Dio non toglie le miserie, ma santifica il miserabile. In questo modo, l’opera della grazia risplende più di quanto non farebbe se ricadesse su qualcuno privo di difetti.
“Dio non mi esaudirà mai?”. È una domanda che di tanto in tanto sorge impetuosa nel nostro intimo, soprattutto nei periodi in cui preghiamo più ardentemente per essere purificati dalle nostre miserie. Ci vediamo liberi da qualche male e subito dopo ne appare un altro all’orizzonte; o, peggio ancora, ci sforziamo di superare un difetto e, appena ottenuta la vittoria, ci rendiamo conto che ne esistono diversi altri. A peggiorare le cose, nella vita quotidiana verifichiamo che anche gli altri si trovano in una situazione simile…
In fin dei conti, Dio risponde o no a questa nostra richiesta?
La dottrina cattolica ci insegna che qualsiasi cosa chiediamo nella preghiera, l’Onnipotente ce la concede, purché concorra al nostro bene, il cui culmine è la gloria eterna in Paradiso.1 Ora, nella maggior parte dei casi, ci verrebbe fatto un grande danno se la Divina Provvidenza ci liberasse dalle nostre miserie e dalle nostre debolezze.
Come?! Sembra assurdo, ma non lo è.
Aiuto per non essere ingrati a Dio
Per capire meglio il primo presupposto di tale affermazione, ricorriamo a un esempio domestico. Immaginiamo che una madre voglia preparare una festa straordinaria a sua figlia per celebrare il suo ingresso all’università. Invita gli amici della ragazza, si dà molto da fare per mettere in ordine la casa e prepara di nascosto dei piatti deliziosi.
Nella data stabilita, la giovane si trova di fronte alla meravigliosa sorpresa. Anche la madre ha un soprassalto, ma spiacevole. Sua figlia semplicemente non si serve di nulla di ciò che le aveva preparato. Senza appetito, fa poco caso all’affetto di colei che la ama così tanto.
Tale atteggiamento non sarebbe un’enorme ingratitudine?
Già nel Vangelo troviamo l’opposto di questa giovane: gli zoppi, i poveri, gli storpi e i ciechi chiamati dal ricco alla sua festa (cfr. Lc 14, 21), si servirono pienamente di tutte le delizie, mostrando che più l’ospite è indigente, più sarà colmato di doni.
Allo stesso modo, se le nostre lacune fisiche o spirituali fossero colmate completamente, correremmo il rischio di giudicare ingannevolmente i nostri bisogni soddisfatti e dimenticheremmo presto di cercare la fonte dell’acqua viva, il dispensatore dei doni celesti, l’unico che, in effetti, può soddisfare i nostri desideri: Dio. E, come la giovane inappetente, cadremmo facilmente in un abisso più terribile del peccato: la mancanza di gratitudine verso l’Altissimo.
Un cieco che comincia a vedere senza nervo ottico…
Se ci sbagliamo nel fare le nostre suppliche, questo non sarà motivo perché Dio non ci conceda la sua grazia. Se è vero che Lui ci esaudirà sempre, superando i nostri criteri umani e mediocri, è anche vero che costruisce castelli indistruttibili sul pantano dei nostri guai!
Una piccola storia può aiutarci a capire meglio questo secondo punto delle nostre considerazioni.
Una coppia virtuosa aveva dato alla luce un bambino tanto atteso, al quale i genitori non risparmiarono alcuna dimostrazione di affetto. Tuttavia, i mesi passarono ed essi notarono qualcosa di strano nel loro bambino. Lo portarono dal medico e la diagnosi fu sconfortante: il bambino era cieco, perché gli mancava il nervo ottico; muto, perché era nato senza corde vocali; sordo, perché gli mancava il canale uditivo. Desolati, entrambi si chiedevano cosa potevano fare, ma lo specialista sentenziò: “Non c’è soluzione!”.
Tornati a casa, il morale dei pii genitori si manteneva alto, perché una cosa non mancava loro: la fede. Adagiato il bambino sulle gambe, il padre gli pose le mani sulla testa e i due coniugi, con gli occhi pieni di speranza, fissarono il Cielo e pregarono per la guarigione del loro amato piccolino.
Immediatamente il bambino manifestò reazioni diverse. Gli sguardi dei tre si incrociarono e un sorriso innocente apparve sulle sue labbra puerili. Convinti del miracolo compiuto, i genitori non poterono che esclamare: “Figlio!”. Al che il bambino rispose con un sonoro “Papà!”.
Dio, che è Padre, è anche Figlio e Amore. Aveva ascoltato con piacere la preghiera di quei genitori e li aveva prontamente esauditi.
Senza lasciarsi prendere dal dubbio, la coppia si precipitò di nuovo dal medico per confermare l’intervento divino. Il risultato li sorprese: il bambino poteva vedere senza nervo ottico, poteva parlare senza corde vocali, poteva sentire senza canale uditivo. Era un bambino-miracolo!
La grazia realizzerà meraviglie di santità in noi
Questo caso ipotetico illustra un po’ la realtà di coloro che Dio santifica. La grazia opera nell’anima, che si riveste di doni spirituali; i difetti, però, non vengono estirpati immediatamente, né cessano le lotte o gli assalti diabolici. In breve, Dio non toglie le miserie, ma santifica il miserabile.
In questo modo, l’opera soprannaturale diventa più evidente, brillando più intensamente di quanto non farebbe se ricadesse su qualcuno privo di difetti. Così si spiegano le sofferenze di tanti Santi che, pur vivendo in modo edificante, si davano a penitenze e a preghiere, versando lacrime e implorando dal Cielo la forza non solo per affrontare le avversità esterne, ma soprattutto per vincere se stessi.
Un’affermazione di San Paolo lo dimostra bene: “Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia” (2 Cor 12, 7). Non sembra strano che satana liberi dalla vanità? Dio usa il male per trarre un bene, come descrive subito dopo l’Apostolo: “A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: ‘Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza’” (2 Cor 12, 8-9a).
Forse per questo motivo Maria Santissima, a Lourdes, ha realizzato delle guarigioni simili a quella del bambino della nostra storia e, per simboleggiare questa verità, Nostro Signore Gesù Cristo ha voluto rimanere con le sue gloriose piaghe dopo la Resurrezione.
La gioia di essere miserabile
L’importante è non scoraggiarci di fronte alle nostre miserie, per quanto ripetutamente esse si manifestino; né, in alcun modo, capitolare nella battaglia contro il diavolo, il mondo e la carne.
Dobbiamo avere pazienza e dedizione, certi che, se rivestiti di fiducia, la grazia non cesserà mai di operare in noi. Maria Santissima non è la Signora delle opere incompiute e, per sua intermediazione, Dio opererà meraviglie in noi, poveri storpi che speriamo nella sua paterna onnipotenza.
In questo modo, a ragione potremo gridare all’unisono con tutti i giusti della Storia: “Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità […]: quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12, 9b-10)! ◊
Note
1 Cfr. CCC 2738-2741.