Sappiamo che il cammino della vita umana non è fatto solamente, e nemmeno soprattutto, di gioie e piaceri, ma che molte volte è costellato da sofferenze inenarrabili e situazioni disastrose, che collidono con le nostre aspirazioni…
Come conformarsi alla volontà di Dio in queste circostanze? La storia di un sacerdote polacco, Padre Walter Joseph Ciszek, SJ, ci offre una mirabile testimonianza spirituale a questo proposito.
«Dio mi vuole in Russia»
Originario di una famiglia polacca, Walter Ciszek nacque negli Stati Uniti nel 1904 e, all’età di ventiquattro anni, entrò nella Compagnia di Gesù.
Un anno dopo essere entrato nell’Ordine, venne a conoscenza di una convocazione di Pio XI che sollecitava volontari per il Collegium Russicum, a Roma, destinato a preparare giovani chierici per l’apostolato nella terra degli zar. Appena udito l’appello del Pontefice, sentì dentro di sé la chiamata di Dio e, dopo aver comunicato il suo desiderio al superiore e averne ottenuto l’assenso, partì per la Città Eterna.
Durante i suoi studi a Roma, Walter imparò persino a celebrare la Messa nel rito bizantino. Tuttavia, dopo la sua ordinazione sacerdotale nel 1937, ebbe una delle maggiori delusioni della sua vita: in quel momento era impossibile inviare apostoli in Russia. Fu quindi assegnato a una missione di rito orientale ad Albertyn,1 in Polonia.
Malgrado le contrarietà rispetto al piano originario, nel cuore del giovane gesuita restava accesa la speranza. «Non ho mai dubitato», avrebbe poi affermato, «che fosse volontà di Dio che un giorno mi sarei trovato in Russia».2
Le perplessità della vita
Ad Albertyn il tempo sembrava trascorrere senza grandi preoccupazioni fino al settembre del 1939, quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. L’esercito tedesco si impadronì presto di Varsavia e l’Unione Sovietica, che stava conquistando la Polonia Orientale, arrivò poco dopo nella città dove Padre Ciszek svolgeva il suo apostolato.
Di fronte alla persecuzione e alle tribolazioni per le quali passavano i fedeli, incessanti domande invasero la sua mente: come poteva Dio tollerare tali calamità? Perché non permetteva almeno che il suo gregge fosse nutrito e confortato in mezzo a quella sciagura? Che cosa si aspettava il Signore dal popolo semplice e umile di Albertyn dopo aver permesso tutto quello che stava accadendo?
Di fronte a quella catastrofe, comprese un’importante verità: quando viviamo la tranquilla routine di ogni giorno, ci sentiamo sicuri e ci accomodiamo in questo mondo, cercando in esso il nostro sostentamento fisico e morale; e gradualmente dimentichiamo che ciò è concesso dalla Divina Provvidenza. Come risultato, ci ricordiamo appena del nostro Padre Celeste e Lo cerchiamo solo nelle situazioni di crisi, generalmente «con l’atteggiamento di bambini capricciosi e ostinati».3
Ora, Dio non è e non può essere l’autore o la causa del male e del peccato. Ma molte volte Egli Si serve delle tragedie per ricordare alla nostra natura decaduta la sua presenza e il suo amore per noi. Per questo dobbiamo essere consapevoli che tutto quanto ci accade è, di fatto, permesso dalla Provvidenza.
Come discernere la volontà di Dio?
Una sera Padre Ciszek ricevette la visita di un grande amico di scuola, Padre Makar, desideroso di fargli un invito. Voleva chiedergli riguardo alla possibilità di partire per la Russia, visto che si stava pianificando la cancellazione delle missioni ad Albertyn. I sovietici stavano assumendo operai per le fabbriche comuniste e il piano consisteva nell’approfittare dell’occasione e mettersi in lista in quei gruppi di lavoro. L’euforia di Padre Walter non conobbe limiti! Dopo tutto, si delineava all’orizzonte la missione che aveva sognato.
Ciò nonostante, il mattino seguente fu tormentato da dubbi che offuscarono la sua mente: «Non stavo forse seguendo i miei desideri e fingendo che si trattasse della volontà di Dio?».4 Soprattutto, lo tormentava l’idea di abbandonare i suoi parrocchiani di Albertyn. In fondo, anche se la missione di rito orientale stava per finire, la parrocchia latina sarebbe rimasta.
