Il Cardinale Sarto si diresse al conclave convinto che un grande Pontefice sarebbe succeduto a Leone XIII e si sarebbe imposto soprattutto per la sua santità. L’idea di essere proprio lui era lontana dai suoi pensieri…

 

Nel considerare i Santi, molti si illudono che siano persone fuori dal comune, predestinate, stelle che brillano nel cielo, mentre noi “poveri mortali” siamo come destinati a vivere sulla terra, senza la possibilità di brillare un giorno insieme a loro.

Ritratto ufficiale di San Pio X, scatto del 9/8/1903

Chi pensa in questo modo nutre un’idea completamente sbagliata della vita spirituale. La realtà è ben diversa, poiché la “formula della santità” si trova nella massima data da Nostro Signore Gesù Cristo: “Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto” (Lc 16, 10).

E in queste parole divine troviamo la sintesi del lungo viaggio di San Pio X.

Gioventù forgiata dalla sofferenza

Giuseppe Melchiorre Sarto, secondo di dieci fratelli, nacque il 2 giugno 1835 da una famiglia molto umile: suo padre, Giovanni Battista Sarto, era un cursore comunale di Riese, in provincia di Treviso, e sua madre, Margherita Sanson, era una sarta.

Fin dall’infanzia, sentì la chiamata al sacerdozio. Per avviarlo alla realizzazione di questa vocazione, i suoi genitori furono disposti a fornirgli gli studi necessari, affrontando per questo serie difficoltà economiche. Il bambino, consapevole del sacrificio dei suoi genitori, cercava di sollevarli da questo peso in ogni modo. Per esempio, per andare a scuola, dovendo camminare per sette chilometri, toglieva le scarpe per non consumarle e le legava sulle spalle, rimettendole solo quando si avvicinava alla destinazione. E questo all’età di soli undici anni!

Il piccolo Sarto imparò presto a dare valore a tutto ciò che riceveva, anche alla sua formazione scolastica, arrivando a distinguersi come uno degli alunni migliori.

Inizio del ministero sacerdotale

Dopo aver completato gli studi in seminario, Sarto fu ordinato sacerdote nel 1858 e inviato a Tombolo come vicario parrocchiale. Nel periodo trascorso lì, la regola di Don Sarto era la salvezza delle anime senza misurare gli sforzi. Durante il giorno esercitava il ministero e di notte preparava le lezioni di catechismo e i sermoni, oltre ad approfondire i suoi studi, soprattutto leggendo le opere di San Tommaso d’Aquino.

Il parroco, Don Antonio Costantini, così testimoniò a suo riguardo: “Mi hanno mandato come vicario un giovinetto che devo preparare, ma credo che accadrà il contrario: è così zelante, così pieno di buon senso e di doti, che imparerò io da lui”.1 Nel frattempo, desideroso di formarlo, correggeva fraternamente i suoi sermoni. Non ci volle molto perché le prediche di Don Sarto cominciassero a brillare per l’eccellenza dell’eloquenza, della logica e della pietà, e soprattutto perché commuovevano i cuori, a tal punto che Don Costantini arrivava a dire scherzando: “Molto bene, molto bene. Ma non sta bene che il vice parroco predichi meglio del parroco…”.2

Nove anni dopo, Don Sarto ricevette la sua prima parrocchia a Salzano. Con l’esperienza del suo precedente incarico, elaborò un piano di lavoro che avrebbe seguito alla lettera: far visita a tutti i fedeli, predicare la Parola di Dio, essere instancabile nel confessionale, confortare i malati ed essere a disposizione per assistere i moribondi. Tutto questo senza trascurare il catechismo, attirando l’attenzione per la vivacità, il buon umore e la gioia con cui impartiva le lezioni.

Nel 1873 un’orribile epidemia di colera scoppiò in quella parte d’Italia, facendo molte vittime. Senza paura del contagio, Don Sarto raddoppiò le sue cure nei confronti di coloro che la Provvidenza gli aveva affidato. La chiesa parrocchiale, invece di chiudere le sue porte ai fedeli, andava loro incontro nella persona del suo parroco, che visitava i malati per confortarli.

