III Domenica di Pasqua
Meditando sulla terza apparizione del Risorto narrata nel Vangelo di questa domenica (Gv 21, 1-19), la figura di San Pietro spicca per il suo comportamento di fronte al Signore.
Con il suo caratteristico temperamento focoso, Simone è il primo a gettarsi in acqua per andare incontro al Divin Maestro che li attende sulla spiaggia; è colui che corre alla rete per portare i pesci richiesti da Gesù; è colui che, con tre atti d’amore, ripara la defezione avvenuta nella notte della Passione (cfr. Gv 18, 15.25-27); infine, è il pastore che viene confermato nella cura del gregge e che suggellerà il suo primato attraverso il martirio profetizzato dal Signore.
Ciascuno di questi momenti della narrazione, semplice ma sublime, rivela, anche nel contesto precedente alla Pentecoste, alcune delle caratteristiche del vero pastore di anime.
Quando il primo Papa si getta in acqua e nuota verso «il Signore» (Gv 21, 7), ci mostra che è necessario affrontare qualsiasi ostacolo per stare presso il Redentore, anche – o soprattutto! – se ancora non siamo perfetti.
Nell’affrettarsi a togliere la rete dalla barca per prendere alcuni pesci, come richiesto da Gesù, dimostra che il pastore, pur avendo la missione di governare il gregge, deve sempre essere in un atteggiamento di servizio sia verso le pecore che verso il loro Supremo Proprietario.
Il momento in cui fa ammenda per il suo triplice rinnegamento davanti agli altri Apostoli evidenzia quanto sia inammissibile nella persona che si occupa della guida delle anime avere atteggiamenti o parole dubbie che possano generare confusione tra i fedeli. L’amore deve essere proclamato alla luce del sole, in modo definito! E se ci sono stati errori che hanno scandalizzato, è necessaria anche una ritrattazione pubblica.
L’opportunità di queste attitudini è sottolineata dal Divin Pastore quando, confermando per tre volte Pietro nel ruolo di pastore del gregge, usa le espressioni: «Pasci i miei agnelli» e «Pasci le mie pecorelle». (Gv 21, 15-16). Ogni membro del Corpo Mistico di Cristo appartiene a Nostro Signore. Il Papa è il suo rappresentante, ma non il proprietario del gregge; è il suo vicario, ma dovrà rendere conto con severità della propria amministrazione.
Come possiamo discernere nei pastori il loro grado di fedeltà? La prima lettura (At 5, 27b-32.40b-41) mostra San Pietro trasformato dal Paraclito e che riconosce in sé la sua azione: «E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo» (At 5, 32). E il segno che di fatto Lo possiede è l’obbedienza alla missione divina di predicare il Vangelo, anche se fosse necessario affrontare il mondo intero. Il mondo – con i suoi falsi profeti che insegnano l’errore – cerca di mettere a tacere la verità e perseguita coloro che hanno il sigillo del dono di Dio.
E non è tutto. Il pastore, quando è autentico, deve spingere la sua dedizione all’estremo, portando quindi con sé il bastone della croce. Disposto a superare i limiti dell’eroismo, ha sempre davanti a sé la prospettiva di dare la propria vita per le pecore attraverso il martirio, se – che gloria! – così deciderà Dio. In questo senso, che testimonianza diede il primo Papa di essere non un mercenario, ma un vero discepolo del Signore del gregge, come profetizza Gesù nel Vangelo di questa domenica!
Preghiamo affinché Dio ci mandi pastori secondo il suo cuore e ci dia l’acume evangelico per discernere i veri dai falsi. ◊