San Matteo, Apostolo ed Evangelista – Requisito dal Signore

Bastò uno sguardo per fare dell’esattore delle imposte un vero e proprio “dono di Dio”: Levi, l’esperto contabile dei beni terreni, avrebbe lasciato il posto a Matteo, l’Apostolo ed Evangelista del Divin Maestro!

È proprio delle fondamenta sostenere l’edificio, senza essere, però, né considerate né viste; esse rimangono nascoste, ma sono imprescindibili.

Ora, le fondamenta della Santa Chiesa sono i dodici Apostoli (cfr. Ap 21, 14), la cui eccezionale virtù ha mosso la devozione dei cattolici di tutti i tempi. Ma se la grandezza di un edificio si misura dalle sue strutture, come non riconoscere negli Apostoli un’insospettata grandezza? Il Sacro Cuore di Gesù rivolse su di loro il suo sguardo di predilezione, chiamandoli a un’intima convivialità (cfr. Lc 6, 12-16; Mc 3, 13-19), per loro pregò il Padre (cfr. Gv 17, 9), li istruì e li formò, e su di loro scelse di costruire la sua Chiesa immortale e santa (cfr. Mt 16, 18-19).

Si può dire che la statura morale degli Apostoli sia ancora ignorata dalla Storia. Nel tentativo di penetrare nelle nebbie che la avvolgono, consideriamo, tra questo coro di privilegiati, un uomo singolare, noto alla gente comune solo come uno degli Evangelisti: San Matteo.

Chi era Matteo?

Cafarnao, città frontaliera della Galilea, era un porto molto trafficato per il continuo afflusso di persone e merci provenienti da nord e sud, da oriente e occidente. Molti esattori di imposte si trovavano lì per riscuotere le tasse richieste dall’Impero Romano. Erano i cosiddetti pubblicani, poiché si occupavano di affari pubblici, professione raramente svolta, a quei tempi, senza incorrere nel peccato…

Esattore delle tasse, il pubblicano doveva pagare al governo la somma stipulata e tratteneva per sé la somma eccedente; erano quindi frequenti le estorsioni disoneste a beneficio personale. L’esazione di imposte costituiva quindi «un commercio spudorato, una rapina sotto le spoglie della legalità»,1 e per questa ragione i suoi agenti erano particolarmente disprezzati, odiati dal popolo e considerati dei ladri criminali.

In questa categoria di uomini rientrava Matteo, chiamato rispettosamente da San Luca (cfr. Lc 5, 27) e da San Marco (cfr. Mc 2, 14) solo Levi. Originario della Galilea, poco si sa della sua ascendenza, se non che era figlio di Alfeo. Tutto indica che fosse il riscossore dei diritti di pedaggio di coloro che attraversavano il Lago di Genesaret, nonché delle merci che arrivavano da lì. Forse è per questo che il Vangelo in ebraico, riferendosi a lui, usa l’espressione signore del passaggio invece della parola pubblicano.2

Levi, quindi, era immerso nel suo lavoro quando un evento venne a cambiare il corso della sua vita.

Momento decisivo in uno scambio di sguardi

Dopo aver guarito un uomo paralitico in una casa di Cafarnao, Gesù Si diresse alla periferia della città, sulla riva del Mare di Galilea. Mentre predicava alla folla che Lo seguiva, «vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: ‘Seguimi’» (Mc 2, 14).

Gesù vide! Quale sguardo l’Uomo-Dio avrà rivolto a quel pubblicano, sul quale quasi nessuno si degnava di posare gli occhi? Uno sguardo veramente divino, penetrante, profondo, travolgente, pieno di amore, gentilezza e compassione. Uno sguardo riparatore, il cui linguaggio muto esprimeva più dell’eloquenza di molti discorsi persuasivi. Infatti, ciò che Levi comprese in uno scambio di sguardi, al giovane ricco fu necessario spiegarlo in un consiglio dettagliato: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi!» (Mt 19, 21).

A Levi bastò una parola: seguiMi! E «lasciando tutto, si alzò e lo seguì» (Lc 5, 28). Con quale intonazione di voce Gesù avrà pronunciato questa chiamata imperiosa? Cosa sarà successo nell’intimo di quel nuovo discepolo per fargli rinunciare a tutto?

