Quasi sconosciuta al continente europeo fino alla fine del IV secolo, l’Irlanda divenne profondamente cristiana con l’evangelizzazione avviata da San Patrizio. E la straordinaria fioritura della vita religiosa verificatasi in quelle terre valse loro l’appellativo di Isola dei Santi.
A partire dall’inizio del VI secolo, però, numerosi monaci la lasciarono per dedicarsi all’evangelizzazione dei popoli barbari dell’Europa nascente. «Il monachesimo irlandese divenne un ponte tra l’Impero Romano e la sua cultura che stava scomparendo, e il nuovo mondo che stava lottando per venire alla luce».1
Tra tutti i religiosi che lasciarono l’isola in quel periodo, San Colombano si distingue mirabilmente come il più insigne missionario irlandese.
Giovane di grande intelligenza e bellezza
Poco si conosce della sua nascita e dei suoi primi anni di vita. Si sa che nacque a Leinster intorno all’anno 550, epoca della morte del patriarca San Benedetto.
La sua educazione e la sua istruzione furono molto accurate fin dalla culla, avendolo i suoi genitori iniziato allo studio delle Sacre Scritture e delle scienze letterarie. «Studiò Grammatica, Retorica, Geometria e altre discipline più adeguate a formare un giovane colto, secondo l’usanza di quei tempi e luoghi».2
Oltre alle doti dello spirito, la Provvidenza lo aveva dotato di grazia e di una particolare bellezza fisica, cosa che poteva essere motivo per abbandonarsi alle passioni disordinate e ai peccati. Infatti, non mancavano giovani donne vanitose che, mosse dalla lascivia, cercavano invano di trascinarlo alla perdizione.
A quindici anni, inorridito dagli inganni di questa vita passeggera e sentendo la necessità di preservarsi dai disordini del mondo, chiese consiglio a una vergine reclusa che viveva in odore di santità nei dintorni. Le espose le sue tentazioni, chiedendole di indicargli un rimedio sicuro per non cadervi. «Fuggi […] se vuoi salvarti. Per la tua età e per le circostanze, non c’è cautela che sia sufficiente se rimani nel secolo. Non credere di poter parlare e camminare impunemente in mezzo alle vanità femminili senza sperimentare il loro veleno […]. Fuggi, mio caro figlio; fuggi se vuoi evitare cadute e forse la rovina eterna!»3
L’inizio di una grande vocazione
Le parole della venerabile anziana ebbero profonde ripercussioni in Colombano. Si rese conto che questa era la chiamata di Dio e fuggì dal mondo e dai suoi pericoli. Si ritirò prima nella casa di un sant’uomo di nome Silene, molto pio e grande conoscitore dei testi sacri, e poi si recò al monastero di Bangor, allora il più celebre d’Irlanda.
Con tremila monaci permeati del primitivo fervore monastico, il cenobio brillava illuminato dal suo abate, San Congal, noto per l’austerità e il tratto paterno nel dirigere i suoi discepoli. Deciso ad essere un vero santo, Colombano fu da lui accolto benevolmente. Ricevuto l’abito monastico, il suo spirito ardente trovò lì il nutrimento che desiderava, compiendo passi eroici nelle vie della rinuncia e dell’abnegazione. Rimase lì poco più di dieci anni, durante i quali fu ordinato sacerdote.
Sentiva, però, che altre terre e altri popoli lo chiamavano e decise di partire per la Gallia. San Congal, vedendo in quel desiderio un’ispirazione divina, gli concesse l’autorizzazione a partire con dodici dei suoi discepoli, in onore dei dodici Apostoli.
Frutti abbondanti del suo ardore apostolico
In pochi giorni di viaggio sbarcò in Gallia, terra alla quale avrebbe consacrato metà della sua vita. Proprio in quell’epoca si parlava di un’enorme decadenza dello spirito religioso, che un secolo prima con Clodoveo aveva avuto un così buon inizio e che in seguito aveva cominciato a soffrire le frequenti invasioni dei nemici esterni o la negligenza dei pastori.
In Borgogna, il re Gontran gli offrì un antico castello romano in rovina, nel mezzo della foresta, per stabilirvisi. Lì diede vita alla sua prima fondazione, Annegray, che divenne famosa in tutta la regione. Trascorse diversi anni tra le sue severe mura conducendo una vita rude e austera, finché l’eccessivo numero di discepoli lo obbligò ad avviare una nuova fondazione, il monastero di Luxeuil, che nei secoli successivi fu uno dei centri più potenti e illustri della cultura e della civiltà europea, una sorta di Montecassino francese. Seguì poi la fondazione del monastero di Fontaine.
