Figliuolo, se ti presenti per servire il Signore, sta’ saldo nella giustizia e nel timore, e prepara la tua anima alla tentazione; umilia il tuo cuore, aspetta con pazienza, dà ascolto e accogli le parole sagge; non turbarti nel tempo della prova, sopporta i ritardi di Dio; dedicati a Lui, aspetta con pazienza, affinché all’ultimo momento la tua vita sia ricca (cfr. Sir 2, 1-3).
Aspettare con pazienza… Com’è difficile che comprenda il significato profondo di queste parole la nostra generazione, figlia della velocità e della tecnologia, della frenesia di un mondo globalizzato in cui quasi tutto si conosce in tempo reale con il semplice tocco di un dito su uno schermo elettronico!
Il Siracide, però, non ci trasmette altro che parole di sapienza che ci invitano a una breve riflessione.
La prova più grande per gli eletti: aspettare con pazienza
Se scorriamo le pagine delle Sacre Scritture, vedremo come gli eventi più importanti dell’umanità siano avvenuti dopo un’enorme attesa. Dio fa aspettare i suoi eletti. E la grande prova è imparare che il suo tempo non è né lento né veloce, ma perfetto: «Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte» (Sal 90, 4).
Quanto fanno soffrire gli indugi divini! Eppure, recano una promessa di vittoria: «aspetta con pazienza, affinché all’ultimo momento la tua vita sia ricca». «La vittoria», dunque, «è data a chi ha sofferto con pazienza. Pazienza qui non è l’indolenza, ma quella virtù forte con cui si sopporta il dolore dell’attesa. Guai all’uomo a cui l’attesa non fa male! Guai all’uomo che non sopporta il dolore dell’attesa! Questa è la pazienza»,1 afferma il Dott. Plinio Corrêa de Oliveira commentando il passo in questione.
Il ricordo delle attese più lunghe, considerate a distanza di tempo, porta con sé la soddisfazione della resa senza riserve nelle mani di Dio, fatta sia nelle consolazioni che sotto il peso del dolore sopportato con pazienza. E mette in luce il profumo della fiducia, che è la traccia lasciata dalla speranza rafforzata dalla fede. «Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla» (Gc 1, 2-4).
Dio cammina al fianco dei suoi eletti
Contemplando alcuni episodi eclatanti della Storia Sacra, possiamo vedere come Dio percorra queste strade al fianco dei suoi eletti, con passi decisi.
Prendiamo uno dei giganti dell’Antico Testamento: Noè. Egli «era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei» (Gn 6, 9). In un tempo in cui la malvagità dilagava nel mondo, secondo la narrazione della Genesi, il Signore non sterminò dalla faccia della terra tutte le creature che respirano solo perché Noè trovò grazia ai suoi occhi. E Dio gli promise che avrebbe salvato lui e i suoi facendoli rifugiare in un’arca che gli avrebbe fatto costruire, mentre avrebbe distrutto l’empietà per mezzo del diluvio.
Questo “banditore di giustizia” (2 Pt 2, 5) passò attraverso una prova tremenda! Trascorsero circa cent’anni per la costruzione dell’arca, realizzata secondo le misure e i piani stabiliti dal Creatore, senza che nulla accadesse. Noè si sottopose allo scherno dei suoi compatrioti senza indebolire la sua fede nella parola del Signore. La sua lunga e paziente attesa fu coronata di giubilo quando, alla fine, dopo il prosciugamento delle acque del diluvio e dopo essersi ristabilito di nuovo sulla terra ferma, egli divenne ricettacolo dell’alleanza divina, simboleggiata dal bellissimo arcobaleno: «Questo è il segno dell’alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è sulla terra» (Gn 9, 17). La promessa era stata mantenuta!