È difficile per le menti naturaliste comprendere la rapidità di una tale decisione, a prima vista sconsiderata e immatura. Ora, Levi era già stato preparato dalla Provvidenza fin dall’infanzia. E poiché non aveva trovato una causa alla quale potesse dedicarsi completamente, «si gettò nell’ufficio di esattore delle imposte, senza curarsi del disprezzo di cui sarebbe stato oggetto da parte della società».3

Con l’entusiasmo della gente per i prodigi realizzati da Gesù in Galilea, la speranza di Levi si era accesa, e tutto faceva credere che egli si fosse unito al numero di coloro che ascoltavano le predicazioni del Maestro. «Se si dice che i magneti e l’ambra abbiano una forza tale da attirare a sé anelli, paglia ed erba, quanto più poteva il Signore di tutte le creature attirare a Sé quelli che voleva!».4

Quale sguardo avrà rivolto l’Uomo-Dio a quel pubblicano? Tale era la forza irresistibile emanata dal Maestro che Levi, un tempo disposto ad accumulare ricchezze con guadagni illeciti, sacrificò in un istante tutti i suoi piani di ambizione
“La chiamata di San Matteo”, di Giusto de’ Menabuoi – Cattedrale di Padova

Generosità, prontezza e coraggio

Tale era la forza irresistibile emanata dal Maestro che Levi, un tempo disposto ad accumulare ricchezze percependo profitti illegittimi, sacrificò in un istante tutti i piani di ambizione e rinunciò alla sua fortuna. Non si preoccupò di sbarazzarsi dei suoi beni, non si propose di mettere all’asta le sue terre e i suoi immobili, né tantomeno concluse la contabilità del telonio, incurante delle possibili azioni legali che i funzionari romani avrebbero potuto intraprendere contro di lui…5 La Grazia lo aveva rapito!

Esperto nel calcolare valori terreni, non si arrischiò a perdere l’inestimabile dono di grazia che gli veniva offerto, non esitò tra Dio e il mondo. In questo possiamo intravedere la nobiltà di carattere dell’Apostolo, l’eroismo che lo rese disposto ad abbandonare la stabilità della sua vita e le sue enormi ricchezze per seguire il Maestro verso l’ignoto. Si trattava di un’anima magnanima, un «modello di uomo serio, fiero, intrepido e coraggioso»!6

Molti Santi Padri apprezzano la generosità con cui Levi si donò al Signore e sottolineano la lodevole prontezza e il coraggio con cui affrontò gli ostacoli e le opposizioni, soggiogando persino le sue passioni, così come la sua costanza nel seguire Gesù, che lo spinse a perseverare nelle prime decisioni fino alla fine dei suoi giorni.

Avendo rinunciato a tutto, organizzò comunque una festa per Nostro Signore, in segno di gratitudine.

Un banchetto per il Maestro

«Levi Gli preparò un grande banchetto nella sua casa» (Lc 5, 29).

Le grandi commemorazioni dell’epoca si svolgevano intorno alla tavola. Nella parabola evangelica, il padre offre un banchetto al figliol prodigo che ritorna (cfr. Lc 15, 23); qui Levi, reso figlio di Dio, offre un banchetto a Colui che lo ha salvato dal peccato e dalla morte; se grande si mostrò la gioia di quel padre, molto più grande fu la felicità di Gesù nel constatare la generosità del suo nuovo discepolo. Senza dubbio, tra tutte le prelibatezze, nessuna Lo soddisfece tanto quanto la buona disposizione di Levi. Entrambi i cuori battevano già all’unisono!

Quale convivialità intensa ci sarà stata in quel banchetto? Quali legami si crearono? Risonanze immortali tra Creatore e creatura, tra Maestro e discepolo, che riecheggiano nei secoli nella semplicità del Vangelo: «Gesù era a tavola in casa di Matteo» (cfr. Mt 9, 10) …

Matteo significa dono di Dio, e forse è questo il nome rappresentativo che il Signore gli diede per sottolineare la sua nuova vita. Infatti, non era più lo stesso e, come presagio delle sue future attività apostoliche, invitò al banchetto i suoi amici anche per renderli partecipi della compagnia di Gesù.

«Mi sono spogliato del pubblicano e mi sono rivestito di Cristo»

Ora, nel vedere il Maestro e i suoi mangiare a tavola con peccatori e pubblicani, i farisei e i discepoli di Giovanni Battista si indignarono (cfr. Mt 9, 11-14). Legati a criteri antichi, erano diventati incapaci di comprendere che il Salvatore era venuto a cercare le pecore smarrite e che avrebbe dovuto esercitare il suo ufficio anche nell’intimità di un banchetto. Questa fu la premessa perché Gesù pronunciasse il motivo della sua missione sulla terra: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. […] Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9, 12-13).

E, per attestare che Matteo aveva già iniziato la vita nuova della grazia che Egli offriva al mondo, Nostro Signore chiarisce a quei cuori maliziosi: «Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi» (Lc 5, 38).

Come uomo rinnovato, Matteo accolse Gesù, il Nuovo Adamo, nella sua casa. In questo senso, Sant’Ambrogio7 descrive piamente le disposizioni del convertito in quel momento, che potrebbero essere riassunte come segue: «Ecco, non sono più un pubblicano; non porto più in me la figura di Levi. Mi sono spogliato di lui e mi sono rivestito di Cristo; fuggo dalla mia vecchia vita! Ascoltatemi, uomini che avete la mente oppressa dai peccati. Anch’io sono stato ferito da simili passioni e ho trovato un Medico che vive nel Cielo e versa la sua medicina sulla terra. Solo Lui è stato in grado di guarire le mie ferite».

Fu così che il Maestro requisì un altro di coloro che Lo avrebbero seguito. E poiché Egli avrebbe vissuto solo pochi anni in questo mondo, all’inizio della sua vita pubblica volle associare direttamente alcuni di loro alla sua missione salvifica. Tra questi prediletti, figura San Matteo.

Tra gli eletti del Signore

Con la solennità che si addice alle opere di Dio, Gesù Si ritirò sulla cima di una montagna, dove trascorse la notte in preghiera. Allo spuntare dell’aurora, chiamò a raccolta coloro che volle e scelse dodici tra i suoi discepoli affinché rimanessero in sua compagnia e diede loro il nome di Apostoli (cfr. Mc 3, 13-15; Lc 6, 12-13). Conferì loro il potere di scacciare i demoni e di guarire ogni male e ogni infermità, e in seguito li istruì sul loro futuro ministero (cfr. Mt 10).

Radicale per natura e per convinzione, Matteo si distinse probabilmente per il suo idealismo e la sua generosità, il che attrasse ancora una volta il beneplacito di Gesù che lo elesse come uno dei suoi più stretti seguaci. Egli godeva dell’amicizia del Signore!

Con la precisione e la semplicità che gli erano proprie, Matteo raccolse le principali tra le infinite grandezze di Gesù, lasciandoci il primo Vangelo
San Matteo scrive il suo Vangelo, “Grandi Ore di Anna di Bretagna” – Biblioteca Nazionale di Francia, Parigi

Tuttavia, Il silenzio e la discrezione di questo Santo rivelano una peculiare modestia, propria di chi sapeva celarsi e umiliarsi, come si può constatare nel Vangelo da lui scritto, dove aggiunge il soprannome di «pubblicano» (10, 3) quando si nomina nella lista dei dodici Apostoli. Riconosceva il suo stato precedente e sapeva di essere oggetto della misericordia del Signore.

Che rapporto aveva con il Maestro? Qual era il suo incarico con gli altri Apostoli? Egli non ritornò mai più al suo vecchio bureau; allora, cosa faceva, ad esempio, mentre gli altri pescavano? I misteri e le congetture abbondano, come per tutti gli Apostoli. Purtroppo, la Storia non ha registrato fatti più dettagliati su di loro. Tuttavia, è certo che, come membro del Collegio Apostolico, Matteo fu testimone delle più svariate scene di vita con il Salvatore; poté contemplarLo in mezzo alle folle mentre realizzava ogni sorta di miracoli, nelle ore di solitudine, nelle situazioni di intimità, nel momento culminante della manifestazione del suo amore divino: l’Ultima Cena.

E se di questo Apostolo nessuna parola è passata alla Storia, egli ebbe l’onore di essere il primo a immortalare le azioni e le istruzioni del Salvatore con la redazione del Vangelo.