Da queste iniziative scaturirono immensi benefici. I boschi e le regioni incolte dove erano stati fondati i monasteri furono presto coltivati e dissodati. Innumerevoli regioni dell’attuale Francia furono urbanizzate dai monaci, che «sapevano svolgere il pesante lavoro dei campi con la stessa perfezione con cui scrivevano le delicate pergamene dei loro codici e si sforzavano di guidare le anime con le loro ardenti parole».4
Un faro di virtù e santità
In poco tempo l’azione di Colombano diede un forte impulso alla vita religiosa e temporale in Europa, poiché «si può dimostrare che più di cinquanta [monasteri] di tutto il continente passarono sotto l’influenza dei monaci da lui portati. D’altra parte, proprio questo incomparabile insieme di monasteri è stato nei secoli successivi la base di tutto ciò che significa civiltà».5
La sua influenza personale era altrettanto potente. I suoi discorsi appassionati sembravano trasmettere la voce dell’Altissimo agli uomini, e nel suo volto brillava visibilmente la forza di Dio. I Vescovi lo guardavano con ammirazione e rispetto, i re venivano a consultarlo da ogni dove e il popolo lo venerava. Quando lasciava il suo monastero e visitava una provincia, le vocazioni sbocciavano dietro i suoi passi.
Il Signore gli comunicò anche il dono di imprimere nel cuore dei giovani il più puro ed elevato spirito monastico e di riuscire a svilupparlo in essi in modo incomparabile. I bambini gli venivano affidati dai genitori affinché li istruisse nella pietà e nelle lettere e li formasse nella disciplina monastica.
La regola e la disciplina, veicoli di attrazione per la vita monastica
Nelle mani vigorose di questo santo abate, oltre al lavoro, anche la preghiera assunse proporzioni fino ad allora inedite. La moltitudine di monaci, formata sia da servi che da nobili, crebbe rapidamente fino a raggiungere le seicento unità, occasione propizia che egli seppe cogliere per istituire la cosiddetta laus perennis, una serie di preghiere ed inni recitati durante tutta la giornata, durante la quale i monaci elevavano le loro voci, «instancabili come quelle degli Angeli»,6 in lodi a Dio, pregando per i peccatori, per la Cristianità e per la concordia tra i re.
L’instancabile abate anche a Luxeuil, dove visse per quasi vent’anni, compose una regola monastica a fondamento e sostegno dell’edificio spirituale che aveva iniziato – la Regula monachorum – che ebbe una diffusione maggiore di quella benedettina.
Lasciò anche un penitenziale – De pœnitentiarum misura taxanda – con il quale «introdusse nel continente la confessione e la penitenza private e reiterate; fu detta penitenza ‘tariffata’ per la proporzione stabilita tra gravità del peccato e tipo di penitenza imposta dal confessore. Queste novità destarono il sospetto dei Vescovi della regione, un sospetto che si tramutò in ostilità quando Colombano ebbe il coraggio di rimproverarli apertamente per i costumi di alcuni di loro».7
Azione che non mancò di suscitare nemici
Quando si trovava in Austrasia, regione che interessava la frontiera tra la Francia e la Germania attuali, fu coinvolto in un conflitto con la Regina Brunilde, nonna del giovane Re Teodorico, per l’onore della morale cristiana.
L’ambizione di regnare da sola travolse Brunilde: infatti, temendo che il monarca sposasse una principessa che avrebbe messo in ombra il suo potere, lo influenzò a vivere con concubine. Mosso dal suo zelo pastorale, il santo abate ottenne che il re si sposasse legittimamente, ma tale fu la pressione della nonna che in meno di un anno Teodorico ripudiò la sua legittima moglie e si diede a una vita da adultero.
Un giorno, essendo in visita alla corte, il monaco si imbatté in questa donna indegna che gli presentò i quattro figli illegittimi di Teodorico:
— Questi sono figli del re, li fortifichi con una benedizione.
— No! – rispose Colombano – Essi non regneranno.8
Da quel momento Brunilde gli giurò una guerra mortale. Proibì ai suoi monaci di lasciare il monastero e di ricevere aiuto da chiunque. L’intrepido irlandese andò quindi a trovare Teodorico nel suo palazzo per illuminarlo e cercare di riportarlo ai buoni costumi. Quando seppe che l’abate era arrivato ma non voleva entrare, il re gli inviò un pasto sontuosamente preparato allo scopo di conquistarlo. Colombano si rifiutò di accettare il cibo dalle mani di colui che aveva appena permesso che venisse inferto un colpo così duro ai suoi figli spirituali. Fece solo un segno di croce sui piatti che contenevano le varie pietanze e tutti si ruppero miracolosamente.
Teodorico fu molto spaventato dal prodigio e venne a chiedergli perdono, promettendo di correggersi. Ma il re ricadde nella sua dissolutezza e, su pressione della nonna, espulse brutalmente il Santo dai suoi territori, minacciando persino di violare la regola dei conventi. Colombano, tuttavia, lo avvertì con la sua consueta audacia: «Se verrete qui a distruggere il nostro monastero, il vostro regno sarà distrutto con tutta la vostra discendenza». 9
Ingiusto esilio
Colombano fu portato dalla sua comunità alla città di Besançon, in attesa che decidessero la sua sorte. Nel frattempo, il valoroso guerriero di Cristo riprese il cammino verso Luxeuil per stare con i suoi monaci. Il re, accecato dalla collera, inviò degli emissari per riportarlo indietro, anche a costo di usare la forza.
