Avignone, in attesa di una soluzione ai dissidi con i Capetingi. Ma il Pontefice durò meno della sua residenza temporanea e la fase da lui inaugurata sembrava essere giunta per rimanere. Iniziava l’esilio di Avignone.
Dei sette papi di questo periodo – compreso Clemente V – tutti furono francesi… Nessuno di loro rinunciò mai del tutto all’idea di fare ritorno a Roma, ma la situazione nella capitale del mondo cristiano non li incoraggiava a farlo.
Sarebbe stato al sicuro il Papato nella Penisola Italiana? Lì le divisioni politiche crescevano e all’interno delle città i partiti erano in guerra tra loro. Nella tensione generale, forse un solo sentimento univa gli italiani: l’avversione per la dominazione straniera. Ora, non solo i Papi di Avignone avevano nazionalità francese, ma quasi tutto il Sacro Collegio! D’altra parte, non sembrava che in Francia il Papa potesse trovare pace, visto che stava emergendo un conflitto con gli inglesi, inizio di una guerra centenaria…
Il Papa deve tornare a Roma!
In questa difficile situazione, la voce di Dio non smise di risuonare attraverso i suoi eletti.
Santa Brigida di Svezia raccontò di aver sentito Nostro Signore Gesù Cristo stesso condannare l’avidità, l’orgoglio e la dissolutezza della corte dei Papi francesi, accusandoli di popolare l’inferno! Essendosi incontrata in un soggiorno a Roma con Urbano V, il sesto Papa in esilio, lo implorò di rimanere nella Città Eterna, ma senza successo.
Fu solamente Santa Caterina da Siena che, dopo numerose difficoltà, convinse finalmente Gregorio XI a riportare la sede papale al suo debito posto.
Un Papa a Roma e un altro ad Avignone… un fallimento?
Grazie a Dio, nel 1377 il Santo Padre era a Roma… per poi morire l’anno successivo. La situazione per i Cardinali si rivelava complessa, poiché l’agitazione popolare faceva pressione sul conclave affinché eleggesse un Papa romano. Fu scelto Bartolomeo Prignano, non romano, ma italiano, che prese il nome di Urbano VI.
Tutto sembrava promettere la pace. Tuttavia, riforme imprudenti, unite al carattere rude e collerico del Sommo Pontefice, suscitarono le antipatie dei porporati. Invano Santa Caterina lo ammonì, pregandolo di una maggiore temperanza. Cinque mesi dopo, tredici Cardinali francesi dichiararono di aver votato in modo invalido per costrizione ed elessero un antipapa, Clemente VII, che ritornò ad Avignone.
Era iniziato il Grande Scisma d’Occidente, la maggiore divisione mai conosciuta dal mondo cattolico; una situazione caotica, generata da un groviglio di interessi umani, che sarebbe durata quarant’anni.
Caterina si era forse sbagliata? La Chiesa non era forse in condizioni migliori prima, in esilio ma con un solo capo, piuttosto che ora con due? Era la via dell’apparente fallimento che Dio le chiedeva. E non solo a lei. Infatti, tali erano le infedeltà di quell’epoca che, per punire gli uomini, persino tra i Santi la Provvidenza permise divergenze di opinioni.
Con i Papi romani, Santa Caterina da Siena, Santa Caterina di Svezia, il Beato Pietro d’Aragona; con i Papi avignonesi, San Vincenzo Ferrer, Santa Coletta, il Beato Pietro di Lussemburgo. Nemmeno la morte di entrambi i “papi” risolse la controversia, perché ciascuna parte elesse il rispettivo successore. Trent’anni di tentativi di armonizzazione si rivelarono inutili. La Cristianità era divisa da cima a fondo. Come porre fine a quest’incubo?
