Prediletti di Dio

Chi soffre la persecuzione per amore della giustizia può passare attraverso aridità e prove terribili, ma è continuamente sostenuto, conservando in sé una felicità interiore che vale più di tutte le gioie terrene.

Vorrei fare una riflessione su una beatitudine: «Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il Regno dei Cieli!» (Mt 5, 10).

In ognuna delle Beatitudini, Nostro Signore Gesù Cristo enuncia un principio in accordo con l’ordine naturale o soprannaturale delle cose; pertanto, è conforme alla saggezza, alla giustizia e alla bontà di Dio che ciò sia così.

Il fatto che il Divin Salvatore lo enunci non fa sì che, in quell’atto, questa beatitudine diventi effettivamente operativa. Al contrario, dall’inizio del mondo, da Abele assassinato da Caino fino all’ultimo martire che dovrà morire prima della fine dei tempi, tutti coloro che subiscono persecuzioni per amore della giustizia hanno la promessa del Regno dei Cieli.

Le sofferenze dell’anima sono più terribili di quelle del corpo

Per capire perché è nella natura delle cose, dobbiamo analizzare cosa sono “persecuzione” e “per amore della giustizia”.

Per quanto riguarda la prima, coloro che hanno più o meno la mia età1 hanno sentito parlare così tanto delle persecuzioni romane contro i cristiani che, quando si parla di questo argomento, si ricordano di coloro che sono stati martirizzati nel Circo Massimo o nel Colosseo al tempo dell’Impero Romano d’Occidente. Questi, che hanno pagato con la vita la loro fede, sono i perseguitati per eccellenza.

Poi, con un piccolo sforzo della ragione, concordiamo sul fatto che, ad esempio, anche le vittime cattoliche dei campi di concentramento nazisti hanno subito persecuzioni. Morirono perché erano cattolici; quindi anche loro sono martiri. In questa condizione si trova, ad esempio, San Massimiliano Kolbe, che era veramente un santo e che morì vittima della sua fedeltà alla Fede Cattolica e del suo desiderio di aiutare persone che stavano per morire di una morte terribile in una camera di sterminio nazista.

Sacerdoti e civili polacchi tenuti in ostaggio dalle truppe naziste nella città di Bydgoszcz (Polonia) nel 1939

Ma nella nostra mente rimane sempre l’idea che la vera persecuzione sia quella cruenta, cioè quella che toglie la vita o almeno ferisce il corpo di qualcuno. La persecuzione psicologica, la tortura morale inflitta a una persona perché ama la giustizia, si presenta più raramente a noi come tale.

Ora, per quanto dure possano essere le sofferenze del corpo, la parte più nobile dell’uomo è l’anima; e le sofferenze dell’anima, quando sono grandi, sono più terribili delle grandi sofferenze fisiche.

Nell’Orto degli Ulivi, Nostro Signore ha subito la sua crocifissione psicologica e morale

L’uomo soffre più nell’anima che nel corpo. Questa è la ragione per la quale, tra tutti gli episodi della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, ho una venerazione più profonda e più facile per l’agonia nell’Orto, perché lì, a dire il vero, Egli ha subito la sua crocifissione psicologica e morale. Il Redentore previde tutto ciò che Gli sarebbe stato fatto fino alla fine, e lo accettò. Dovette assoggettarSi anche al sonno e all’infedeltà degli Apostoli; e poi venne tutto il resto.

Questa sofferenza fu così grande che, secondo i Vangeli, Gesù cominciò a sentire tedio – che significa aridità – e paura per ciò che stava per accadere, e giunse persino a sudare sangue, che è una delle manifestazioni più terribili di sofferenza morale (cfr. Mt 26, 37-38; Mc 14, 33-34; Lc 22, 44).

“Preghiera nell’Orto”, di Gregório Lopes – Museo Nazionale di Arte Antica, Lisbona (Portogallo)

La sofferenza morale fu maggiore della sofferenza fisica nel corso di tutta la Passione. Tanto che, essendo quest’ultima inenarrabile, Nostro Signore Si lamentò in cima alla Croce della prima, dell’aridità in cui la Provvidenza Lo aveva lasciato, dell’abbandono della Sua santissima umanità: «Dio mio, Dio mio, perché Mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46; Mc 15, 34).

