L’alba del XIX secolo trova l’umanità stordita dalla ventata mortifera della Rivoluzione francese che l’ha immersa nel binomio paura-simpatia: paura per il terrore imposto dalla virulenza dei rivoluzionari nei confronti di ogni ostacolo che si frapponeva lungo il loro cammino, e simpatia per la ventata di libertà, proclamata come principio assoluto «per giustificare il libero corso delle peggiori passioni e degli errori più funesti».1
La sua brezza mefitica continua a soffiare. Questa volta, però, sotto l’apparenza dell’aria buona del progresso portato dalla Rivoluzione Industriale, precorritrice di un futuro che porrà fine alla sofferenza, in cui «l’uomo avrà superato il male grazie alla scienza e avrà trasformato la terra in un ‘paradiso’ tecnicamente delizioso»,2 vedendo realizzate le velleità del suo cuore, sempre più distante dall’eternità.
Sotto la bandiera del progresso, avanza l’idra rivoluzionaria
La smania per il godimento della vita e per i piaceri, caratteristica dello spirito borghese che permeava la società, soprattutto con la folgorante ascesa di innumerevoli parvenus e di altre specie di opportunisti, aveva seriamente danneggiato la “superficie” delle anime, permettendo alla Rivoluzione di avanzare rapidamente per raggiungere il loro nucleo. Abbagliate dallo sviluppo tecnico, inebriate dalle innovazioni delle macchine e dalla produzione industriale che stavano dando «all’uomo possibilità che un tempo desiderava e non poteva raggiungere, perché erano più o meno proprie del miracolo»,3 le masse si lasciavano illudere dall’utopia forgiata sotto la bandiera del progresso.
Come osserva il Dott. Plinio, ci sono ancora teorici che sostengono che «le utopie sono necessarie e l’uomo non vive senza, sebbene sappia che sono utopie; da qui, per esempio, la concezione del Paradiso, dicono. L’utopia, tuttavia, è generata da una tendenza morbosa: poiché non accetta la verità religiosa, genera l’idea che il Cielo sia il paradiso di alcune delle tendenze che cerca di realizzare in questa vita. E il mondo a cui mirò la Rivoluzione Industriale è un’utopia che essa cercò di realizzare».4
La modernità non voleva però rendersi conto che si stava allestendo un immenso teatro per la nuova offensiva della Rivoluzione nella sua terza grande avanzata: «L’orgoglio, nemico di ogni superiorità, avrebbe dovuto affrontare l’ultima disuguaglianza, cioè quella delle fortune».5 Era il comunismo che stava trasformandosi in un demagogico strumento di difesa delle classi operaie, esse stesse prodotto artificiale dello sviluppo industriale che aveva strappato vere e proprie moltitudini al mantenimento delle loro origini generalmente rurali e le aveva gettate nelle periferie delle fabbriche delle grandi città.
Per compiere questo passo, si sarebbe fomentato nel movimento operaio lo spirito egualitario e di rivolta, liberale e ateo, trasponendo nella sfera sociale ed economica le massime di falsa giustizia e libertà proclamate nelle Rivoluzioni precedenti. In questo modo, l’idra rivoluzionaria avanzava, penetrando con le sue teste sinistre in tutti i settori della società e inghiottendo ciò che ancora restava della Civiltà Cristiana.
Prodigo nell’elaborazione di metafore, il Dott. Plinio paragona l’azione rivoluzionaria a un incendio che si propaga in una foresta. Non sono «mille incendi autonomi e paralleli, di mille alberi vicini gli uni agli altri», dice, ma «un fatto unitario, che ingloba in un’unica realtà i mille incendi parziali, per quanto diverso sia ciascuno di essi nei suoi elementi accidentali».6 È quello che è successo allo scoppio degli episodi pre-comunisti che emergevano dal mondo post Rivoluzione francese, in un vero processo di disgregazione morale.