Paradigma dell’Antico Testamento
Forse nell’Antico Testamento il più grande paradigma di attesa fiduciosa è Abramo. Passarono anni e anni senza che avesse discendenza, da quando Dio gli aveva promesso: «Farò di te un grande popolo» (Gn 12, 2). Condotto da un luogo all’altro, passò per innumerevoli prove; nessuna di esse, però, si poteva paragonare a quella di continuare ad attendere con fede la realizzazione di una promessa senza alcun indizio di compimento. Alla fine, Dio gli concesse un figlio: Isacco.
Arrivò, allora, la prova delle prove: il Signore chiese ad Abramo il sacrificio di quel figlio della promessa! Dio sembrava esigere dal suo eletto la rinuncia a ciò che gli era stato promesso. In apparenza, Egli stava venendo meno alla parola data… Il Santo Patriarca non dubitò. La pazienza forgiata dalla fede durante i lunghi anni di attesa lo porta a fidarsi dell’Altissimo e ad affidargli generosamente il suo amato figlio. Un angelo gli trattiene la mano che impugnava il coltello e Dio si compiace della sua fedeltà, rinnovando l’alleanza con lui: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare» (Gn 22, 16-17). «Così, avendo perseverato, Abramo conseguì la promessa» (Eb 6, 15).
La loro perseveranza nell’attesa fu coronata dalla gloria, come dice San Leone Magno nella festa dell’Epifania del Signore commentando la visita dei Magi come rappresentanti di tutte le razze del mondo: «Questi popoli erano una discendenza innumerevole che era stata promessa in altri tempi al santo patriarca Abramo, una discendenza che avrebbe generato non un seme carnale ma la fecondità della fede, una discendenza paragonata alla moltitudine di stelle, affinché il padre di tutte le nazioni potesse sperare non in una posterità terrena ma celeste. […] Abramo vide questo giorno e si rallegrò (cfr. Gv 8, 56) quando seppe che i suoi figli secondo la fede sarebbero stati benedetti nella sua discendenza, cioè in Cristo (cfr. Gal 3, 16), e si vide come futuro padre di tutti i popoli nella fede (cfr. Rm 4, 18)».2
La promessa delle promesse
Potremmo continuare a parlare di altri personaggi dell’Antico Testamento, come ad esempio di Mosè, depositario della parola data a proposito della Terra Promessa e che trascorse quarant’anni nel deserto a causa della mancanza di pazienza del popolo nell’attendere con fede il compimento della parola di Dio. Tuttavia, per amor di brevità, riflettiamo sulla promessa delle promesse fatta da Dio ai nostri progenitori quando erano ancora in Paradiso, prima di inviarli in questa terra di esilio: la Redenzione, preconizzata nel Protovangelo (cfr. Gn 3, 15), il cui compimento ha segnato l’inizio del Nuovo Testamento.
Dio «aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1, 1), e non pochi furono i segni e gli oracoli inviati sulla venuta del Salvatore. Tra questi spiccano quelli di Isaia, il più messianico degli annunciatori divini: «In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia» (Is 11, 10). Comunque, «tutte le predizioni furono messe alla prova dal Cielo, per verificare se il popolo dell’alleanza sarebbe stato degno di vederne l’adempimento».3 Un’attesa di secoli e secoli avrebbe chiesto Dio ai suoi eletti…
Ecco che «la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7, 14). Conoscendo queste promesse, Maria Santissima attendeva il Redentore piena di fede e componeva nel Cuore la sua figura divina, desiderando essere la serva di colei che sarebbe stata sua Madre. Non immaginava, però, che sarebbe stata Lei stessa la Vergine di Isaia. «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14).
Più tardi, dopo la Passione di Nostro Signore, momento culminante della Redenzione, la fede incrollabile di Maria Santissima nella Risurrezione ricondusse gli Apostoli e i discepoli nel Cenacolo, portandoli a credere al di là dell’apparente contraddizione e della negazione dei fatti. La loro speranza non venne delusa: «La grande battaglia della Vergine consisteva nel mantenere accesa la fiamma della Risurrezione in quelle povere anime. Senza la sua intercessione, nessuna di esse avrebbe continuato a credere, nonostante le reiterate promesse del Divin Maestro».4 Riuniti con Lei nel Cenacolo (cfr. At 1, 14), gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo promesso e iniziarono a diffondere la Buona Novella per eseguire il mandato del Salvatore: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura» (Mc 16, 15). Iniziava l’epopea della Santa Chiesa Cattolica.
Speranza per il XXI secolo
Oggi, trascorsi ventuno secoli di vita della Chiesa, vivendo in un contesto di pandemia, guerra e incertezza, abbiamo ancora promesse in cui sperare? Preghiamo da duemila anni: «Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra» (Mt 6, 10). Possiamo sperare che questa preghiera, insegnata dal Divin Maestro, si realizzi nella nostra travagliata epoca storica?
Ora più che mai è il momento di credere e sperare! All’inizio del secolo scorso, Dio ha inviato la sua stessa Madre a Fatima, in Portogallo, per mettere in guardia l’umanità dai problemi contemporanei. «La Madonna spiega nel contempo le ragioni della crisi e ne indica il rimedio, profetizzando la catastrofe se gli uomini non La ascoltano. Da ogni punto di vista, per la natura del contenuto e per la dignità di chi le ha fatte, le rivelazioni di Fatima superano quindi tutto ciò che la Provvidenza ha detto agli uomini nell’imminenza dei grandi sconvolgimenti della Storia».5
Soprattutto, la Vergine è venuta a portare la promessa della realizzazione del tanto atteso Regno di Cristo: «Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà». Maria Santissima non è capace di illudere! Ella sarà «stabilita come Signora e Sovrana nei cuori, per sottometterli pienamente all’impero del suo grande e unico Gesù […]. Ut adveniat regnum tuum, adveniat regnum Mariæ»,6 insegna San Luigi Maria Grignion de Montfort.
In ogni caso, se l’esito finale delle promesse di Fatima tarda ad arrivare, non dimentichiamoci che, come afferma il Dott. Plinio, le lunghe attese annunciano quanto Dio sarà generoso quando arriverà il momento di esaudirle. «Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi» (2 Pt 3, 9).
Spesso, è per la nostra conversione e per accrescere in noi l’amore che Egli ci fa aspettare. «C’è una fiducia eroica per la quale non si rinuncia alla speranza, nonostante tutto. Questa fiducia fa male. E l’anima, a volte, è lasciata in uno stato che sanguina. Va bene, ma essa continua a fidarsi e dice: ‘La promessa interiore, ineffabile, che la Madonna ha fatto alla mia anima, questa promessa non verrà meno, io mi fiderò!’».7
Beati, dunque, coloro che credono e aspettano, perché ciò che è stato loro promesso si adempirà (cfr. Lc 1, 45). L’attesa fiduciosa e paziente sarà sempre il pegno del compimento delle promesse! ◊
Note
1 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Guai all’uomo per il quale l’attesa non fa male; guai all’uomo che non sopporta il dolore dell’attesa! In: Dr. Plinio. São Paulo. Anno XV. N.172 (luglio 2012); p.32.
2 SAN LEONE MAGNO. Sobre la Epifanía de Nuestro Señor Jesucristo. Omelía III, n.2; 5. In: Homilias sobre el Año Litúrgico. Madrid: BAC, 1969, p.130; 132-133.
3 CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Maria Santíssima! O Paraíso de Deus revelado aos homens. San Paolo: Araldi del Vangelo, 2020, vol. II, p. 218.
4 Idem, p.510.
5 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Fatima: spiegazione e rimedio della crisi contemporanea. In: Catolicismo. Campos dos Goytacazes. Anno III. N.29 (maggio 1953); p.2.
6 SAN LUIGI MARIA GRIGNION DE MONTFORT. Traité de la vraie dévotion à la Sainte Vierge, n.217. In: Œuvres Complètes. Paris: Du Seuil, 1966, pp. 634-635.
7 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. San Paolo, 7/10/1975.