Gli uomini arrivarono mentre stava pregando i salmi con la comunità e gli ordinarono di tornare a Besançon da dove avrebbe dovuto lasciare il continente. Egli rispose che, dopo aver abbandonato la sua patria per il servizio di Gesù Cristo, sapeva che non era volontà di Dio che vi tornasse. Di fronte a una tale manifestazione di fedeltà e fermezza, gli emissari si inginocchiarono, implorarono il suo perdono e dissero che il suo rifiuto avrebbe significato la morte di tutti…
Di fronte all’ingiustizia che sarebbe stata commessa nei loro confronti, «l’intrepido irlandese cedette e lasciò il santuario che aveva fondato, nel quale aveva vissuto per vent’anni e che non avrebbe visto più».10 Un fremito di tristezza e apprensione si diffuse tra i monaci e molti erano pronti ad accompagnarlo in esilio, intenzione presto frustrata dal regio divieto di abbandonare il monastero, applicato a coloro che non erano irlandesi.
Procedendo verso l’esilio, Colombano attraversò varie regioni della Gallia, nelle quali compì miracoli e portenti. In un’occasione ribadì la maledizione che l’Altissimo aveva decretato contro la famiglia reale, ordinando a una delle guardie di trasmettere a Teodorico questo messaggio: «Di’ al tuo amico e signore che entro tre anni lui e i suoi figli saranno annientati e che tutta la sua razza sarà estirpata da Dio».11
Colombano passò per la corte di Clotario II, re della Neustria – l’attuale Francia settentrionale – e lì predisse che un giorno egli avrebbe regnato su tutti i Franchi.
Ultimi anni di un arduo combattimento
Infine decise di dirigersi in Italia, terreno fertile per l’apostolato, dove il paganesimo e l’arianesimo minacciavano l’espansione della Chiesa. Benché ariano, il re dei Longobardi, Agilulfo, lo accolse benevolmente. Appena arrivato a Milano, Colombano iniziò a scrivere contro la perfida eresia, diffusa principalmente tra la nobiltà lombarda.
Il re non gli ritirò l’amicizia per questo, ma gli donò delle terre in un’area chiamata Bobbio, dove l’abate restaurò un’antica chiesa dedicata a San Pietro e costruì il suo ultimo monastero che fu a lungo la roccaforte dell’ortodossia contro gli ariani e un centro di scienza e d’insegnamento che illuminava tutta l’Italia settentrionale. La sua scuola e la sua biblioteca ricchissima di codici divennero tra le più celebri del Medioevo.
Nei tre anni che trascorse a Bobbio, la sua profezia sulla famiglia di Teodorico si avverò. Questi morì improvvisamente all’età di ventisei anni, la regina Brunilde fu brutalmente assassinata e i due figli maggiori del re furono massacrati. Quanto a Clotario II, egli divenne, a ferro e a sangue, l’unico re di tutti i Franchi, come aveva predetto il Santo.
Fine dei suoi giorni
In Italia, il venerabile abate terminò i suoi giorni rivestito della stessa radicalità con cui aveva intrapreso la strada della santità. Cercando una solitudine ancora maggiore di quella che aveva nel monastero, trovò a Bobbio una grotta che trasformò in una cappella dedicata alla Santissima Vergine. Lì trascorse i suoi ultimi giorni in digiuno e preghiera, tornando in convento solo la domenica e nei giorni di festa. Il 21 novembre 615 lasciò questo mondo per vivere con Dio, in compagnia degli Angeli e dei beati.
Nelle parole di Benedetto XVI, «il messaggio di san Colombano si concentra in un fermo richiamo alla conversione e al distacco dai beni terreni in vista dell’eredità eterna. […] Fu un instancabile costruttore di monasteri come anche intransigente predicatore penitenziale, spendendo ogni sua energia per alimentare le radici cristiane dell’Europa che stava nascendo. Con la sua energia spirituale, con la sua fede, con il suo amore per Dio e per il prossimo divenne realmente uno dei Padri dell’Europa».12 ◊
Note
1 ÁLVAREZ GÓMEZ, CMF, Jesús. Historia de la vida religiosa. Madrid: Publicaciones Claretianas, 1987, vol.I, p.433.
2 GIANELLI, Antonio. Vita di San Colombano abate irlandese. Torino: Fontana, 1844, p.4.
3 Idem, pp. 5-6.
4 SCHNÜRER, apud ECHEVERRÍA, Lamberto de et al. (Org.). Año Cristiano. Madrid: BAC, 1959, vol.IV, p.433.
5 ECHEVERRÍA, Lamberto de et al. (Org.). Año Cristiano. Madrid: BAC, 1959, vol.IV, p.433.
6 GUÉRIN, Paul. Le petits bollandistes. Vies des Saints. 7.ed. Parigi: Bloud et Barral, 1882, vol.XIII, p.530.
7 BENEDETTO XVI. Udienza generale, 11/6/2008.
8 Cfr. GUÉRIN, op. cit., p.531.
9 Idem, p. 532.
10 Idem, p. 533.
11 Idem, p. 534.
12 BENEDETTO XVI, op. cit.