Ai tempi di Sant’Ottilia, gli splendori della Civiltà Cristiana stavano appena cominciando a insinuarsi, ma nell’anima di questa badessa di temperamento carolingio essi abitavano già nella loro interezza. Cieca dalla nascita, diventò un’aquila: la sua anima volava sempre a Dio!

 

Le anime che contemplavano i Santi dell’Alto Medioevo, le cui visioni soprannaturali erano molto più penetranti delle nostre, vivevano la fede in una forma intensa. Lo spirituale e il terreno si mescolavano armoniosamente nei loro cuori, dando origine a racconti traboccanti di episodi meravigliosi, ma a volte imprecisi o addirittura contraddittori nei dettagli concreti.

Non c’è da stupirsi, pertanto, che la vita di Sant’Ottilia sia giunta a noi avvolta in un alone di leggenda, rendendo impossibile fare una chiara distinzione tra gli aspetti rigorosamente storici e la pia rappresentazione che le è stata aggiunta nel corso dei secoli successivi.

Ciò nonostante, tali cronache ci rivelano una singolarissima vocazione: in esse troviamo l’eroismo pionieristico di San Remigio e di Santa Clotilde, unito alla grandezza feconda di Carlo Magno. Accanto a queste qualità, la sua alta vocazione fu segnata fin dalla tenera età dalla contrarietà e dalla sofferenza che questa nobile signora alsaziana seppe elevare all’Altissimo in un olocausto di soave odore.

Così, Sant’Ottilia fu una precorritrice, una guida e un modello, ma anche una vittima. Come tale, svolse indubbiamente un ruolo storico molto importante nella costruzione dell’Europa cristiana. I suoi dolori e le sue prove, unite al Calice Redentore di Cristo, sono forse il motivo principale per cui l’Alsazia, regione di cui è patrona, è ancora oggi considerata una delle più cattoliche della Francia.

Subito alla nascita, il ripudio paterno

Sant’Ottilia viene rifiutata dal padre perché nata cieca –
Santuario del Monte Sant’Ottilia, Ottrott (Francia)

Un giorno dell’anno 620, il silenzio dominava i corridoi del castello di Hohenbourg in Alsazia, dove il duca Aldarico e sua moglie Benvenuta aspettavano la nascita di un nuovo figlio. Tuttavia, lungi dall’appagare il desiderio paterno per la venuta di un maschio, nacque una bambina… e cieca!

Quando il capo franco vide svanire i suoi sogni, la collera si impadronì dei suoi pensieri fino a portarlo a pronunciare una fatale sentenza: la bimba sarebbe dovuta morire. L’intervento della madre risparmiò la vita della figlia, ma per questo egli impose come condizione di non averla mai davanti ai suoi occhi e che nessuno sapesse dell’esistenza della neonata cieca, per la vergogna che questo avrebbe significato per il suo lignaggio.

Dopo aver chiesto al Divino Spirito Santo che venisse in suo soccorso, Benvenuta si ricordò di una serva fedele che avrebbe potuto prendersi cura del suo più grande tesoro. Di fronte al triste destino riservato alla bambina, la serva cercò in tutti i modi di alleviare i dolori della sua signora: “Non piangere più. Dio ha voluto che tua figlia venisse al mondo così. Ora, Egli può concederle la luce della vista di cui l’ha privata. Affida la bambina alla tua serva. Mi prenderò cura di lei e la educherò come Dio vorrà”.1

Un po’ rasserenata da tale sollecitudine, Benvenuta ricoprì la figlia di baci, la benedisse e, tra i singhiozzi, la consegnò alla serva, dicendo: “La affido alle tue cure, raccomandandola al mio Salvatore, Gesù Cristo”.2

Gli inizi della vita religiosa

Ecco la prima pagina della storia di Sant’Ottilia. La fedele guardiana si prodigò in attenzioni con la piccola, al punto da risvegliare nella regione una certa curiosità su chi doveva essere l’illustre bambina cieca. Tali voci arrivarono alle orecchie di Benvenuta, rinnovando la sua angoscia e portandola a cercare rifugio nella preghiera. Ancora una volta, lo Spirito Consolatore non Si fece attendere.

Nel VII secolo i monasteri erano non solo il rifugio sicuro per gli sfortunati, ma costituivano anche il luogo dove si offriva un’educazione completa ai figli delle dinastie più nobili. Avendo questo presente, Benvenuta mandò la figlia al convento di Palma, a poche miglia da Besançon, dove una sua zia si trovava a capo della fiorente comunità. Senza rivelare le origini della nuova arrivata, la superiora accolse la piccola cieca con profonda tenerezza e pietà, intuendo che un piano di Dio aleggiava su quell’anima segnata dalla sofferenza fin dalla culla.