Il suo cuore vacillava. Quando si proponeva di rimanere in Polonia, si turbava, nonostante pregasse Dio; quando optava di partire per la Russia, allora si calmava. In quei momenti egli comprese, in forma sensibile, una verità consacrata dalla spiritualità cattolica: «Che la volontà di Dio si può discernere dai frutti dello spirito da lei prodotti; che la pace nell’anima e la gioia nel cuore sono due di questi segni, purché non siano basati sui desideri dell’io, ma derivino da un impegno pieno e da un’apertura esclusiva a Dio».5
Così decise di partire senza ulteriori indugi.
«Prendi la tua croce e seguiMi»
Tutto sembrava filare liscio… Quando arrivarono in Russia, però, si imbatterono in una situazione molto diversa da quella che avevano immaginato. L’alloggio era precario, il lavoro duro e la paga esigua. Ma tutto questo sarebbe stato sopportabile, se non si fosse aggiunto a una realtà molto più preoccupante: un po’ per paura del governo, un po’ per tiepidezza, il popolo che viveva lì non voleva parlare di Dio né della Religione, e tanto meno era interessato a praticarla.
Il piano di apostolato che avevano tanto desiderato realizzare andò in fumo in pochi istanti. Solo con grande difficoltà potevano celebrare la Messa, e lo facevano nella foresta perché era espressamente vietato dal governo. La delusione lasciò il posto alla disillusione e quest’ultima a un terribile sconforto.
L’accidia è uno dei mali peggiori che possono affliggere un’anima, perché la porta a diffidare e ad allontanarsi da Dio. Padre Walter lo spiega bene: «Si tratta della tentazione di dire: ‘Questa vita non è come pensavo che sarebbe stata. Non era questo quello che volevo. Se avessi saputo che sarebbe stata così, non avrei mai fatto quella scelta, non avrei mai fatto quella promessa. Che il Signore mi perdoni, ma voglio tornare indietro’».6
La sofferenza si rivela come un marchio distintivo di ogni cattolico: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e Mi segua» (Lc 9, 23). È quindi necessario compiere la volontà di Nostro Signore, ma non falsamente, secondo i nostri criteri e la nostra immaginazione.
La preghiera: l’unica soluzione
Il 22 giugno 1941 la Germania dichiarò guerra alla Russia. Quella stessa notte, la polizia segreta si recò nei capannoni dove vivevano i lavoratori del legno per arrestarli. Tra loro c’erano Padre Walter e i suoi due amici sacerdoti, tutti sospettati di spionaggio.
Il missionario avrebbe ora attraversato innumerevoli difficoltà: la mancanza di cibo, la ripugnante sporcizia del carcere, la sensazione di abbandono. Ma il peggio doveva ancora cominciare. Trasferito nella temuta prigione di Lubianka, a Mosca, perché considerato un agente del Vaticano, il sacerdote dovette sopportare la reclusione in una piccola cella, dove doveva trascorrere l’intera giornata in piedi, sottoposto a una terribile solitudine, a una rigida routine e a continui interrogatori.
Padre Walter confessa che continuava a provare sentimenti di ottimismo e di fiducia in se stesso e di essere stato orgoglioso di rimanere fermo di fronte agli interrogatori, ma ben presto si rese conto di aver fallito nel tentativo di convincerli della sua innocenza. In quell’occasione imparò più che mai a rivolgere la sua anima alla preghiera.