Non è una domanda di ribellione o di malcontento, ma è simile alla domanda piena di sottomissione che la Madonna fece a Gesù quando, da bambino, sparì. Lo trovò nel Tempio e Gli chiese: «Figlio, perché ci hai fatto così?» (Lc 2, 48). Si trattò di una grande sofferenza dell’anima.

Gesù, quindi, soffrì nel suo Corpo santissimo dolori atrocissimi durante la sua Passione; ma i dolori morali furono maggiori.

Per questo motivo, l’iconografia della Chiesa ci presenta Nostro Signore con il Corpo coperto di ferite, mentre lo sguardo traduce una sofferenza maggiore dovuta alle infedeltà e all’ingratitudine che Egli ricevette, e alla malvagità con cui fu perseguitato.

Cioè, concludiamo ancora una volta che la persecuzione morale, che fa soffrire l’anima, è più crudele della persecuzione che fa soffrire il corpo.

La peggior forma di persecuzione è trascinare le anime al peccato

Ne abbiamo una controprova nell’atteggiamento di alcuni martiri del tempo dell’Impero Romano d’Occidente. Un certo numero di essi entrò nell’arena così felice da dare l’impressione che stessero già entrando in Paradiso, perché la sofferenza dell’anima era stata loro risparmiata da un disegno di Dio. Nell’ora in cui sarebbero stati vittime di un giaguaro, di una tigre, di un leone, essi si sentivano inondati di consolazione, risplendevano di gioia, lasciando completamente esterrefatti i pagani che assistevano al martirio e che non riuscivano a capire come, in un’offerta così terribile, una persona potesse essere gioiosa.

Perché questa gioia? La sofferenza del corpo era presente, ma quella dell’anima era assente. Allora, il tipo principale di persecuzione è quello dell’anima, con il quale si cerca di tentarla e trascinarla al peccato, facendo soffrire l’anima finché non acconsente al peccato. Si tratta della forma di persecuzione per eccellenza.

“Giustizia”: sintesi di tutte le virtù

L’altro punto: perseguitati “per amore della giustizia”.

Qual è il significato di “giustizia” in questa beatitudine? Non si tratta solo della virtù cardinale della giustizia, con la quale a ciascuno viene dato ciò che gli è dovuto, ciò a cui ha diritto. La parola giustizia è usata nell’Antico Testamento per indicare le virtù in blocco: le virtù teologali, le virtù cardinali e tutte le virtù derivate. Pertanto, non si viene odiati per i propri difetti, ma per le proprie qualità.

Passiamo ora alla ragione più profonda delle cose. L’individuo che subisce persecuzioni per amore della giustizia sa perfettamente – e se non è un uomo colto, ha per lo meno un’intuizione, perché ognuno, quando si tratta del suo interesse individuale, è alquanto intuitivo – che viene perseguitato per questo motivo. E si rende anche conto che se smette di amare la giustizia, di praticare la virtù o di promuovere la virtù degli altri, questa persecuzione cesserà.

Per esempio, il ragazzino che i compagni prendono in giro perché è casto, sa bene che se compie un’indecenza, tutte le antipatie nei suoi confronti cesseranno. Tutti coloro che sono perseguitati conoscono in modo più o meno confuso la causa di tale persecuzione.

Premio per coloro che amano i beni eterni al di sopra di quelli terreni

Ora, pur sapendo perché è perseguitato, preferisce accettare una vita difficile, piena di opposizioni, calunnie e critiche, piuttosto che rinunciare alla virtù. Ciò significa che per amore dei beni eterni, soprannaturali, egli sacrifica la sua felicità sulla terra.

La castità, ad esempio, è una virtù naturale. Ma se l’individuo la pratica per fare la volontà di Dio, nella prospettiva della Rivelazione, dell’osservanza dei Comandamenti, compie un atto soprannaturale.

Così, quando preferisce essere perseguitato piuttosto che rompere con quello che, con un’espressione inadeguata, chiameremmo un valore soprannaturale, dà una prova evidente che ama ciò che è ultraterreno ed eterno più di ciò che è terreno.

Allora, poiché in questa vita la persona si è talmente attaccata a ciò che è eterno e soprannaturale al punto da sacrificare la gioia terrena, ha come ricompensa ciò che ha amato: il Regno dei Cieli.

In altre parole, questo è dato come ricompensa a colui che, soffrendo la persecuzione, ha perseverato; a colui che, per difendere i valori eterni, ha sacrificato la sua vita terrena. Come premio, viene osculato da Dio, personificazione delle virtù che ha praticato e che contemplerà faccia a faccia per tutta l’eternità. Ha sacrificato tutto sulla terra e avrà tutto nel Regno dei Cieli.