Così, la Santa crebbe sotto l’influsso del soave giogo della vita monastica, aprendo facilmente la sua anima alle cose di Dio. Secondo la quasi totalità dei cronisti, fu intorno ai tredici anni che si verificò l’evento che ha cambiato il corso della sua esistenza.

Nel Battesimo, miracolosa guarigione

Il Vescovo Erardo battezza Sant’Ottilia e lei recupera la vista –
Santuario del Monte Sant’Ottilia, Ottrott (Francia)

Nell’allora nascente Europa cattolica, molti monaci erano consacrati Vescovi per necessità apostolica, tornando al monastero dopo aver completato la loro missione. Tra questi c’erano due fratelli di origine germanica: San Idolfo, Vescovo di Treviri, che fondò l’abbazia di Moyenmoutier intorno al 671, e Sant’Erardo, Vescovo di Ratisbona, che apparteneva alla già citata falange di monaci missionari.

Un giorno, quando era a Ratisbona, Erardo ebbe una visione: “‘Alzati’, gli disse il Signore, ‘e parti per il monastero di Palma: lì troverai una vergine cieca di nascita. La battezzerai nel nome della Santissima Trinità e, dopo il Battesimo, la vergine cieca vedrà la luce del giorno’”.3 Il Santo Vescovo partì immediatamente e durante il tragitto si incontrò con Idolfo, che aveva saputo misticamente dell’obiettivo della missione del fratello. Continuarono assieme il viaggio fino a Palma e, appena arrivati al convento, chiesero di vedere la bambina.

Molto emozionati di fronte al fatto che sarebbero stati testimoni della realizzazione dei disegni divini riguardanti la bambina, i fratelli chiesero al Signore di concedere “la luce della grazia alla sua anima e la luce del giorno al suo corpo”.4 Terminati i preparativi per il Battesimo, la catecumena fu esaminata sui misteri della Fede, meravigliando tutti per la saggezza delle sue risposte.

Infine iniziò la cerimonia. Dopo che il Vescovo Erardo ebbe pronunciato solennemente le parole sacramentali, prese gli oli sacri e, ungendo gli occhi della cieca, disse: “In nome di Nostro Signore Gesù Cristo, che il tuo corpo veda come vede la tua anima”.5 Immediatamente la bambina cominciò a vedere e i suoi occhi rimasero rivolti verso il cielo per lunghi momenti. Un’inesprimibile commozione s’impadronì dei presenti che erano stati testimoni di una tale meraviglia. Fu allora che la vergine di Palma ricevette il nome di Ottilia, che significa Luce di Dio, come indicato dal Signore nella visione che il Vescovo di Treviri aveva avuto.

Sant’Idolfo portò al Duca Aldarico la buona notizia del miracolo, ma l’atteggiamento di questi fu irriducibile: egli non l’aveva riconosciuta come sua figlia e non l’avrebbe mai fatto.

Ritorno alla casa paterna

Trascorsero gli anni. La serva alle cui cure Benvenuta aveva affidato Ottilia quando era piccolina si ammalò gravemente e, prima di morire, raccontò alla vergine la sua vera origine, suscitando in lei un grande desiderio di conoscere la sua famiglia.

In un giorno d’inverno alcuni cavalieri soggiornarono nel convento e, al caldo di una zuppa e di un buon vino, conversavano durante la cena sul Duca di Hohenbourg, sulle virtù di sua moglie e sui figli della nobile coppia. Avendoli uditi, Ottilia scrisse quella stessa notte una lettera a uno dei suoi fratelli, di nome Ugo. Gli raccontò la sua storia e chiese aiuto per tornare alla casa paterna.

Leggendo la missiva, suo fratello volle condividere la sua gioia con il padre, che, sapendo di cosa si trattava, tuonò il suo solito rifiuto. Ciò nonostante, Ugo prese la decisione di far tornare sua sorella di nascosto.

Un giorno padre e figlio mentre erano sulla terrazza del castello, videro arrivare un distaccamento. Ugo allora rivelò al duca la sua iniziativa, confessando di aver mandato una scorta a prendere sua sorella nel convento di Palma. Infuriato, Aldarico sferrò un colpo così violento al giovane che lo lasciò senza sensi per un po’ di tempo. Mentre lui riceveva le cure necessarie, Ottilia raggiungeva l’alta montagna dove si trovava Hohenbourg.