Padre Walter Ciszek prigioniero in Russia
Infatti, chi si pone sempre alla presenza del Signore comprende che la preghiera è l’unico sostegno in tutte le circostanze della vita, ma soprattutto nei momenti di crisi e di scoraggiamento, perché «se fossimo capaci di raggiungere l’unione con Dio nella preghiera, percepiremmo chiaramente la sua volontà e non vorremmo altro che conformare la nostra volontà alla Sua».7
Umiltà e abbandono a Dio
La sua fiducia soprannaturale, tuttavia, vacillava ancora: «Ero stanco dello sforzo, stanco della lotta, stanco soprattutto di brontolare nel silenzio della [cella] solitaria […]. I dubbi mi stancavano, così come la paura, l’ansia e lo stress costanti».8
A un certo punto, si presentò un uomo simpatico che si offrì di dargli la libertà se avesse collaborato con il governo sovietico. Poiché il sacerdote esitava spesso nella sua decisione, un giorno l’interrogatore lo convocò e gli mostrò alcuni documenti da firmare. Con sua grande sorpresa, le pagine contenevano reati che non aveva mai commesso. Si trovò quindi di fronte a un bivio: la morte e la tortura nel caso si fosse rifiutato di collaborare, o la tanto attesa “libertà” se avesse capitolato, firmando i documenti.
Si ricordò, allora, della promessa fatta da Nostro Signore che il Divin Paraclito avrebbe parlato attraverso i cristiani portati al giudizio. «Ho pregato», testimonia Padre Ciszek, «affinché lo Spirito Santo mi guidasse… e non sentii nulla».9 Il presentimento della morte imminente, la sensazione dell’abbandono divino, la disperazione e la paura di fronte all’interrogatore, lo lasciarono così scosso che iniziò immediatamente a firmare uno a uno i fogli contenenti le false accuse contro di lui.
Quando finì di firmarli, si ritirò nella sua stanza, tormentato e teso al punto da arrivare agli spasmi. Ma a poco a poco si calmò e tornò alla preghiera. Perché si era comportato così? «La risposta era in una sola parola: ‘io’. Mi sentivo pieno di vergogna perché sapevo nel profondo che avevo cercato di realizzare molte cose da solo e avevo fallito. […] Negli anni avevo trascorso molto tempo in preghiera, ero riuscito ad apprezzare la Provvidenza e ad essere grato a Dio per questo, per la sua cura nei miei confronti e per tutta l’umanità, ma non mi ero mai abbandonato completamente».10
Questo fu il suo principale errore: aveva riposto troppa fiducia in se stesso, credendo nella propria capacità di superare da solo tutti i mali. Da qui concludeva: «Era stato Dio che mi aveva messo alla prova con quell’esperienza, come l’oro nella fornace; voleva vedere quanto del mio ‘io’ rimaneva ancora dopo tutte le preghiere e tutte le professioni di fede nella sua volontà».11
Compimento della volontà di Dio
Nonostante la sua collaborazione con il governo russo, la sua tanto attesa “libertà” era ancora lontana. Sarebbe dovuto rimanere altri quattro anni sottoponendosi a interminabili interrogatori a Lubianka, oltre a quindici anni di lavori forzati in Siberia e ad altri tre anni di presunta libertà in terre russe.
Tuttavia, fu durante le terribili sofferenze in Siberia e in libertà in territorio russo che egli poté realizzare tutto l’apostolato che desiderava: tornare a celebrare la Santa Messa, ascoltare Confessioni, battezzare, confortare i malati e assistere i moribondi. Questi erano i disegni di Dio a suo riguardo, e si stavano realizzando in modo inatteso.

Padre Walter Ciszek nel giorno del suo ritorno negli Stati Uniti
Come era riuscito a sopravvivere per anni in condizioni così atroci? Questa era la domanda che gli ponevano gli intervistatori non appena tornò negli Stati Uniti il 12 ottobre 1963. «La Divina Provvidenza», rispondeva Padre Walter Ciszek. «Ho potuto vedere molta gente soffrire nei campi e nelle prigioni; io stesso ho quasi perso la speranza. Ma ho imparato a cercare consolazione in Dio in queste ore buie e a confidare solo in Lui».12
A nessuno Dio chiede l’impossibile; per compiere la sua volontà, Egli esige solo l’abbandono nelle sue mani. ◊
Note
1 Attuale Slonim, situata in Bielorussia.
2 CISZEK, SJ, Walter Joseph; FLAHERTY, SJ, Daniel L. Pelos vales escuros. São Paulo: Quadrante, 2018, p.32.
3 Idem, p.27.
4 Idem, p.33.
5 Idem, p.37.
6 Idem, p.46.
7 Idem, p.80.
8 Idem, p.87.
9 Idem, p.89.
10 Idem, p.93.
11 Idem, p.97.
12 Idem, p.14.