Terreno di coltura preparatorio
Questi episodi accidentali non costituivano nient’altro che il fenomeno di “combustione della foresta”, creando il terreno di coltura preparatorio per l’esplosione comunista. Così li descrive il Dott. Plinio: «Dalla Rivoluzione Francese nacque il movimento comunista di Babeuf. E successivamente, dallo spirito sempre più vivace della Rivoluzione, irruppero le scuole del comunismo utopico del XIX secolo e il cosiddetto comunismo scientifico di Marx».7
Come accennato nell’articolo precedente, François Noël Babeuf, giornalista ateo francese, partecipò alla Rivoluzione Francese come giacobino e difese le idee di egualitarismo radicale. Nel 1795 fondò la Congiura degli Uguali, il cui obiettivo era quello di sostenere gli ideali rivoluzionari e garantire la collettivizzazione della terra e della proprietà. Non erano ancora in voga i termini anarchismo o comunismo, ma furono in seguito utilizzati per definire la natura del suo movimento, considerato il primo “partito comunista” della Storia e precursore delle rivolte proletarie che sarebbero scoppiate meno di un secolo dopo.
Le sue idee ispirarono il cosiddetto socialismo utopico, i cui pensatori più importanti furono Saint-Simon, Charles Fourier e Robert Owen. Friederich Engels rifiutò questa concezione per il fatto che non puntava alla lotta politica e ribelle del proletariato. Tuttavia, ne riconobbe l’importanza, in quanto presentava alternative comuniste alla società industriale, criticando la situazione della classe operaia e alimentando il già citato desiderio delle utopie.
L’obiettivo della Rivoluzione era infatti quello di “incendiare la foresta” intera: «Un mondo nel cui seno le patrie unificate in una Repubblica Universale non siano altro che denominazioni geografiche, un mondo senza disuguaglianze sociali o economiche, diretto dalla scienza e dalla tecnica, dalla propaganda e dalla psicologia, per realizzare, senza il soprannaturale, la felicità definitiva dell’uomo: questa è l’utopia verso la quale ci sta conducendo la Rivoluzione».8
Il comunismo mostra il suo volto
Fu però il cosiddetto comunismo scientifico di Karl Marx, con la collaborazione dello stesso Engels, a proporre pratiche concrete di lotta di classe, stabilendo la borghesia – un tempo l’avanguardia rivoluzionaria! – come nuova classe che opprime i lavoratori. Ahimè… È così che la Rivoluzione premia e fagocita i suoi stessi mentori. Questo fu il contenuto del Manifesto Comunista del 1848, rappresentativo del programma e dei propositi della Lega dei Comunisti: rendeva il proletariato consapevole della necessità di insorgere contro la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo esortava a lottare per una nuova organizzazione sociale.
La prima presa di potere operaio di stampo socialista dei tempi moderni fu la Comune di Parigi, nel 1871, in occasione della sconfitta francese nella Guerra Franco-Prussiana. Questo governo proletario e ateo, che durò appena settantadue giorni e fu fortemente represso da Adolphe Thiers, presidente della repubblica francese, delineò il paradigma per esperienze rivoluzionarie future, come la Rivoluzione Russa del 1917 e la Rivoluzione Cinese del 1949.
Tuttavia, in quel periodo storico, l’influenza di queste idee raggiunge in profondità solo i teorici del comunismo, perché in realtà «le moltitudini ignorano il cosiddetto comunismo scientifico, e non è la dottrina di Marx ad attrarre le masse», afferma il Dott. Plinio.
Analizzando storicamente l’Opinione Pubblica, egli dimostra che la Rivoluzione aveva cambiato le mentalità a tal punto che anche chi si opponeva alle idee comuniste lo faceva con una certa vergogna, permettendo loro di avanzare. Questo stato d’animo derivava «dall’idea, più o meno consapevole, che ogni disuguaglianza è un’ingiustizia, e che si dovrebbe porre fine non solo alle grandi fortune ma anche a quelle medie, perché se non ci fossero i ricchi non ci sarebbero nemmeno i poveri».9 Questo era l’ideale rivoluzionario.
Due facce: di una moneta e di una medaglia
Tutto questo processo rivela una marcia su due binari: da un lato, il progresso industriale, che generava una classe operaia sfruttata da un capitalismo selvaggio, privo di scrupoli nei confronti della dignità umana e contrario all’insegnamento cattolico; dall’altro, i difensori del proletariato oppresso, con la lotta di classe. Erano due facce di una stessa medaglia: l’avanzata della Rivoluzione.