Alla fine di quell’anno, il giovane sacerdote era sfinito per gli sforzi incessanti. Ma quando gli raccomandavano di riposare, egli rispondeva: “Non abbiate paura, il Signore aiuta”.3

Dinamismo soprannaturale e naturale

Trascorsi altri nove anni, Dio lo chiamò nuovamente ad maiora. Nel 1876, Don Sarto ricevette una lettera da Mons. Zinelli, Vescovo di Treviso: “Ho pensato di darle in un colpo solo i tre incarichi: canonico, segretario della Curia Diocesana e direttore spirituale del seminario”.4

A Treviso, il Santo concentrò i suoi primi sforzi sul seminario. Uno dei duecento giovani lì formati così attestò riguardo al Canonico Sarto: “Si aveva l’impressione che il Signore parlasse in lui, perché la sua parola rispondeva sempre alle nostre necessità e dissipava tutti i timori”.5

Infatti, egli trasmetteva ai ragazzi il forte sentimento di fiducia nella Provvidenza che sosteneva la sua stessa vita interiore; un ampio senso pratico, capace di cogliere e governare la realtà dei fatti; e una gioia simpatica e comunicativa che scacciava le amarezze dall’anima, rendendola agile e flessibile per tutte le imprese.

Inoltre, come un vero Santo, non poteva mancargli una profonda devozione a Maria, Mediatrice e Corredentrice degli uomini. La sua pietà lo spinse a preparare un gruppo di seminaristi per svolgere le funzioni liturgiche nelle feste in onore della Santissima Vergine nella cattedrale.

Accanto alla cura estenuante verso quei duecento giovani, continuava le sue lezioni di catechismo per i bambini, le sue prediche nelle chiese della diocesi e il suo lavoro in curia, tale era il suo dinamismo naturale e soprannaturale!

Nella diocesi di Mantova

Giuseppe Sarto durante il periodo in cui era Vescovo di Mantova

Passarono altri nove anni prima che quel sacerdote, ormai maturo, fosse elevato all’ordine episcopale: Mons. Sarto si insediò come nuovo Vescovo di Mantova. La situazione della città non era delle migliori, come narra lo stesso Santo in una lettera: “Eccomi qui, ‘in partibus infidelium’. Si immagini che, in una parrocchia di trentamila anime, alla Messa del Vescovo hanno partecipato quaranta donne, di cui otto si sono comunicate…”.6 Tuttavia, in nessun modo si lasciò scoraggiare di fronte a questa situazione.

Consapevole dei buoni risultati ottenuti a Treviso, la sua prima azione a Mantova fu nel seminario. Mons. Sarto aveva bisogno di chierici: “Gli unici frutti che il mio seminario mi offre quest’anno sono l’ordinazione di un presbitero e di un diacono. Che miseria e come mi si stringe il cuore, quando me ne servirebbero almeno quaranta!”.7

Tuttavia, non illudiamoci: Mons. Sarto non cercava il numero, ma ministri secondo il cuore di Nostro Signore. Era inflessibile quando un seminarista non presentava segni di vocazione: lo invitava ad abbandonare la carriera sacerdotale. Lo faceva con dolore, ma pieno di determinazione, perché la vita gli aveva insegnato che i sacerdoti formati sotto lo stimolo di calcoli umani e di interessi terreni risultano un castigo di Dio.

Un’altra sua forte preoccupazione era il clero della diocesi, che riuniva regolarmente per discutere di questioni pastorali, insegnando loro, soprattutto, con l’esempio. Una volta, ad un sacerdote che ritardava l’inizio delle Confessioni per riposare più a lungo, Mons. Sarto preparò una sorpresa: quando il sacerdote entrò in chiesa, vide qualcuno che assisteva i penitenti al posto suo. Sollevando la tenda del confessionale, trovò il Vescovo, che lo fissò con un lieve sorriso…

Anche il suo impegno nel valorizzare la musica sacra fu degno di nota, come scrisse nel 1893: “Si deve raccomandare il canto gregoriano, specialmente il modo di cantarlo e renderlo popolare. Oh, se fosse possibile fare in modo che tutti i fedeli cantassero le parti fisse della Messa – il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus, l’Agnus Dei – come cantano le Litanie Lauretane e il Tantum ergo! Per me, sarebbe la più bella conquista della musica sacra, perché in questo modo tutti i fedeli, prendendo veramente parte alla Sacra Liturgia, conserverebbero la pietà e la devozione”.8

“La gemma del Sacro Collegio”

Quando Mons. Sarto compì trentacinque anni di ministero pastorale, nove dei quali come Vescovo di Mantova, Leone XIII lo creò Cardinale e lo nominò per il Patriarcato di Venezia.

