Alle due del mattino di quella notte buia, tutte le illusioni svanirono. Pochi minuti dopo, le acque dell’Atlantico ricoprirono per sempre l’orgoglioso titano dei mari. Con lui affondava lo stolto ottimismo di un’intera generazione.

 

Era la fine della Belle Époque,1 epoca segnata dalla ricerca del godimento della vita, della gioia leggera e distesa, e da grandi progressi scientifici e industriali che davano all’uomo la sensazione di sicurezza, stabilità e autosufficienza. Invece, tutto si muoveva a passi rapidi verso un tragico epilogo: la Prima Guerra Mondiale.

Fu in questo contesto storico che la compagnia navale White Star Line, su iniziativa del suo presidente, Joseph Bruce Ismay, completò la costruzione del Titanic, il cui viaggio inaugurale, con destinazione New York, iniziava nel porto di Southampton il 10 aprile 1912.

Quel giorno il sole era sorto particolarmente luminoso, il cielo era limpido e una leggera brezza soffiava sulla città, mentre gli uccelli sembravano volare con maggiore vivacità del solito. Tutto ciò contribuiva a presagire il successo del più grande transatlantico mai costruito.

Si racconta che mentre una distinta signora della società inglese, la signora Cadwell, guardava i facchini che caricavano i suoi bagagli, chiese a uno di loro:

— Questa imbarcazione è davvero inaffondabile?

— Sì, madame! – fu la sua risposta – Nemmeno Dio l’affonda!

Affermazione audace… Tuttavia, quelle parole non rappresentavano solo l’opinione di un semplice marinaio, ma riflettevano lo stato d’animo laico e accecato dal progresso che impregnava la società inglese dell’epoca. La gigantesca nave allucinò le menti tanto di coloro che la costruirono quanto di quelli che vi si imbarcarono.

Grande e variegato incontro sociale

Il Titanic partì da Southampton trasportando più di duemila passeggeri, tra cui nobili e milionari, componenti dell’alta società dell’epoca e lo stesso Bruce Ismay. Molti di loro erano assidui nei viaggi guidati dal famoso capitano Edward Smith, che, con i suoi sessantadue anni, avrebbe navigato per l’ultima volta al posto di comando.

Oltre ai magnati e alle persone facoltose che costituivano la prima e la seconda classe, ce n’era a bordo una terza, composta da emigranti che si recavano negli Stati Uniti pieni di speranza, fiduciosi di ottenere nel Nuovo Mondo una considerevole fortuna che avrebbe permesso loro di fuggire dalla loro condizione lavorativa.

Più che una comune traversata dell’Atlantico, questo viaggio può essere considerato come un grande e variegato incontro sociale. Sui ponti della moderna imbarcazione, persone di ogni condizione navigavano con ottimismo sul delizioso “mare dei sogni” che il mondo illusoriamente offriva loro.

Spensierati verso il disastro

Anche domenica 14 aprile, la giornata cominciò serena e soleggiata. Alle 9 del mattino, tuttavia, l’operatore radio ricevette un dispaccio dalla Caronia, una imbarcazione che attraversava anch’essa quella zona, che avvertiva della presenza di ghiaccio sulla superficie del mare. Nessuno, tuttavia, diede maggiore importanza alla questione.

Alle 13:40, un nuovo messaggio, questa volta inviato dalla Baltic, anch’essa della White Star Line, allertava su una grande quantità di iceberg esattamente sulla rotta che il Titanic stava seguendo. Il telegrafista inviò il messaggio alla sala di comando e l’ufficiale incaricato lo trasmise al comandante.

Siccome era l’ora di pranzo, il capitano Smith decise di terminare tranquillamente il suo pasto, dopo di che si diresse verso il ponte in cerca del presidente della compagnia, che lì passeggiava. Questi, però, dopo aver ricevuto il messaggio, mise il foglio in tasca e continuò la sua passeggiata.

Lungo tutta la catena di comando, nessuno volle preoccuparsi del pericolo. Tutti preferirono demandare a un superiore o lasciare da parte quella “seccatura” che minacciava di rovinare una traversata così piacevole.

Non passò molto tempo che l’ SS Amerika e l’ SS Californian inviarono nuovi messaggi al Titanic, ma l’operatore radio, Jack Philips, ottimista come tutti, non ne tenne conto.

