Un antico interprete del Cantico dei Cantici, commentando il passo: “Pasci i miei capretti”, lo applica senza difficoltà a Maria nei confronti dei peccatori.

I peccatori, dice, fanno giustamente parte del gregge di Maria. Non perché Ella li voglia così come sono, destinati ad essere posti alla sinistra del Giudice, ma perché li adotta per garantire loro un posto alla destra, trasformandoli in agnelli fedeli […].

Non c’è dubbio che l’agnello sia preferibile al capretto. Allo stesso modo, nulla vale quanto il candore di un’anima innocente; felici coloro che, simili a un agnello senza macchia, meritano le carezze della Vergine delle vergini, che tra i suoi titoli ha quello di “Divina Pastora”. Ma ai peccatori resta un’immensa consolazione: confessandosi meritevoli di stare alla sinistra del Giudice, dipende unicamente da loro rivolgersi con fiducia a Maria, entrare a far parte del suo gregge e convertirsi prontamente in agnelli. […]

Per infermi che siamo, per quanto disperato appaia lo stato della nostra anima, se vogliamo essere curati, Maria ci adotterà come suoi malati. E poiché non esiste malattia spirituale che sia incurabile in questa vita e nessuna può resistere alle cure dell’onnipotente Madre di Dio, Ella ci curerà. La sua gloria, come quella di un abile medico, risplenderà in proporzione alla gravità dei mali da cui ci ha salvato.

Poi, una volta guariti e strappati alla morte, durante i pericoli di una convalescenza che sarà lunga quanto la nostra vita, questa dolce Madre ci amerà sempre e veglierà su di noi, come un medico continua a vegliare sui suoi pazienti anche dopo la loro guarigione. Avremo un titolo più speciale per contare sulla sua protezione materna.

 TISSOT, Joseph. “L’arte di utilizzare le proprie colpe”,
Ed. La Buona stampa, Lugano, 2019, pp.267-268

 

Nella foto evidenziata: La Divina Pastora, di Miguel Cabrera – Museo Nazionale d’Arte, Città del Messico

 

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