Scendendo dalla carrozza, Ottilia si gettò tra le braccia della madre, che la accolse con effusioni di gioia e di affetto, insieme ai suoi fratelli. Solo Aldarico non partecipava alla contentezza generale e, irriducibile di fronte agli oscuri rimorsi che assalivano la sua anima, decise ancora una volta di tenere sua figlia lontana da lui. Mancò poco per un secondo esilio

Senza affliggersi, la giovane accettò e osculò la croce che la Provvidenza le dava con uno spirito tutto soprannaturale, rendendo grazie a Dio per tanti favori di cui non si considerava degna.

Alla corte di Hohenbourg

Ottilia sapeva di poter contribuire ai piani di Dio, beneficiando non solo coloro che le erano più vicini, ma anche tutti coloro che si avvicinavano al suo zelo e alla sua carità.

Una fredda notte, uscita per distribuire cibo ai più bisognosi, fu sorpresa da Aldarico mentre camminava a fatica sulla neve. Di fronte a questo gesto, il duca non riuscì a trattenersi e l’emozione lo fece rientrare in sé riguardo all’atteggiamento ingiusto e crudele nei confronti di una giovane così virtuosa. Il giorno dopo, le conferì i suoi diritti di figlia legittima come mai aveva precedentemente fatto: la vestì con abiti eleganti, le diede un destriero bianco e la fece sedere a tavola con i nobili.

Cominciò per Ottilia la vita di corte, nella quale tutti furono abbagliati dalla sua bellezza e dalla sua nobiltà d’animo. Un giorno un principe germanico chiese al Duca Aldarico la mano di sua figlia. Nel momento in cui il padre si rivolse a lei per darle la notizia, Ottilia lo precedette dicendo che desiderava tornare al convento di Palma per dedicarsi alla vita religiosa, perché sentiva la mancanza della pace monastica, dello studio delle Scritture, della pia emulazione nel seguire le vie del Signore… Naturalmente, il padre si mostrò irremovibile, esigendo che lei accettasse la proposta dell’illustre pretendente.

Abbandono nelle mani della Provvidenza

Di fronte a questa nuova prova, Sant’Ottilia si vide obbligata a fuggire dal castello di notte, travestita da contadina. Il giorno dopo, quando si rese conto dell’assenza della figlia, Aldarico riunì una comitiva e partì al suo inseguimento. Immaginava di trovarla facilmente, ma non aveva fatto i conti con l’azione di Dio

Dopo aver attraversato il Reno con l’aiuto di un barcaiolo, Ottilia cercò rifugio sulle montagne. Arrivata nel luogo che oggi si chiama Musbachtal, nei pressi della città di Friburgo in Bresgovia, nell’attuale Germania, si sedette esausta accanto a una roccia. Improvvisamente, sentì il rumore di cavalli che si avvicinavano e per un momento pensò che tutto fosse perduto.

Nel momento in cui il distaccamento era a pochi metri di distanza, però, la sua fiducia si affermò come un baluardo. Allora la pietra che aveva dietro di sé si aprì per offrirle un riparo, chiudendosi non appena Ottilia vi penetrò. Quando il pericolo cessò, si dischiuse di nuovo, per darle la libertà. Per suggellare il prodigio operato a favore della sua fedele serva, Dio fece sgorgare una fonte dall’apertura della roccia.

Ottilia passò a vivere del prodotto delle sue mani. Andava di villaggio in villaggio, senza mai smettere di fare del bene a chi ne aveva bisogno. Il tempo passava e nel castello di Hohenbourg nessuno aveva notizie della giovane. Quando venne a conoscenza dell’atteggiamento assunto, il pretendente alla sua mano comunicò ad Aldarico che rinunciava all’impegno preso. Questi, a sua volta, diventava ogni giorno più triste e abbattuto e, sopraffatto dal rimorso per la sua vita passata, inviò araldi a proclamare per il regno che aspettava il ritorno di sua figlia Ottilia e che avrebbe rispettato il suo desiderio di essere religiosa, se questa fosse stata davvero la sua volontà.

Senza farsi aspettare, lei ritornò al castello, rendendo grazie a Dio per la nuova situazione.

Il Monastero di Hohenbourg

Sant’Ottilia con le religiose di Hohenbourg –
Santuario del Monte Sant’Ottilia, Ottrott (Francia)

Questa volta Aldarico promise alla figlia di fare tutto ciò che era in suo potere per realizzare il suo desiderio di seguire la via religiosa. Per questo,  adattò il castello di Hohenbourg per la vita monastica e lo diede a Ottilia, perché si trovava nel punto più alto della regione e godeva di un panorama propizio al raccoglimento e alla contemplazione.

