…che le ”Messe gregoriane” sono celebrate per i defunti?
In occasione della morte di una persona cara, spesso si sente il seguente commento: «Almeno non soffrirà più…». Questa espressione, però, denota una visione incompleta delle realtà soprannaturali. Non è forse vero che il defunto potrebbe soffrire pene incomparabilmente più grandi in Purgatorio e avere bisogno del nostro aiuto?
Come madre amorevole, la Santa Chiesa ha sempre raccomandato ai suoi figli di applicare ai defunti i frutti della Santa Messa. Così, fin da tempi remoti, i fedeli sono soliti richiedere la celebrazione di Eucaristie in suffragio dell’anima dei defunti, per affrettare la loro liberazione dalle fiamme purificatrici. Questa usanza si è intensificata dopo un evento accaduto con Papa San Gregorio Magno (cfr. Dialoghi. L.IV, c.57, nn.8-17) nel VI secolo, che nella Chiesa ha dato origine a una pratica particolare che perdura ancora oggi.
Un monaco di nome Giusto, vedendo arrivare la fine dei suoi giorni, confidò al fratello medico che lo assisteva di possedere tre monete d’oro tra i suoi averi, cosa assolutamente proibita dalla regola. Quando ne venne a conoscenza, San Gregorio ordinò di rimproverare severamente il moribondo affinché si pentisse e stabilì, come riparazione pubblica e per l’edificazione di tutta la comunità, che il suo corpo non venisse poi sepolto nel cimitero del monastero. Inoltre, sulla sua tomba avrebbero dovuto essere pronunciate le parole di San Pietro: «Il tuo denaro vada con te in perdizione» (At 8, 20).
Trenta giorni dopo la morte di Giusto, San Gregorio ebbe compassione del defunto e, pensando con grande dolore ai tormenti che poteva soffrire, ordinò al priore del monastero che si celebrasse quotidianamente il Santo Sacrificio per il riposo eterno del peccatore. Dopo un mese, Giusto apparve al fratello e gli rivelò che era stato liberato dal Purgatorio grazie all’ “Ostia salvatrice”.
La fiducia nell’efficacia del Santo Sacrificio ha dato origine alla tradizione di far celebrare trenta Messe consecutive per un defunto. Sebbene queste Messe non abbiano attualmente un formulario proprio, l’usanza continua ancora oggi con il nome di Messe gregoriane. ◊
…che lo stemma del Portogallo è stato dato da Gesù Cristo?
Era la sera del 24 luglio 1139. Afonso Henriques, che sarebbe diventato il primo re del Portogallo, aveva davanti al suo accampamento cinque monarchi mori con i loro rispettivi eserciti. Mentre implorava l’aiuto divino, una forte luce gli abbagliò gli occhi ed egli riuscì a vedere la figura di Gesù crocifisso.

Il “Fondatore e Distruttore di Imperi” – come Cristo Si definì nella visione – appariva per annunciargli la vittoria, non solo in quella battaglia, ma anche in tutte le altre che il principe avrebbe combattuto. Inoltre, veniva a fondare un regno che avrebbe annunciato il suo Nome in regioni lontane. E per marcare per sempre la nuova nazione, il Redentore aggiunse: «Comprerai le tue armi al prezzo con cui ho comprato il genere umano, il prezzo con cui sono stato comprato dagli ebrei, e questo regno sarà santificato».
Ottenuta l’impossibile vittoria sui nemici, Afonso Henriques disegnò lo stemma del suo popolo secondo gli ordini del Signore: cinque scudi blu in croce – in memoria delle cinque piaghe di Cristo e dei cinque re mori sconfitti – contenenti ciascuno cinque bisanti d’argento che, contando due volte quelli dello scudo del mezzo, ricordano i trenta denari con cui Giuda vendette Gesù.
E così si perpetua il simbolo del Portogallo, ben descritto da Camões in Os Lusíadas: «come mostra lo scudo vostro, che rievoca / la vittoria passata, in cui vi diede / Cristo – e lasciò ad insegna – le ferite / che sulla croce il suo corpo subì» (Canto I, 7). ◊