Peggio che due papi
Nel 1409, ventiquattro Cardinali – quattordici di Roma e dieci di Avignone – decisero di prendere una posizione. Convocarono a Pisa un Concilio, condannarono i due pontefici ed elessero il greco Petros Filargo, Cardinale di Milano, che adottò il nome di Alessandro V. Ora, quell’assemblea era completamente invalida, perché non era stata convocata da un Papa… Lungi dal rimediare al caso, lo aggravava: tutti i pontefici – come se si potesse parlare in più di uno alla volta, almeno in quell’epoca – si rifiutavano di abdicare e non c’erano più due ma tre pretendenti al Soglio Petrino! Gregorio XII a Roma, Benedetto XIII ad Avignone e Alessandro V a Pisa.
Alla fine del 1414, il successore della “sede di Pisa”, l’antipapa Giovanni XXIII, convocò un concilio a Costanza per risolvere definitivamente la questione. Tuttavia, anche quest’atto era illegittimo. Cosa ci si poteva aspettare da lì? Un quarto pontefice?
In questo vicolo cieco, Dio suscitò un uomo provvidenziale presso il vero Papa, Gregorio XII, per chiudere lo scisma: il Beato Giovanni Dominici, dell’Ordine dei Predicatori. Aiutato in larga misura da una serie di situazioni che un ateo chiamerebbe “coincidenze”, ma la cui causa un uomo di fede saprebbe ben scorgere, riuscì a risolvere la questione.
Giovanni XXIII, pressato da tutte le parti, alla fine si dimise. Quanto a Benedetto XIII, la sua ostinazione quasi folle lo aveva talmente screditato da metterlo “fuori gioco”; finì per essere deposto nel 1417.
Rimaneva Gregorio XII, il Papa legittimo. Tuttavia, la situazione interna della Chiesa non gli permetteva di rimanere al potere. Era necessario che anche lui si dimettesse per rendere la manovra accettabile a tutta la Cristianità. Come si poteva fare questo in un Concilio invalido, giacché convocato da un antipapa, come era stato il Concilio di Costanza? Un tale atto avrebbe giustificato le tesi conciliariste, contrarie alla vera Tradizione. A questo punto entrò in scena l’abilità diplomatica del Cardinale Dominici, che aveva tra le mani un documento di Gregorio XII che riconvocava il Concilio – rendendolo, pertanto, ufficiale – e un altro in cui dichiarava le sue dimissioni da Pontefice, ponendo fine al Grande Scisma senza pregiudicare l’autorità del Vicario di Cristo.1
Infine, la Chiesa Cattolica Apostolica e ancora Romana – per quanto incredibile possa sembrare – tornò ad avere un solo Papa, Martino V. Lo scisma era finito, anche se non si poteva dire che la pace nella Chiesa fosse stata del tutto raggiunta. Il Rinascimento stava prendendo il largo e la barca del Pescatore avrebbe attraversato nuove tempeste… ma la Santa Sede non lasciò mai più Roma.
Realmente, la Chiesa è indistruttibile!
Solo indistruttibile?
Tale affermazione non sembra una conclusione logica della narrazione degli eventi che abbiamo appena ricordato? Sì, logica, tuttavia insufficiente. Non sarebbe in linea con la grandezza di Nostro Signore concedere l’immortalità al suo Corpo Mistico, per poi farlo barcollare come un moribondo fino alla fine dei tempi. Essere immortale non bastava, occorreva di più.
Nella nostra professione di fede proclamiamo: «Credo nello Spirito Santo, nella Santa Chiesa Cattolica». E così predicò San Paolo: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato Se stesso per lei, per renderla santa […] al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5, 25-27).
La Chiesa cattolica è santa per l’intima unione che possiede con Gesù Cristo, suo Sposo, suo Capo e suo Salvatore (cfr. 1 Cor 12, 27; Ef 1, 22-23; 5, 23-32); è santa perché ha ricevuto da Lui il compito di continuare la sua missione salvifica (cfr. Gv 3, 17; 17, 18);2 santa… in ragione dei suoi membri: ecco la questione controversa! Nonostante ciò, questo costituisce una certezza teologica.
