Un piccolo dio in terra, un’immagine viva di Gesù Cristo, un Angelo per la sua purezza d’anima e di corpo: questi sono alcuni dei numerosi titoli conferiti dal grande San Giovanni Eudes ai sacerdoti autentici.
Il dono più prezioso e il favore più grande che la Bontà Divina può fare a una chiesa è quello di darle un buon pastore, sia esso un Vescovo o un parroco. Questa infatti è la grazia delle grazie e il dono dei doni, che contiene tutti gli altri doni e tutte le altre grazie. […]
Mediatore tra Dio e gli uomini
Un buon pastore è uno dei comandanti dell’esercito di Dio Magno, sempre con armi in pugno e incessantemente in combattimento per la Sua gloria e per la difesa della Sua Chiesa contro i Suoi nemici – il demonio, il mondo, la carne e il peccato – al fine di conquistare regni per Lui; cioè per conquistare anime, perché ogni anima fedele è un regno di Dio, più prezioso per Lui di tutti gli imperi terreni.
È uno dei prìncipi del Regno di Dio e uno dei re del suo Impero, che è la sua Chiesa, istituita da Dio per governare, secondo le leggi e i precetti evangelici, tanti re e regine quanti sono i cristiani e le cristiane sotto la sua direzione, e per renderli degni di possedere eternamente lo stesso Regno con il sovrano Monarca dell’universo.
È un apostolo e un evangelista la cui missione principale è quella di annunciare incessantemente il Vangelo di Gesù Cristo, in pubblico e in privato, con parole e azioni, e di continuare sulla terra le funzioni alle quali gli Apostoli si sono dedicati, così come la vita e le virtù che essi hanno praticato.
Egli è il sacro sposo della divina sposa, cioè della Chiesa di Gesù Cristo, ed è talmente infiammato di purissimo e santissimo amore per lei, che cerca con tutti i mezzi, giorno e notte, solo di abbellirla, di adornarla, di arricchirla, di renderla degna dell’eterno amore del suo celeste e immortale Sposo.
È un mediatore tra Dio e gli uomini, per far loro conoscere, adorare, servire, temere e amare Dio; per comunicare loro la Sua volontà; per portarli a prestarGli tutti gli onori; infine, per essere continuamente occupati, nello spirito e nel cuore, con la parola e con l’azione, “nelle cose che riguardano il servizio e la gloria di Dio” (cfr. Eb 5, 1). […]
Un Dio vivo e itinerante
Cosa devo aggiungere?
Un buon pastore è un salvatore e un Gesù Cristo in terra, che prende il posto di Cristo, rappresentando la sua Persona, rivestito della sua autorità, che agisce in suo Nome, ornato delle sue qualità, che esercita il suo giudizio nel Tribunale della Penitenza, che svolge le più alte funzioni da Lui esercitate in questo mondo; costituito per continuare l’opera della Redenzione dell’universo, impiega in questo, a imitazione di Cristo, tutto il suo spirito, il suo cuore, i suoi affetti, le sue forze, il suo tempo, ed è sempre pronto a dare il suo sangue e a sacrificare la sua vita per realizzare in tutti i modi la salvezza delle anime a lui affidate.
È un dio vivo e itinerante; dio per la grazia, per partecipazione e per una somiglianza molto forte e particolare; dio rivestito delle qualità e delle perfezioni di Dio, cioè: la sua autorità, il suo potere, la sua giustizia, la sua misericordia, il suo spirito, la sua carità, la sua bontà, la sua benignità, la sua purezza e la sua santità; dio impegnato nelle più importanti opere di Dio, quali sono tutte le funzioni pastorali e sacerdotali, poiché disse il grande San Dionigi Areopagita: “La più divina di tutte le cose divine è quella di cooperare con Dio nella salvezza delle anime”.1 Insomma, come dice San Gregorio Nazianzeno, un dio che fa dèi,2 ossia, cristiani che nelle divine Scritture prendono il nome di dio.