In breve tempo, i sonori corni di caccia e le danze festive cedettero il posto al canto delle ore e alla preghiera. Numerose giovani seguirono l’esempio di Ottilia e non tardò molto ad arrivare il giorno in cui, alla presenza di tutta la famiglia ducale, la Santa e le sue religiose furono consacrate dal Vescovo dell’Alsazia e professarono i voti solenni.

Tra le varie cappelle che Ottilia fece costruire da allora, una era di sua speciale devozione: quella di San Giovanni Battista. Prima di farla costruire, aveva chiesto al Precursore di indicarle il luogo più adatto e una notte egli le apparve avvolto nella luce rivelandole il luogo di suo gradimento. Lì la santa badessa avrebbe avuto numerose visioni dei misteri celesti che, purtroppo, non ci sono pervenute.

Il profumo della santità di Ottilia si diffuse in tutta la regione. Guarigioni, conversioni e moltiplicazione di alimenti motivavano nobili e plebei a salire a Hohenbourg. Nel frattempo, molti malati e storpi non avevano la forza per arrivare fin là. Preoccupata per loro, Sant’Ottilia decise di fondare un nuovo monastero ai piedi della montagna, chiamato Niedermünster – convento sottostante – per poterli alloggiare e dare loro le cure di cui avevano bisogno.

Così gli anni passarono. Il numero delle religiose aumentava e i malati riacquistavano non solo la salute del corpo, ma anche quella dell’anima. Questo era il grande obiettivo di Sant’Ottilia: condurre gli altri alla salvezza eterna. L’azione che un Santo compie quando aiuta un altro sul piano materiale ha un effetto ordinativo su quello spirituale, perché porta la persona a “stare in ordine con Dio”, e questo porta la pace dell’anima, insieme al desiderio che il bene sia diffuso e che il male sia estirpato. Questa è vera carità.

Varcata la soglia dell’eternità, riceve il Viatico

Sant’Ottilia, statua della
Cappella di Tutti i Santi, Strasburgo (Francia)

Infine, il 13 dicembre del 720, Ottilia si rese conto di aver raggiunto la fine della sua carriera in questo mondo. Radunate le religiose, disse loro:

— Rimanete molto unite, sappiate vivere nella semplicità e nell’umiltà, e abbiate una fede viva. Quando sarete tentate, pregate; lavorate incessantemente per essere migliori ogni giorno. Non dimenticate mai che, come me, arriverete alla fine del cammino di questa vita e sarà necessario render conto di tutti i vostri pensieri, delle parole e delle azioni.

Poi, desiderosa di stare da sola con Dio, chiese loro di andare nella cappella vicina a cantare i Salmi. Quando più tardi ritornarono, constatarono che la santa badessa aveva abbandonato questa terra. Costernate per il fatto che la loro madre spirituale non avesse ricevuto il Viatico prima di partire per l’eternità, supplicarono Dio ed Egli fece tornare Ottilia nel mondo dei vivi per ricevere per l’ultima volta il Re dei re e Signore dei signori.

Semente della Civiltà Cristiana

Da certe anime che sentono forte la vocazione, come quella della patrona dell’Alsazia, Dio esige grandi rinunce.

Fin dall’inizio della loro vita, sono invitate ad abbracciare il bene nella sua interezza e a staccarsi da tutto il resto, compreso se stesse. Molte volte l’Altissimo chiede a loro anche che, sebbene si sentano chiamate a volare come aquile, camminino passo dopo passo, rendendo possibile con il loro sacrificio che gli altri intravedano gli stessi grandiosi orizzonti da loro contemplati.

All’epoca di Sant’Ottilia, gli splendori della Civiltà Cristiana stavano appena cominciando a insinuarsi, ma nell’anima di questa badessa di temperamento carolingio già abitavano nella loro interezza, come un albero frondoso si trova in germe nel seme che lo origina.

Sant’Ottilia nacque cieca, ma divenne un’aquila. Se i suoi occhi restarono chiusi all’inizio della sua esistenza terrena, il suo spirito intrepido, però, non cessò mai di volare a Dio.

 

Note

1 WINTERER, Landelin. Histoire de Sainte Odile. Paris-Guebwiller: Ch. Douniol; Jung, 1869, p.46.
2 Idem, ibidem.
3 Idem, p.54.
4 Idem, p.56.
5 Idem, p.57.

 

Articolo precedenteNostalgia del Natale
Articolo successivoLa lode perfetta della Liturgia posta presso l’altare

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui