Fin dalla più tenera età, la devozione al Sacro Cuore di Gesù si accese nel piccolo Plinio. Egli si sentiva particolarmente attratto dalla sua nobiltà e dalla sua bontà, come avrebbe narrato più tardi.
Ricordo con emozione che la Madonna aveva predisposto le cose di modo che io risiedessi vicino ad una chiesa così altamente carica di benedizioni com’è la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù.1 Lì ho assistito alla Messa domenicale con i miei genitori, da quando ho preso consapevolezza di me stesso.
Questo santuario esercitava su di me un effetto che oggi vedo come un’azione soprannaturale; tuttavia, pensavo che questa sensazione derivasse dall’aspetto dell’edificio, la cui composizione di colori e forme mi sembrava così degna e discreta da essere per me l’espressione della santità stessa.
“Vuoi un posto qui dentro?”
Non ebbi difficoltà a rendermi conto che Nostro Signore Gesù Cristo, proprio perché faceva vedere il suo Cuore agli uomini, fosse la fonte infinita da cui scaturiva ogni bene. In Lui si realizzavano tutte le perfezioni e le meraviglie dell’anima possibili, in un modo che non avrei mai potuto immaginare! E mentre discernevo lo spirito buono che c’era in tutte le cose della chiesa, pensavo: “Quest’ambiente è il Suo riflesso! L’armonia che trovo qui è Dio stesso. Egli è questo in un grado supremo, straordinario, perfetto e infinito”.
A volte mi mettevo davanti alla statua del Sacro Cuore di Gesù che si trova in un altare laterale della chiesa. Lo vedevo lì in piedi, molto nobile e con un sorriso leggermente triste, ma immensamente invitante, che toccava il Cuore con la mano e guardava chi era sotto, come per dire: “Vuoi un posto qui dentro? Non Mi accetti? Guarda che tesoro! Questo è per te!”
Lo guardavo e pensavo: “So bene che si tratta di una statua e non di un uomo, ma le persone che hanno costruito la chiesa vogliono che Dio sia visto così e, per questo, hanno rappresentato Nostro Signore in questo modo. Ora, Dio, visto così, è completo! Mi rendo conto che Lui, in effetti, è così.
“Che fisionomia! La bellezza di cui sento parlare intorno a me non vale niente! Se un giorno volessi analizzare l’idea di bellezza, verrei qui a guardare la Sua fisionomia, perché solo Lui è bello! Questo è il modello: una bellezza d’anima più che di corpo. Ma, che corpo!… E dietro a questo, che anima!… Che meraviglia!
“Dato che questa statua coincide in modo del tutto soddisfacente con l’ambiente della chiesa e con ciò che mi è stato insegnato su Nostro Signore, guardando la sua fisionomia, le sue mani, il suo vestito, i suoi capelli e il suo gesto, avrò un’idea globale di Lui, che posso rendere più precisa e più ricca di contorni se esaminerò ogni punto. Soprattutto i suoi occhi divini e il suo Sacro Cuore”.
Nostro Signore vivo, accogliente e affabile
Cominciai allora a fare un’analisi psicologica di Lui e così Lo discernevo. Oggi vedo quanto “archetipizzassi” la statua per effetto della mia innocenza, perché è realmente distante da ciò che la grazia mi faceva vedere. In un atteggiamento di rispetto e di adorazione, componevo la più alta idea che la mia mente di bambino poteva formare. In questo modo, quando molto più tardi conobbi la Sacra Sindone, esclamai: “È Lui!”.
Posso dire che ciò che vedevo nella mia infanzia rappresentava Nostro Signore ancora più fedelmente della stessa Sacra Sindone, il che è facilmente comprensibile, perché quest’ultima Lo mostra come morto e vittima, mentre nella statua del Sacro Cuore Egli mi si presentava vivo, accogliente e affabile. Vedevo in Lui qualcosa di una bontà insondabile, e questa idea era perfezionata dall’impressione che mi causava il colore rosso del suo Cuore.
Mi incantavano anche, in Nostro Signore, il decoro e le buone maniere, espresse nell’aspetto del suo viso e ancor più nel suo corpo, che sembrava emettere luce. La sua tunica mi dava l’idea di una persona perennemente pulitissima, senza alcuna macchia sulla sua anima o sui suoi indumenti. E sulla sua veste c’era un discreto bordo dorato che mi sembrava indispensabile alla sua elevazione. Senza oro, non avrebbe riverito la sua grandezza come avrebbe dovuto. Questa sua consapevolezza riguardo la sua maestà mi lasciava deliziato.
Mi dicevo: “Come sta in piedi con distinzione! Come il modo di tenere il Cuore è quello di una persona bene educata! Come l’impostazione della sua testa è di chi ha ricevuto una buona formazione! Com’è ordinata la sua barba, senza alterigia! Che suprema aristocraticità naturale nei capelli! Si ha l’impressione che Lui non ci pensi nemmeno, ma non c’è un ricciolo, né un filo, che non stiano interamente al loro posto per dare un’idea perfetta di Sé!
“Molte persone hanno vissuto in ambienti più distinti di quelli che Lui ha frequentato. Ma… la distinzione è quella! Gli altri sono tutti insignificanti in confronto a Lui!”
E arrivavo alla conclusione: “Com’Egli è amico dell’ordine universale! Com’è coerente con quest’ordine! Ama tutte le cose nella loro disposizione propria e nell’aspetto più bello che possono dare di sé. E con quanto affetto! Egli ama questa rosa che è stata posta sul suo altare, così come ama me che sono ugualmente ai suoi piedi. Egli è affine a tutto ciò che è retto! La Chiesa Cattolica è santa perché è come Lui; è un trattino di congiunzione tra Lui e noi; è l’aureola stessa che cinge il Suo capo e per questo io la amo! L’influenza, la mentalità e la presenza di Lui sono in questo ambiente”.
Queste grazie furono di una tale profondità e di una tale portata che non credo che avrei potuto, a quell’età, conoscere di Lui più di quanto conobbi.
“Ecco qui Plinio…”
Avevo l’impressione che mi guardasse, non con gli occhi di vetro di una statua senza vita, ma in qualche modo comunicando a quella statua una certa espressione. Non sapevo come definire questo sguardo, né mi preoccupavo di farlo, perché, d’altra parte, pensavo che fosse forse un’illusione da parte mia, vista la distanza tra Lui e gli uomini. Com’era possibile che arrivasse ad avere una tale manifestazione in mio favore?
In ogni caso, mi sembrava che facesse con me quello che io facevo nei Suoi confronti: analizzare. E immaginavo che mi guardasse pensando: “Ecco qui questo Plinio, il bambino numero ‘un trilione cinquecento milioni e oltre’, che mi piace e nel quale Mi compiaccio nell’apprezzare tali aspetti buoni; dal quale mi aspetto tale cosa. È un buon bambino, che Mi degno di guardare con compassione e con l’intenzione di fargli del bene. Visto che è qui, ho qualcosa da dirgli, di cui deve trarre profitto”.
Consideravo questo già molto più di quello che meritavo e, allora, davanti al Suo atteggiamento, riflettevo: “È un Pastore e un Re che si è impegnato a governarmi e vuole assolutamente la mia docilità alle sue indicazioni. Mi darà consigli e ordini, preparandomi la strada per tornare a Lui”.
Riflettevo: “Innanzitutto, poiché vedo la sua grandezza, mi sento elevato al di sopra di me stesso, da dove si apre in me una certa luce nel pensare e nel vedere, che mi estasia, perché qualcosa in me è fatto per ammirare ciò che è più grande di me. Quando lascio le mie normali occupazioni di bambino e vedo qualcosa di molto più grande di me, ho l’impressione di fuggire dal buono all’ottimo! Lì mi metto ‘in punta di piedi’ e mi rallegro. Cioè: Lo vedo com’è e Lo adoro.
“Mi accorgo che, mentre Lo contemplo, mi fa come ‘toccare con mano’ il Suo pensare, il Suo volere e il Suo sentire. E questo mi comunica una rettitudine e una santità nel mio pensare, nel mio volere e nel mio sentire, come se prendessi una bevanda deliziosa che mi piace oltremodo, ma che allo stesso tempo mi corregge. Cioè, adorandoLo, vedo che i miei aspetti storti e riprovevoli si raddrizzano e, in questo modo, Lui mi guarisce da malattie di cui ignoravo l’esistenza”.
Parole interiori del Sacro Cuore di Gesù
La Sua serietà mi impressionava molto e percepivo che Egli voleva manifestarla nel modo in cui teneva il Cuore, circondato da spine e con una fiamma, nel cui centro c’era una croce. Questo Cuore, tolto dal petto e messo in mostra, mi dava l’idea di una certa violenza, che era accentuata dal colore rosso, ma ciò nonostante era molto bello. Mi ricordava la Passione che aveva sofferto e la carica di questi simboli aveva per me il significato di una domanda fatta da Lui: “Ti rendi conto che in ognuno dei tuoi atti cattivi hai ferito il mio Cuore? Guarda come sono buono. Valuta il male che hai fatto”.
E pensavo: “Quanta intransigenza! Basta commettere una colpa perché Egli mostri il suo Cuore ferito… Quanta purezza e saggezza! In fondo, sta mostrando quello che io ho fatto… Le sue mani sono piagate e io ho una parte di responsabilità in questo. Anche i suoi piedi, che appaiono sotto la veste, lo sono… Le mie colpe hanno contribuito a queste ferite. Sento che in me ci sono difetti potenziali non repressi, rispetto ai quali, per ora, non sono estraneo, perché non li ho ancora respinti.
“Sto anche vedendo bene tutto ciò che c’è di male in me… Se non faccio attenzione a questo, sono perduto, perché non so fino a che punto cadrò…”. E concludevo: “Come le cose dell’uomo toccano l’infinito! Com’è bella la vita quando si considera che ogni piccolo fatto ha una relazione con il Cielo! Come tutto è grande!”.
Questo era il Suo primo “messaggio” per me.
Il secondo, invece, si manifestava così: “Io, però, figlio mio, non ti dico questo per perderti, ma per perdonarti, perché esiste in Me la fonte di un affetto più soave del velluto, più ameno di qualsiasi brezza marina e capace di inondarti interamente, fino alla parte più intima del tuo essere”.
E continuavo a riflettere: “Com’è immensa la Sua dolcezza! Non sarei in grado di misurare la sua grandezza se non comprendessi la dimensione di questa dolcezza! Sento che non vuole esigere nulla da me, né castigarmi, né vendicarsi mettendo il suo piede piagato ma vittorioso sulla mia testa dissennata e peccatrice. No! Egli vuole dirmi che è disposto a pagare il bene per il male, perché, nonostante tutto, ha pietà di me considerando la mia piccolezza”.
Quella correzione era deliziosa, ma mi rendevo conto che mi sarebbe stato difficile mantenere quella postura interiore e che ad un certo punto avrei dovuto soffrire e lottare molto. Ma, essendo bambino, pensavo: “Beh, non è ancora il momento! E questo è così bello che lascerò questo problema per dopo”. Avevo più curiosità nel fissare la mia attenzione su ciò che Dio mi stava mostrando che nel dedurne da solo le conseguenze future.
Desiderando la “consecratio mundi”
Tuttavia, il mio desiderio andava oltre: volevo abitare in Lui! E riflettevo: “Se potessi studiare, pregare, conversare, insomma, fare tutto quello che fa un bambino, ai piedi della statua del Sacro Cuore di Gesù, sarebbe per me un’esplosione di gioia, perché sento che Lui impregnerebbe tutto in me e intorno a me, compresi i miei amici”.
Si potrebbe pensare che io volessi rimanere lì a pregare, abbandonando i giochi, gli alimenti, il buon letto e la comodità. Non era così! La mia idea era questa: “Come sarebbe bello se Lui potesse presiedere tutta la mia vita!”.
Avrei voluto portare di nascosto un éclair e dirGli: “Signore, ecco questo dolce, così affine a Te. Mi unirò a Te mangiandolo e pensando a Te. Benedici questo éclair!”. Avrei mangiato ai Suoi piedi e sarei stato felicissimo! Poi avrei detto: “Signore, ne ho portato un altro… È al caffè, il mio éclair preferito!”
E, se non fossi potuto rimanere lì, lo avrei salutato dicendo: “Signore, Ti ringrazio per la buona compagnia che mi hai fatto!”. E credo che non ci sarebbe stato nulla di male in questo. Lì, in nuce, c’era il desiderio della consecratio mundi e della sacralizzazione dell’ordine temporale.
“La mia gioia di vivere”
Oggi mi rendo conto che il mio atteggiamento in quei momenti era di vera preghiera, anche se non vocale.
Riflettevo su molte cose, incantandomi nel vedere che erano buone e mettendole implicitamente in relazione con il Sacro Cuore di Gesù, il che costituiva, pertanto, una meditazione profondamente religiosa.
In quelle ore di silenzio, avevo una pace e una contentezza molto intense nel sentire la mia virtù e la mia unione con Lui. E questa era la mia gioia di vivere! Se qualcuno avesse affermato con delle prove che il Sacro Cuore di Gesù non esisteva, sarei stato capace di avere una crisi di convulsioni e di morire. Perché se Lui non fosse stato vero, io mi sarei disintegrato e non sarei stato più me stesso! ◊
Estratto, con piccoli adattamenti,
da: Notas Autobiográficas.
São Paulo: Retornarei, 2008, vol.I, pp. 502-518
Note
1 Attuale Santuario del Sacro Cuore di Gesù, situato nel quartiere di Campos Elíseos, a San Paolo, Brasile.