Poiché lo Spirito Santo è per così dire l’anima della Chiesa, la santifica continuamente, inviandole sempre nuovi carismi e ringiovanendola fino a condurla alla perfetta unione con Gesù Cristo.3 Ora, questa santità crescente può essere constatata solo in uomini e donne che hanno corrisposto eroicamente alla grazia. È la loro fedeltà a pesare sulla bilancia; il resto non vale nulla. Possiamo definire cattivo un albero di mele perché sotto i suoi rami troviamo alcune mele marce? Giudichiamo l’albero, quindi, non dagli elementi malati che hanno smesso di nutrirsi con la linfa divina del Paraclito, ma dai frutti sani.
Perché Dio permette questi disastri?
Intanto, la perplessità continua: perché Dio permette che la Santa Chiesa attraversi situazioni in cui è colpita da un vortice di disastri successivi, dai quali sembra che non si risolleverà mai?
Innanzitutto, non dobbiamo essere ingiusti attribuendo solo al Creatore una responsabilità che ricade principalmente su noi uomini. Infatti, la misericordia divina ha voluto ricompensarci con il meraviglioso dono chiamato libero arbitrio, attraverso il quale siamo in grado di acquisire i meriti necessari per andare in Paradiso. Ora, o la libertà è completa o non esiste; se la nostra capacità di scelta fosse limitata solo a determinate azioni, non potremmo mai definirci veramente liberi. Ma se abusiamo di questo privilegio che ci è stato concesso, la colpa è nostra, non Sua.
Inoltre, l’esistenza del male nella Chiesa sembra, in un certo senso, spiegabile come la sua esistenza nel mondo. Perché il Signore, che è così buono, non pone fine a tutte le imperfezioni sulla faccia della terra? Ci risponde San Tommaso d’Aquino: «Dio non vuole né che siano fatte cose cattive, né che non siano fatte; vuole però permettere che si facciano. E questo è un bene».4 In altre parole, la Provvidenza ha disegni misteriosi che superano il nostro intendimento, ma che sono necessariamente buoni, perché provengono dalla Somma Bontà. Forse solo nel Giudizio Universale, come spiega il Catechismo,5 conosceremo pienamente i percorsi lungo i quali, anche attraverso i drammi del male e del peccato, Egli avrà condotto il mondo al riposo definitivo, in vista del quale creò il Cielo e la terra.
In questo modo, la tempesta secondo cui la Chiesa viene purificata da tutto ciò che in essa non dovrebbe esserci è passata, lasciando posto solo al bene, al bello e al vero, per continuare a condurre e a guidare le civiltà nella pace.
I Vangeli non ci dicono forse che il primo Papa rinnegò tre volte il Divin Maestro? Gesù stesso aveva pregato per lui – e, in lui, per tutti i Papi – poco prima: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede» (Lc 22, 31-32). Dopo la caduta, la contrizione di San Pietro gli procurò una gloria ancora maggiore!
Allo stesso modo, nonostante tutto, la Chiesa rimarrà immacolata fino alla fine dei tempi. Per quanto gravi siano le tempeste che la nave di Pietro dovrà attraversare, questa certezza non potrà mai spegnersi nel nostro spirito: «Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8, 28). ◊
Note
1 Per maggiori dettagli sul ruolo del Beato Giovanni Dominici nel Concilio di Costanza, si veda l’articolo: CABALLERO BAZA, EP, Eduardo Miguel. Un uomo provvidenziale nella soluzione del Grande Scisma. In: Araldi del Vangelo. Roma. Anno XVIX. N.169 (giugno 2017); pp.16-21.
2 Cfr. LEONE XIII. Satis cognitum, n. 7; 22: ASS 28 (1895-1896), 712; 723.
3 Cfr. CONCILIO VATICANO II. Lumen gentium, n. 4.
4 SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I, q.19, a.9, ad 3. Nel corpo di questa stessa questione, il Dottore Angelico chiarisce che Dio non vuole “in alcun modo” il male della colpa, cioè il peccato. Tuttavia, rimane vero che Egli lo permette.
5 Cfr. CCC 314.