San Giovanni Houghton – Per la Santa Chiesa, sono pronto a soffrire

Per quest’uomo, versare il proprio sangue era il prezzo perché da un cataclisma spuntasse l’alba di una resurrezione.

«Guarda, Margherita!» Dalle sbarre di una finestra della Torre di Londra, Sir Tommaso Moro chiamava sua figlia a contemplare la scena: cinque sacerdoti – Giovanni Haile, un parroco secolare, Riccardo Reynolds, monaco brigidino e rinomato teologo e tre priori certosini, Giovanni Houghton, Roberto Lawrence e Agostino Webster, che indossavano l’abito bianco caratteristico del loro Ordine – stavano per essere portati a Tyburn, il famigerato patibolo a pochi chilometri di distanza e destinazione ultima di coloro che osavano sfidare la volontà reale.

Quel 4 maggio 1535, per essersi rifiutati di giurare sul cosiddetto Atto di Supremazia con il quale il monarca regnante, Enrico VIII, usurpava il potere del Papa al fine di proclamarsi capo della Chiesa d’Inghilterra – novità scismatica promulgata in tutto il regno – questi uomini, sottoposti a un processo farsa e condannati per alto tradimento, sarebbero stati impiccati e squartati.

Tuttavia, non era perché assistesse a uno spettacolo morboso che Tommaso More chiamava Margherita. In quel momento, l’ex Cancelliere d’Inghilterra, imprigionato anche lui per essersi rifiutato di separarsi dall’unità della Santa Chiesa, affrontava le argomentazioni della figlia che cercava di persuaderlo a giurare sull’Atto di Supremazia. Infatti, la maggior parte dei membri delle classi preminenti aveva chiuso un occhio sull’eresia per salvare la propria pelle.

Ma egli sapeva che non sarebbero stati i suoi ragionamenti da avvocato o da apologeta a convincere la figlia davanti alla prospettiva della scure del boia che li avrebbe presto separati, bensì la testimonianza viva di un amore più forte della morte: «Guarda! Non vedi che quei sacerdoti benedetti vanno contenti incontro alla morte come gli sposi alle loro nozze?»1

Infatti, quei confessori della Fede, avanzando con passo deciso e viso luminoso per dare inizio alla loro passione, proclamavano che la Chiesa è immortale e indefettibile e che la vittoria sta dalla parte di coloro che la difendono.

Il leader indiscusso del gruppo – alla maniera di un padre – era Mons. Giovanni Houghton, di quarant’otto anni, priore della Certosa della Salutazione della Santissima Madre di Dio, costruita nei pressi di Londra.

Sarebbe stato il primo del gruppo a subire il supplizio e, per giunta, il primo dai tempi pagani a morire in Inghilterra perché cattolico, diventando il protomartire della Rivoluzione Protestante nel Paese e il degno prototipo di centinaia – se non migliaia – di persone che diedero la vita tra il 1534 e il 1680 in opposizione alle forze sataniche che chiusero tutti i monasteri, profanarono le loro istituzioni più sacre e le consacrarono all’eresia con la forza della legge.

Un Santo sorto dall’anonimato

Dice un vecchio detto: «Cartusia sanctos facit, sed non patefaci La Certosa fa Santi, ma non li rende noti». Quando nel 1084, sotto ispirazione divina, San Bruno fondò La Grande Chartreuse sulle cime innevate vicino a Grenoble, in Francia, segnalò ai suoi seguaci che il servizio prestato dall’Ordine alla Santa Chiesa e alla società si sarebbe realizzato nella solitudine e nell’anonimato. Così, Houghton avrebbe potuto passare quasi inosservato ai posteri se i protagonisti di quella che gli storici non esitano a chiamare la «devastazione dell’Inghilterra»2 non avessero bussato alla sua porta.

Nato nell’Essex, da nobiltà minore, studiò Diritto a Cambridge. Verso i 24 anni fu ordinato sacerdote secolare, ma, prima dei 30 anni, la ricerca di un impegno più radicale lo portò alla Certosa di Londra. Quando la nostra storia inizia, oltre a essere priore, era visitatore della provincia inglese del suo Ordine, cioè a capo di nove fiorenti monasteri.

Houghton era solito dire che aveva al suo servizio più angeli che uomini, molti dei quali erano giovani e di nobili origini. In loro palpitava ancora la convinzione che la loro patria fosse proprietà speciale della Santissima Vergine, la «dote di Mariados Mariæ», titolo che risale alla consacrazione della nazione da parte del re Riccardo II nel 1381.