La Chiesa non assisteva passiva e indifferente a queste trasformazioni radicali della società. Zelante per i fedeli, la sua preoccupazione, piena di carità cristiana, si fece sentire negli innumerevoli documenti che compongono quella che conosciamo come Dottrina Sociale della Chiesa. D’altronde, non è irragionevole sottolineare che i grandi progressi legislativi in materia di vera giustizia sociale sono spesso partiti da iniziative politiche cattoliche.
Anche i Papi dell’epoca emanarono insegnamenti su due fronti: uno in difesa dei lavoratori; l’altro condannando gli errori delle dottrine comuniste che si presentavano come via d’uscita per ciò che cominciarono a chiamare, da allora, “ingiustizie sociali”, ritornello usato dai rivoluzionari per attirare le simpatie anche degli ambienti cattolici.
Possiamo citare, come esempio, le Encicliche Rerum novarum e Quod apostolici muneris di Leone XIII, l’Enciclica Nostis et nobiscum del Beato Pio IX, il Motu proprio Fin dalla prima nostra, di San Pio X e l’Enciclica Ad beatissimi apostolorum, di Benedetto XV. Erano due facce di una stessa medaglia: il desiderio di salvezza delle anime, attraverso la protezione del bene o la coercizione del male.
«Tali atti pontifici miravano, da un lato, a frenare il flusso dei cattolici verso le file del comunismo. Ma anche l’infiltrazione dei comunisti negli ambienti cattolici, con il pretesto di una collaborazione reciproca per la soluzione di certi problemi socioeconomici».10
Opposizione alla dottrina cattolica
Nel 1917, poco prima dello scoppio della rivoluzione comunista che rovesciò lo zarismo in Russia, la Madonna avvertì a Fatima che quella nazione avrebbe diffuso «i suoi errori in tutto il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa».11 Infatti, il bolscevismo russo fu una pietra miliare e diede ulteriore forza al movimento che conquistò buona parte delle nazioni del mondo proprio per mezzo di guerre e persecuzioni contro i cattolici.
Questi errori a cui si riferiva la Madre del Salvatore furono condannati con forza dal Sacro Magistero: «Il comunismo, denominato bolscevico e ateo, che mira a capovolgere l’ordinamento sociale e a scalzare gli stessi fondamenti della Civiltà Cristiana […] è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun campo la collaborazione con esso da parte di chiunque voglia salvare la civilizzazione cristiana. […] E se taluni indotti in errore cooperassero alla vittoria del comunismo nel loro paese, cadranno per primi come vittime del loro errore, e quanto più le regioni dove il comunismo riesce a penetrare si distinguono per l’antichità e la grandezza della loro civiltà cristiana, tanto più devastante vi si manifesterà l’odio dei ‘senza Dio’»;12 «Il comunismo è di per sé materialista e anticristiano; sebbene a volte dichiarino a parole di non attaccare la religione, i comunisti dimostrano in realtà, con la loro dottrina e le loro azioni, che si oppongono a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo».13
I loro principi, di per sé, violano i Comandamenti della Legge di Dio in materia di doveri religiosi, costituzione della famiglia e diritto alla proprietà privata, e sono quindi contrari alla dottrina cattolica, a prescindere da una presunta collaborazione con la Gerarchia Cattolica secondo le convenienze di tempo e di luogo, come denunciò con intuizione profetica il Dott. Plinio nella sua commentatissima opera La libertà della Chiesa nello Stato comunista.