Il governo veneziano, chiaramente anticlericale, all’inizio si mostrò ostile al nuovo pastore. Questi, però, munito di una lunga esperienza e di talento nella direzione delle anime, arrivò presto a farsi amare e rispettare dalla città dei dogi, anche dai suoi governanti.

Leone XIII lo considerava con bontà e fiducia, avendo l’abitudine di chiamarlo “la gemma del Sacro Collegio9 e conservando tra i suoi beni una fotografia del Cardinale.

Nel 1903, essendo morto il Pontefice, i Principi della Chiesa di tutto il mondo si recarono a Roma per eleggere il nuovo Successore di Pietro. Si racconta che il Patriarca di Venezia fu l’unico cardinale a comprare un biglietto di andata e ritorno, tanto era lontana dai suoi pensieri l’idea di diventare Papa.

Pastore del mondo intero!

San Pio X nel 1904

Il conclave iniziò e, dopo qualche scrutinio non esente da polemiche, l’orientamento dei voti cominciò a indicare che il Cardinal Sarto sarebbe stato il successore di Leone XIII. Rendendosi conto della situazione e considerando l’enorme responsabilità dell’incarico, egli cercò di dissuadere il Sacro Collegio, sostenendo, con le lacrime agli occhi, di non essere degno. Tuttavia, la scelta dello Spirito Santo era fatta.

L’allora Mons. Merry del Val, segretario del conclave e futuro Segretario di Stato, fu incaricato dal Cardinale Decano di ottenere una risposta definitiva dal porporato. Dopo una lunga ricerca, lo trovò inginocchiato davanti all’altare della Madre del Buon Consiglio, nella Cappella Paolina, con il volto bagnato dalle lacrime. Mons. Merry del Val ebbe solo la forza di dirgli: “Coraggio, Eminenza!”.

Finalmente, il 4 agosto 1903, il Cardinal Sarto accettava la sua elezione a Sommo Pontefice, adottando il nome di Pio X. Ora il suo gregge non sarebbe più stato Tombolo, Salzano, Treviso, Mantova o la gloriosa Venezia, ma il mondo intero.

Poco tempo dopo, San Pio X ricevette in udienza il corpo diplomatico, come era consuetudine. Fu un incontro veloce, ma così suggestivo e profondo che, al termine, uno dei diplomatici chiese a Mons. Merry del Val, esprimendo un sentimento condiviso da tutti: “Ci dica, cos’ha quest’uomo che ci attrae così tanto?” L’ecclesiastico si limitò a dire che aveva conosciuto Sua Santità giorni prima ed era rimasto ugualmente impressionato. Più tardi, stando da solo, gli parve di sentire la risposta: “Perché è un uomo di Dio”.10

“Instaurare omnia in Christo”

“Questa è la mia politica!”,11 dichiarava San Pio X indicando nel contempo un crocifisso, quando gli veniva chiesto del suo orientamento politico. E quest’affermazione ratificava il piano del suo pontificato: “Instaurare omnia in Christo”.12

In effetti, San Pio X fu soprattutto un grande riformatore. Con oltre quarantacinque anni di esperienza pastorale, fece come Pontefice quello che aveva sempre fatto, solo che lo fece su scala mondiale. Così, diede profonda attenzione al catechismo, promuovendone una nuova edizione; riformò la Liturgia, facilitò la Comunione frequente per i fedeli e la autorizzò per i bambini – il che gli valse il titolo di Papa dell’Eucaristia –, raddoppiò la cura per il canto liturgico, soprattutto quello gregoriano; avviò la stesura di un nuovo Codice di Diritto Canonico; riorganizzò la curia e i dicasteri romani.

Degna di nota fu, inoltre, la sua lotta contro il modernismo. Gli attacchi contro questa eresia e la promulgazione dell’enciclica Pascendi Dominici gregis – che conteneva passi scritti di suo pugno – rivelano un’altra sfaccettatura della sua ricca personalità: per proteggere le pecore, alla figura del pastore si unisce quella del campione di Dio, che brilla per la difesa della verità e la condanna dell’errore.