In Houghton essi contemplavano un altro Bruno: zelante negli uffici liturgici, esemplare nell’ascesi, esperto formatore, saggio, amante dei libri. Incarnava la dignità del suo ufficio, ma se un religioso era giù di morale, lo cercava come amico e fratello, dicendogli che aveva lasciato il priorato nella sua cella. Un monaco del monastero lo descrive così: «Era di bassa statura e di portamento elegante, di aspetto discreto e modi modesti, dolce nel parlare, casto nel corpo, umile di cuore, gentile e amato da tutti».3

«L’affare urgente del re»

A modo loro, anche i cosiddetti “commissari reali” – Tommaso Cromwell e compari – lo volevano. Il malvagio sovrano si trovava in un pasticcio chiamato eufemisticamente «affare urgente del re». Stava cercando di ottenere da Roma l’annullamento del suo matrimonio con Caterina d’Aragona – che non gli aveva dato un erede maschio – per sposare la scandalosa Anna Bolena. Tuttavia, poiché il matrimonio era valido, nemmeno il Papa avrebbe potuto annullarlo.

C’era di più. Il popolo amava la virtuosa principessa che aveva lasciato la Spagna per fare dell’Inghilterra il suo futuro: fedele cattolica, protettrice del popolo, patrona delle università, applaudita ogni volta che usciva per strada e particolarmente benvoluta allora per la sua costanza nell’affrontare le avversità. Quella, come quasi tutte, non era una rivolta nata dalla plebe.

Spinto dall’orgoglio e dalla sensualità, il re si accinse a rovesciare gli ostacoli. «Nessuno avrebbe potuto prevedere, quando Enrico VIII incontrò Anna Bolena per la prima volta nel 1522, che era in gioco il corso che il mondo aveva seguito per secoli. Per mille anni o più ci furono re che difendevano il Cristianesimo solo a parole, rompendo i voti matrimoniali, e alcuni morirono nei loro peccati; eppure mai prima un re era stato disposto a strappare la veste inconsutile della Chiesa per fare di una donna di tal specie una regina».4

Il monarca eliminava così la preziosa eredità di Papa San Gregorio Magno che, nel 596, aveva inviato quaranta monaci a cristianizzare la nazione insulare. Nominando l’eretico Tommaso Cranmer nuovo Arcivescovo di Canterbury, dava inizio a un metodico saccheggio del Paese, i cui proventi finirono naturalmente nelle casse reali. Più che un saccheggio materiale, però, ci fu un saccheggio dell’anima stessa della nazione. Proclamandosi capo della Chiesa d’Inghilterra, Enrico continuò a imporre i suoi ultimatum eretici, lasciando una scia di sangue e distruzione ovunque incontrava resistenza.

Al divorzio di Enrico VIII seguì lo scisma e una scia di sangue e distruzione ovunque lui trovasse resistenza
“Enrico VIII e Caterina d’Aragona davanti ai legati papali”, di Frank Salisbury – Palazzo di Westminster, Londra

La vita monastica aveva messo lì radici profonde. A metà del XVI secolo, su cinquanta uomini adulti, uno era entrato nella vita religiosa nei circa novecento monasteri disseminati nel verdeggiante paesaggio inglese. L’obiettivo dei commissari reali era quello di ufficializzare nella sfera clericale il riconoscimento del nuovo status del re, che aveva appena deposto il Papa.

Il convento dei monaci, alla periferia della città, era l’anello di congiunzione tra la società e il Cielo, centro di influenza e di irradiazione soprannaturale. Data la sua importanza, volevano coinvolgerlo nello scisma.

Celestiale annuncio

La notizia che una tempesta stava per abbattersi non giunse nella casa dei Certosini con il passaparola, come riportato negli annali del monastero: «Accadde nell’anno del Signore 1533, prima di quella procella, che fu vista una cometa nell’aria, che estendeva i suoi raggi in modo chiaro e manifesto verso la nostra casa. […] Un evento senza precedenti, mai visto prima. Nello stesso anno, il nostro venerabile padre priore [Houghton] uscì dalla chiesa dopo il Secondo Notturno e, entrando nel cimitero, vide nell’aria un globo come di sangue, di grandi dimensioni, e, terrorizzato da quella visione, cadde a terra».5 Non avrebbe atteso a lungo per comprendere il significato del celestiale annuncio.

Nella primavera del 1534 i commissari arrivarono al convento, convocando il priore perché desse il suo consenso al nuovo “matrimonio” del re. Houghton dichiarò che non riusciva a comprendere come il matrimonio con la Regina Caterina, celebrato secondo i riti della Chiesa, potesse essere annullato, risposta che gli costò un mese di prigione, insieme con Mons. Humphrey Middlemore, oggi Beato.