È un pastore nel quale si vede un’immagine viva della bontà e della vigilanza del grande Pastore delle anime. È un pastore che non abbandona le sue pecore alla mercé del lupo infernale che le divora, ma è abitualmente in mezzo a loro, per tenerle sempre sotto gli occhi, per condurle, affinché possano sempre vederlo e seguirlo. È un pastore che conosce tutte le sue pecore e che è attento alle loro necessità, alle loro debolezze e alle loro malattie, pronto a porvi rimedio.
Conduce col buon esempio le sue pecore
È un pastore che alimenta il suo gregge con le parole e con l’esempio, spiritualmente e corporalmente, tanto quanto è in suo potere; non è uno di quelli riguardo ai quali un santo Dottore commenta: “Il Giudice Divino giudicherà rigorosamente i laici, con maggior rigore i religiosi, e rigorosissimamente i pastori malvagi e dissoluti. Dio esigerà da loro conti severi per non aver saziato le loro pecore per mezzo dell’assistenza temporale; conti ancora più severi per non averle saziate per mezzo della parola e della dottrina celeste; conti severissimi per non averle saziate con l’esempio di una buona vita”. […]
Chi dice un tale pastore e un tale sacerdote, dice un uomo che considera frequentemente e attentamente gli obblighi del suo incarico; che si informa sulle necessità delle sue pecore al fine di prendere provvedimenti; che investiga con attenzione sui disordini esistenti nel gregge per eliminarli; e che si applica in tutti i modi per promuovere la gloria di Dio e la salvezza di tutte le anime a lui affidate, per le quali deve rispondere sangue per sangue e anima per anima.
Chi dice un tale pastore e un tale sacerdote, dice un uomo che applica tutta la sua capacità, le sue azioni, il suo cuore, i suoi pensieri, i suoi affetti, le sue parole, il suo tempo, i suoi beni, la sua vita, tutto quanto egli è, sa e può, per distruggere la tirannia di Satana e del peccato, e per stabilire il Regno di Cristo nei cuori di coloro che Dio gli ha affidato.
Cherubino per la chiarezza, Serafino per la carità
Infine, chi dice un tale pastore e un tale sacerdote, dice un Angelo per la sua purezza d’anima e di corpo, un Cherubino per la chiarezza e la scienza, un Serafino per l’amore e la carità, un Apostolo per il suo zelo, per lo sforzo e la santità; un piccolo dio sulla terra, con potere e autorità, pazienza e benignità; un’immagine viva di Gesù Cristo in questo mondo, di Cristo che veglia, prega, predica, catechizza, lavora, suda, piange, va di città in città e di villaggio in villaggio, soffre, agonizza, muore e Si sacrifica per la salvezza di tutte le anime create a sua immagine e somiglianza.
Tale pastore e tale sacerdote è la luce di coloro che giacciono nelle tenebre e nell’ombra della morte (cfr. Lc 1, 79), il recupero dei perduti, il martello e la distruzione degli errori, degli scismi e delle eresie, la conversione dei peccatori, la santificazione dei giusti, la forza dei deboli, la consolazione degli afflitti, il tesoro dei poveri, il giubilo dei buoni, il terrore dei cattivi, la confusione dell’inferno, la gloria del Cielo, il terrore dei demoni, la gioia degli Angeli, la rovina del regno di satana, l’instaurazione dell’Impero di Gesù Cristo, l’ornamento della Chiesa, la corona del sovrano Pastore. In una parola, è un universo di beni, di grazie e di benedizioni per tutta la Chiesa, specialmente per quella nella quale Dio lo ha stabilito. ◊
Tratto da: Oeuvres complètes.
Le Mémorial de la Vie Ecclésiastique.
Vannes: Lafolye Frères,
1906, t.III, p.23-32.
Note
1 SAN DIONIGI AREOPAGITA. De Cœlesti Hierarchia, c.V.
2 “Deum existentem et Deos efficientem” (SAN GREGORIO NAZIANZENO. Orat. Apolog.).