Toccò a San Pio X raccogliere, analizzare, schematizzare e anatematizzare gli errori modernisti che, come germe occulto, si infiltravano nel gregge di Cristo. Un lavoro che, da molto tempo, stava eseguendo minuziosamente. Quando era ancora a Mantova e a Venezia studiava e analizzava i libri modernisti, senza perdere mai l’occasione di denunciare le loro deviazioni.

Il meritato riconoscimento

“Per ogni cosa vi è tempo e giudizio” (Qo 8, 6). San Pio X operò in tutto come un buon medico: agì con efficacia e curò il malato, per quanto la medicina usata sembrasse amara al palato in un primo momento. E il tempo ebbe cura di giudicare i suoi atteggiamenti.

Una frase di Benedetto XV, che gli succedette sul soglio pontificio, può ben corroborare questa affermazione: “Ora capisco quanta ragione avesse Pio X. Quando ero sostituto della Segreteria di Stato e, poi, Arcivescovo di Bologna, non ero totalmente d’accordo con lui; ma, ora, riconosco quanto fosse giusto il suo pensiero”.13

Anche la stampa lo avrebbe riconosciuto, come dimostra quest’estratto del giornale parigino Les Temps: “Pio X non ha mai tenuto conto di quegli elementi che ordinariamente determinano le decisioni umane. Egli si mantenne sul proprio terreno: quello del divino. […] Perché si è sempre ispirato esclusivamente alla sua fede, è stato un testimone della realtà, della forza e della sovranità dello spirito, non temendo di affermare che alla Chiesa non manca nulla per mantenersi, per combattere, per vivere, finché è libera e si conserva sempre com’è”.14

“Io mi rassegno completamente”

San Pio X nel suo letto di morte, il 20 agosto 1914

Dopo tante battaglie, conquiste e vittorie, era giunto il momento per San Pio X di unire la sua voce a quella dell’Apostolo quando chiese a Dio la ricompensa per aver portato a termine la buona battaglia della Fede.

Dopo la festa dell’Assunzione della Madonna nel 1914, il Pontefice si sentì leggermente indisposto, avendo poi un brusco peggioramento del suo stato di salute la sera del 18 agosto. L’amico e figlio spirituale, il Cardinale Merry del Val, accorse nei suoi appartamenti la mattina successiva e racconta che le ultime parole udite dalle sue labbra furono: “Eminenza… Eminenza! Io mi rassegno completamente”.15

Come agnello immolato che non apre la bocca, il Santo Pontefice perse la facoltà di parlare, pur rimanendo completamente lucido. Da allora in poi si limitò a fissare profondamente chi lo circondava. La sera affidò la sua anima a Dio. L’orologio batteva l’una e un quarto del mattino del 20 agosto 1914.

Era il crepuscolo di un pontificato solare. San Pio X lasciava questa terra per risplendere per tutta l’eternità in Cielo e intercedere per la Chiesa Militante, che durante la sua vita aveva tanto difeso, per la quale aveva combattuto e sofferto! La Storia lo venera come un grande Papa e la Sposa Mistica di Cristo lo loda come un grande Santo.

 

Note

1 JAVIERRE, José María. Pío X. 2.ed. Juan Flors, 1952, p.63.
2 Idem, p.65.
3 DAL-GAL, OFM Conv, Jerónimo. San Pio X. Barcelona: Cristiandad, 1954, p. 27.
4 JAVIERRE, op. cit.
5 DAL-GAL, op. cit. , p.30.
6 JAVIERRE, op. cit.
7 DAL-GAL, op. cit.
8 Idem, p.44.
9 Idem, p.106.
10  MERRY DEL VAL, Rafael. São Pio X: um Santo que eu conheci de perto. Porto: Civilização, [s.d.], p.26; 28.
11 DAL-GAL, op. cit.
12 Dal latino: “Rinnovare tutte le cose in Cristo”.
13 JAVIERRE, op. cit. , p.278.
14 DAL-GAL, op. cit. , p.352.
15 ROMANATO, GIANPAOLO, Pio X: Alle origini del cattolicismo contemporaneo. Landau; Torino, p. 544.

 

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