Dal computo dei numeri alla compilazione delle azioni del Redentore

Narra la tradizione che, dopo l’Ascensione di Nostro Signore, Matteo predicò insieme agli altri Apostoli nelle province della Giudea e nei dintorni. Prima che si disperdessero nel mondo, molti ebrei convertiti e altri Apostoli chiesero al Santo di registrare la storia di Gesù. Egli lo fece. Raccolse le principali tra le infinite grandezze del Signore e le compilò con la semplicità e la precisione che gli erano proprie. Questa sì che fu una raccolta senza precedenti, di vere ricchezze!

Compiuta questa missione, partì per evangelizzare nuove terre e l’ultimo luogo in cui risulta sia stato è l’Etiopia, una delle regioni più difficili e inaccessibili dell’epoca. Dopo un’esistenza tutta fatta di sacrifici e penitenze, accompagnata da crudeli persecuzioni, giunse per lui l’ora dell’eternità. Per ordine del perfido Imperatore Hirtaco, fu ucciso sullo stesso altare dove aveva appena celebrato la Santa Messa. Consumava in questo modo la chiamata del Maestro: «SeguiMi»! Matteo Lo seguì nel dolore e nella completa immolazione, e Lo avrebbe seguito nella gloria, dove quello sguardo divino che lo aveva rapito non gli sarebbe mai più stato tolto!

Lasciò così una scia luminosa di generosità, amore abnegato e radicalità per gli uomini di tutti i secoli. Si mostrò grande nella donazione e nelle sue opere perché era stato amato e ampiamente perdonato. Fedele a questa prima chiamata, si mantenne costante nella sequela di Gesù e meritò la corona di gloria.

Martirizzato sull’altare stesso dove aveva appena celebrato la Santa Messa, Matteo dava così compimento alla chiamata del Maestro: “Seguimi”
“Martirio di San Matteo” – Museo Agostiniano, Friburgo in Brisgovia (Germania)

Pilastri e fondamenta

San Matteo è, con gli altri Apostoli, una luce del mondo, un patriarca dell’umanità nell’ordine spirituale ed eterno. Queste prerogative non trasferibili fanno di lui una figura eccezionale.

Le fondamenta da sole, però, non fanno l’edificio. È in Cristo stesso che anche noi siamo stati eletti come pietre vive della Chiesa; è in Lui «che ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore» (Ef 2, 21).

Quando, infine, l’edificazione della Chiesa sarà completa, sarà giunto il momento dell’unione definitiva di Nostro Signore Gesù Cristo con essa. Allora si dirà: «La sua Sposa è pronta!» (Ap 19, 7). Tutti i muri saranno stati costruiti sulle fondamenta, le colonne solidificate, l’edificio completato! E un canto risuonerà per l’eternità: «Venite, ‘contate le sue torri’ (Sal 48, 13), contemplateLa nel suo splendore, nella sua perfetta statura: ‘Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello’ (Ap 19, 9)». ◊

 

Note


1 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homilías sobre el Evangelio de San Mateo. Homilía XXX, n.1. Madrid: BAC, 1955, vol. I, p.596.

2 Cfr. MAISTRE, Étienne. Histoires scientifiques et édifiantes de chacun des grands et bienheureux Apôtres S. Philippe, S. Barthélemy, S. Matthieu, S. Thomas, S. Jacques-le-Mineur. Parigi: F. Wattelier, 1870, p.155.

3 CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. “Seguimi!”, un appello per tutti noi. In: L’inedito sui Vangeli. Città del Vaticano-São Paulo: LEV; Lumen Sapientiæ, 2013, vol. II, pp.135-136.

4 SAN GIROLAMO. Comentario a Mateo. L.I, c.9, n.20. In: Obras Completas. Madrid: BAC, 2002, vol.II, p.95.

5 Cfr. MAISTRE, op. cit., p.158.

6 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Sério, altaneiro e intrépido. In: Dr. Plinio. São Paulo. Ano XVII. N.198 (set., 2014), p.2.

7 Cfr. SANT’AMBROGIO. Tratado sobre el Evangelio de San Lucas. L.V, n.27. In: Obras. Madrid: BAC, 1966, vol. I, p.243-244.

 

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