Grande fu la gioia nel convento quando, dopo negoziazioni, furono entrambi rilasciati. Tuttavia, da buon capitano, Houghton si mise a preparare i suoi subordinati. Trascorsi alcuni mesi, dopo essere tornati due volte dal re a mani vuote, i commissari tornarono al monastero con richieste sempre più pressanti. La questione ora non era soltanto la “successione”, ma la “supremazia”, cioè il rifiuto dell’autorità papale.

Houghton temeva per i suoi più che per se stesso. Se fossero stati dispersi, avrebbero perseverato? Sotto coercizione, avrebbero resistito? Imprigionati e torturati, sarebbero stati fedeli fino al sangue? Riunendoli, propose loro un triduo: il primo giorno sarebbe stato dedicato alla Confessione sacramentale; il secondo, alla riconciliazione reciproca; nel terzo, sarebbe stata celebrata una Messa allo Spirito Santo.

Il secondo giorno, il priore disse loro: «Miei carissimi sacerdoti e fratelli, tutto quello che mi vedrete fare, vi prego di farlo anche voi».6 Allora si alzò e, andando dall’uomo più anziano della casa, in ginocchio implorò perdono per tutte le colpe che in qualche momento avesse commesso nei suoi confronti. Reciprocamente, l’anziano gli chiese il suo perdono. Tra le lacrime, il priore fece lo stesso con gli altri religiosi, fino all’ultimo fratello laico. Così descrive la scena una testimone oculare: «Tutti successivamente lo seguirono, ciascuno implorando il perdono dell’altro. Oh, che dolore, che profusione di lacrime! […] Da quel giorno, chiunque guardasse il volto del nostro santo padre – che non aveva mai prima mostrato, in nessun caso, segni di cambiamento – si rendeva conto di quanto stesse soffrendo».7

Essendo prossimo il momento del martirio, Houghton preparò i suoi con un triduo, al termine del quale Si manifestò lo Spirito Santo
Messa allo Spirito Santo nella Certosa della Salutazione della Santissima Madre di Dio – Convento di Tyburn, Londra

Era l’angoscia per lo stato catastrofico della Santa Chiesa nella sua amata terra, la prospettiva della morte imminente e l’incertezza di come tutti l’avrebbero affrontata. In questa struggente trance, gli fu concessa una grazia straordinaria.

Lo Spirito Santo, il Consolatore

Alla fine del triduo, durante la Messa in onore dello Spirito Santo, «un brusio come quello di una brezza leggera, tenue per i sensi esterni, ma molto operante internamente, fu osservato e udito da molti con le loro orecchie corporali, e sentito e percepito da tutti con le orecchie del cuore. In questa dolce modulazione, il venerabile priore, sopraffatto dalla pienezza dell’illuminazione divina e scoppiato in lacrime, fu incapace per molto tempo di continuare la Messa. Anche il convento rimase attonito, ascoltando la voce e sentendo la sua meravigliosa e dolce operazione nel cuore».8

Il fatto ricordava la promessa di Nostro Signore Gesù Cristo prima della Passione: «Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore» (Gv 14, 16). Erano preparati per la tempesta che si sarebbe presto scatenata.

Una splendida corona di gloria

Gli uomini del re, dopo aver imposto per mesi al monastero un regime di prigionia, di crudele sorveglianza e di nefaste proposte, si resero conto che non avrebbero conquistato quegli uomini. Sarebbe stato necessario eliminarli. Fu allora che, il 4 maggio 1535, il futuro martire Tommaso Moro vide dalla finestra della sua prigione la scena che lo commosse: uomini che, sebbene legati, erano veramente liberi.

Legati a tavole di legno e crudelmente trascinati da cavalli per le strade fangose di Londra, il santo priore e i suoi compagni arrivarono a Tyburn con i corpi malconci ma con i principi intatti. Houghton si rivolse alla moltitudine, nella quale si mescolavano membri della corte reale desiderosi di vederlo rinnegare: «La nostra Santa Madre, la Chiesa, ha decretato il contrario di ciò che il re e il Parlamento hanno decretato, e pertanto, piuttosto che disobbedire alla Chiesa, sono pronto a soffrire».9

In un gesto di perdono cristiano, abbracciò il suo aguzzino e chiese il permesso di terminare la sua preghiera, il Salmo 31, che canta: «In te, Domine, speravi, non confundar in æternum». Subito dopo fu impiccato e lasciato cadere ancora vivo. Gli aprirono allora l’addome con un pugnale e ne estrassero le viscere, gettandole nel fuoco. Mentre il boia si preparava a estrarre il suo cuore, esclamò dolcemente: «Buon Gesù, cosa farai col mio cuore?».10

Quello stesso giorno, i tirapiedi di Cromwell tornarono al monastero di Houghton per spingere i monaci alla capitolazione, ma essi erano tranquilli come se il priore fosse ancora in mezzo a loro. Inchiodarono allora un braccio del martire alla porta del convento, preziosa reliquia che i religiosi si affrettarono a raccogliere. Nei drammatici mesi che seguirono, altri quindici certosini dello stesso monastero subirono interrogatori, prigionia, tortura e martirio.