Il Regno dei Cieli si realizza già su questa terra

Ma il Regno dei Cieli non esiste solo nell’altra vita. Si realizza già su questa terra. Cioè, chi è perseguitato per amore della giustizia ha una pace, una tranquillità di coscienza, un ordine interiore che il peccatore non possiede. Il Regno dei Cieli abita in lui per il fatto che pratica i Comandamenti e rimane in stato di grazia.

Per questo, ha la protezione, il sostegno della Madonna già in questo mondo; può passare attraverso aridità e prove terribili, ma è continuamente sostenuto, conservando in sé una felicità interiore che vale più di tutte le gioie terrene.

San Paolo, in una delle sue epistole, racconta tutto quello che aveva sofferto, compresi episodi in cui è naufragato, è dovuto fuggire da una città in una cesta attraverso la finestra di una casa e una serie di altre cose (cfr. 2 Cor 11, 23-27.33). Ebbene, in mezzo a queste tribolazioni egli traboccava di gioia.

Non si trattava direttamente di una gioia di benessere, di consolazione sensibile, ma di una gioia profonda dell’anima, proveniente dalla rettitudine che possedeva.

Le persecuzioni sono una prova dell’amore di Dio

Pertanto, essere perseguitati per amore della giustizia costituisce un motivo di gioia. È la prova che si sta con il bene, che si può avere la coscienza tranquilla. Essere perseguitati dai malvagi significa seguire le orme di Nostro Signore Gesù Cristo, andare dove Lui è andato, portare la sua Croce come Simone il Cireneo.

Noi portiamo la Croce di Cristo nella misura in cui accettiamo di essere perseguitati con Lui. E così come il Cireneo è diventato famoso nella Storia ed è considerato un beato perché ha portato la Croce, spetta a noi rendere grazie a Dio se siamo scelti per farlo.

Infatti, non tutti subiscono persecuzioni per amore della giustizia. Dio dà una prova speciale del suo amore quando sceglie qualcuno perché sia perseguitato, perché faccia le veci di Cristo. Si tratta di una gloria enorme, che dobbiamo apprezzare nel suo giusto valore.

«Metti i tuoi piedi dove ho messo i miei»

Immaginiamo un re che si avvicini a uno dei suoi sudditi e gli dica quanto segue:

— Domani devo entrare solennemente in una città, ma non posso andarci. Allora farai tu le veci del re; quando sarai lì, da’ questo avviso. Sarai bene accolto da tutti e sarai messo in una macchina con un magnifico sedile. Dovrai percorrere tutta la città e la gente ti acclamerà.

Il Dott. Plinio nel 1975

Il suddito si inginocchierebbe ai piedi del re e risponderebbe:

— Mio signore, che onore potervi sostituire in una tale funzione. Vi ringrazio.

Più che questo, dobbiamo dire a Nostro Signore Gesù Cristo attraverso la Madonna: «Mio Signore, quale onore fare le tue veci e portare la tua Croce! Che bontà da parte tua offrirmi questo. Accetto, dammi la forza! Madre di Misericordia, aiutami!».

A volte è difficile avere questa forza. Una certa suora fu favorita da una visione di Nostro Signore Gesù Cristo che portava la Croce e la invitava a seguirLo. Ella si mise in cammino, ma calpestava pietre e altri ostacoli che la facevano soffrire terribilmente, e a stento riusciva a tenere il passo del Redentore.

Allora Gesù Si voltò verso di lei e disse: «Ti insegnerò un mezzo grazie al quale le forze non ti mancheranno. Guarda la terra e nota dove lascio i segni dei miei piedi; invece di mettere i tuoi piedi altrove, mettili dove ho messo i miei, e allora il cammino ti sarà facile».

Uniamoci alla Madonna e cerchiamo di soffrire con Lei; in questo modo saremo sul cammino facile e sicuro di cui parla San Luigi Maria Grignion de Montfort. Maria Santissima ci aiuterà e raggiungeremo la nostra meta.

Estratto, con adattamenti, da:
Dr. Plinio.
São Paulo. Anno XIV.
N.159 (giugno 2011); pp.27-30

 

Note


1 Il Dott. Plinio aveva sessantasei anni quando pronunciò la conferenza qui trascritta.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Altro dall'autore

Articoli correlati