Sono severe le parole dei Papi sui comunisti e sui loro sostenitori: «Essi intendono poi valersi dell’opera loro al fine di abbattere il governo di qualunque superiore autorità, di rubare, saccheggiare, invadere dapprima le proprietà della Chiesa e poi quelle di tutti gli altri; di violare infine tutti i diritti divini ed umani, distruggendo il culto divino e sovvertendo l’intera struttura della società civile. […] Se gli stessi fedeli, disprezzando gli ammonimenti paterni dei loro Pastori e i già ricordati comandamenti della Legge Cristiana, si lasciassero ingannare dai suddetti promotori delle odierne congiure e decidessero di cospirare con loro nei perversi sistemi del Socialismo e del Comunismo, sappiano e considerino seriamente che in tal modo accumulano per se stessi, presso il Divino Giudice, un’infinità di vendetta per il giorno dell’ira; e che frattanto da quella cospirazione non potrà derivare la benché minima utilità temporale per il popolo ma piuttosto nuovi aumenti di miserie e di sventure».14
Travestiti da agnelli, i lupi comunisti si presentavano spesso come socialisti cristiani, e venivano denunciati senza compromessi: «Sebbene i Socialisti, abusando dello stesso Vangelo per ingannare gl’incauti, abbiano il costume di travisarlo secondo i loro intendimenti, tuttavia è tanta la discordanza delle loro perverse opinioni dalla purissima dottrina di Cristo, che non se ne può immaginare una maggiore».15 Questo perché «tutti coloro, singoli o associati, che si gloriano del nome di cristiani, devono, se non dimenticano il proprio dovere, alimentare non le inimicizie e le rivalità tra le classi sociali, ma la pace e il mutuo amore».16
In sintesi, «il socialismo, sia considerato come dottrina, sia considerato come fatto storico, sia come ‘azione’, se resta veramente socialismo, anche dopo aver ceduto alla verità e alla giustizia su questi punti che abbiamo detto, non può conciliarsi con gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Giacché il suo concetto della società è quanto può dirsi opposto alla verità cristiana. […] Che se il socialismo, come tutti gli errori, ammette pure qualche parte di vero (il che del resto non fu mai negato dai Sommi Pontefici), esso tuttavia si fonda su una dottrina della società umana, tutta sua propria e discordante dal vero cristianesimo. Socialismo religioso e socialismo cristiano sono dunque termini contraddittori: nessuno può essere buon cattolico ad un tempo e vero socialista».17
Conseguenze nefaste
Nefaste furono le conseguenze dell’enorme trasformazione subita dal mondo civilizzato con il comunismo, denominato dall’allora Cardinale Ratzinger la “vergogna del nostro tempo”:
«Milioni di nostri contemporanei aspirano legittimamente a ritrovare le libertà fondamentali di cui sono stati privati da regimi totalitari e atei che hanno preso il potere con mezzi rivoluzionari e violenti, proprio in nome della liberazione del popolo. Non si può ignorare questa vergogna del nostro tempo: fingendo di garantire loro la libertà, intere nazioni sono tenute in condizioni di schiavitù indegne dell’uomo».18
Con l’abbattimento dell’ultima disuguaglianza della società, il comunismo apriva la strada a una nuova fase della Rivoluzione che, più che mai, aveva fretta di raggiungere i suoi obiettivi finali, generando un tipo di uomo diverso dall’antico occidentale cristiano, come il Dott. Plinio descrive così bene nel suo capolavoro:
«E così, ebbro del sogno di Repubblica Universale, della soppressione di ogni autorità ecclesiastica o civile, dell’abolizione di qualsiasi Chiesa e, dopo una dittatura operaia di transizione, anche dello stesso Stato, ecco ora il neo-barbaro del XX secolo, il più recente e più avanzato prodotto del processo rivoluzionario».19 ◊
Note
1 RCR, P.I, c.7, 3, B.
2 Idem, c. 11, 3.
3 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Palestra. São Paulo, 5/1/1986.
4 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Palestra. São Paulo, 22/8/1986.
5 RCR, P.I, c.3, 5, D.
6 Idem, c. 3, 2.
7 Idem, 5, D.
8 Idem, c. 11, 3.
9 Idem, P.II, c.11, 1, B.
10 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Comunismo e anticomunismo na orla da última década deste milênio. In: Catolicismo. São Paulo. Ano XL. N.471 (mar., 1990); p.12.
11 SUOR LUCIA. Memórias I. 13.ed. Fatima: Secretariado dos Pastorinhos, 2007, p.177.
12 PIO XI. Divini Redemptoris, n.3; 58.
13 SACRA CONGREGAZIONE DEL SANT’UFFIZIO. Decreto contro il comunismo: AAS 41 (1949), 334.
14 BEATO PIO IX. Nostis et nobiscum.
15 LEONE XIII. Quod apostolici muneris.
16 SAN PIO X. Singulari quadam.
17 PIO XI. Quadragesimo anno.
18 SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE. Istruzione su alcuni aspetti della “teologia della liberazione”, c. XI, n.10.
19 RCR, P.I, c.3, 5, D.