In questo periodo, un monaco che era morto per cause naturali apparve a un altro e gli disse: «Sto bene, sono nella gloria celeste, […] ma in una gloria molto minore e inferiore a quella dei nostri sacerdoti che hanno sofferto, perché essi godono di una grande gloria, coronata con la palma del martirio. E il nostro padre priore ha una corona più splendida degli altri».11

Il martirio di San Giovanni Houghton e dei suoi compagni fu di natura atroce. Ma salendo serenamente sul patibolo, egli rivelò di appartenere alla schiera di anime chiamate a soffrire per ottenere la vittoria della Santa Chiesa
Martìri dei certosini d’Inghilterra – Certosa di Valldemossa (Spagna)

Una futura resurrezione per la Fede?

Afferma uno storico: «L’assassinio di Houghton fu di natura singolarmente atroce. La sua storia è la dimostrazione vivente degli estremi a cui Enrico e Cromwell erano disposti ad arrivare, e degli abissi a cui erano disposti a scendere, pur di piegare la volontà dell’Inghilterra».12

Nonostante la sua attuale deturpazione, sull’Inghilterra aleggia ancora «un profumo di Angeli che sono passati di là»,13 secondo il Dott. Plinio Corrêa de Oliveira. Il sacrificio di una moltitudine di uomini e donne di tutti i ceti sociali, che hanno versato il loro sangue per la Fede durante la Rivoluzione Protestante, rimane come un’offerta dalla «soave fragranza» (Gn 8, 21).

Oggi, accanto al sito dell’antico patibolo di Tyburn, esiste un convento di contemplative benedettine, la cui vita di Adorazione Eucaristica perpetua è dedicata a onorare questi martiri e a impetrare la conversione del Paese. Non mancano parole di Santi che annunciano che ciò si realizzerà, come quelle riportate dall’Arcivescovo di Birmingham, William Bernard Ullathorne, durante la sua visita a San Giovanni Maria Vianney nel 1854. Dopo aver ascoltato con attenzione il prelato raccontare le difficoltà sofferte dai cattolici nella nazione anglicana, il Curato d’Ars disse «con una voce così ferma e sicura come se stesse facendo un atto di fede:Mais, monseigneur, je crois que l’Eglise d’Angleterre retournera à son ancien splendeur – Ma, monsignore, credo che la Chiesa d’Inghilterra tornerà al suo antico splendore’».14

Tale svolta avverrà secondo la libera misericordia di Dio e di Maria Santissima, ma, per volontà di Dio, pesa la cooperazione dei giusti. Ci sono anime chiamate a soffrire in modo speciale per ottenere le grazie necessarie al compimento del disegno di Dio per l’umanità. E San Giovanni Houghton rivelò di appartenere a questo gruppo di anime sofferenti e fiduciose nella vittoria finale della Santa Chiesa quando salì serenamente sul patibolo e abbracciò il suo carnefice. ◊

 

Note


1 Cfr. HENDRICKS, OCart, Lawrence. The London Charterhouse. Its Monks and Its Martyrs. London: Kegan Paul Trench, 1889, pp.150-151.

2 COBBETT, William. A History of the Protestant Reformation in England and Ireland. 2.ed. New York: Benziger Brothers, 1905, p.21.

3 BRENNAN, Malcolm. Martyrs of the English Reformation. Saint Marys (KS): Angelus, 1996, p.5.

4 WALSH, William Thomas. Philip II. Charlotte (NC): TAN, 1987, p.36.

5 CHAUNCY, OCart, Maurice. The History of the Sufferings of Eighteen Carthusians in England. London: Burns & Oates, 1890, p.44.

6 Idem, p.50.

7 Idem, pp.50-51.

8 Idem, p.51.

9 MEYER, G. J. The Tudors. New York: Delacorte, 2010, p.216.

10 HENDRICKS, op. cit., p.154.

11 CHAUNCY, op. cit., p.74.

12 MEYER, op. cit., pp.209-210.

13 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Perfume de Anjos que passaram… In: Dr. Plinio. São Paulo. Anno I. N.9 (dicembre 1998), p.35.

14 ULLATHORNE, OSB, William Bernard. Letters. London: Burns & Oates, 1892, pp.52-53.

 

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