La mancanza di vigilanza e la vergognosa spensieratezza che tante volte precedono i grandi disastri verificatisi nella Storia regnavano in quell’equipaggio… Il loro atteggiamento omissivo e assurdo preannunciava l’inevitabile tragedia: mancavano pochi istanti perché avvenisse la collisione.

Indagini successive hanno sollevato il sospetto che la decisione di non ridurre la velocità della nave e di non cambiare rotta fu dovuta alle pressioni esercitate sul comandante dal presidente della compagnia, Joseph Bruce Ismay2
La lunga esperienza del Capitano Smith lo rendeva consapevole del pericolo che gli iceberg rappresentavano in quelle acque. Tuttavia, gli parve più importante contribuire a mantenere il prestigio della compagnia, evitando manovre che impedissero di completare la traversata nei tempi previsti

Inoltre, non era plausibile pensare che quella nave così grande, potente e ben costruita potesse affondare in piena epoca di successi e di sviluppo.

La sera, il capitano si ritirò, senza dare alcuna importanza alla gravità della situazione. Mentre le stelle brillavano nella volta oscura di un cielo senza luna, le luci delle sale e delle cabine si andavano gradualmente spegnendo. Nella nave, regnava la calma; nel mare, gli iceberg si avvicinavano minacciosi

Astuta azione del demonio

La cecità e la conseguente inazione di fronte a un pericolo così imminente ci sconvolgono e ci portano a chiederci quale sia stato il motivo di questa grande “stupidità” collettiva.

Ora, analizzando i fatti in modo più approfondito, possiamo percepire in questo episodio storico la presenza discreta, quasi impercettibile, del demonio, maestro nell’usare una tattica sagace e molto efficiente nelle sue macchinazioni.

Per una migliore comprensione, pensiamo a come il cancro agisce su una persona. Si tratta di una malattia potenzialmente mortale, il cui pericolo principale sta nel fatto che inizialmente è impercettibile. Le cellule colpite formano silenziosamente tumori nell’organismo e quando l’individuo comincia a sentire i suoi sintomi il danno è diventato, molte volte, irreversibile.

Così opera anche satana. Il suo trucco è quello di influenzare le anime agendo con discrezione. Quando una persona si rende conto della sua presenza, mille difetti e miserie hanno già messo radici nella sua anima, rendendo  difficilissimo combatterli.

Ora, questo non è il peggiore inganno del nemico infernale. C’è un mezzo ancora più nocivo di attentare ai figli di Dio: rivestirsi con parvenze di bontà! Sono i “lupi rapaci” travestiti da buone “pecore”, contro i quali ci mette in guardia il Divin Redentore nel Vangelo (cfr. Mt 7, 15).

In tali occasioni il male si presenta sotto i veli di una presunta virtù per poter erodere la sua preda senza ostacoli. Inebriata dalla bellezza, dalla morbidezza e dal candore che crede di vedere nella falsa pecora, la vittima non riesce a discernere nulla di cattivo o di pericoloso e si lascia divorare. A nulla servono di solito gli avvertimenti che le vengono dati.

Pertanto, si potrebbe dire che lo stato d’animo dell’equipaggio e dei passeggeri del Titanic ebbe origine da un terribile “cancro” chiamato mondanità. O, forse, essi furono attaccati da un lupo feroce travestito da pecora innocente, noto come progresso umano.

Vedevano questo mondo insidioso come un mare di piaceri innocui, meravigliosi e infiniti, quando, in realtà, è solo il campo di battaglia  passeggero su cui si decide il nostro destino eterno. Si affidavano ai progressi della scienza e della tecnologia al punto che si consideravano immuni da qualsiasi incidente, come se le nostre vite non fossero governate dall’alto da Dio Onnipotente. Quando si resero conto della loro illusione, era ormai troppo tardi

E accadde l’inevitabile…

Verso le 23:30 di quella notte senza luna, apparentemente tranquilla, i marinai di vedetta Frederick Fleet e Reginald Lee scorsero dalla torre di guardia un’immagine sinistra: un gigantesco blocco scuro galleggiava a soli cinquecento metri di distanza dalla prua della nave! Il mostruoso ostacolo non aveva potuto essere avvistato prima perché i responsabili non disponevano di binocoli…3

Subito suonarono tre segnali d’allarme, e il posto di comando ricevette un avviso per telefono: “Iceberg dritto davanti a noi!” Il primo ufficiale, William McMaster Murdoch, non ebbe il tempo di mettere in atto alcuna misura preventiva; poté solo urlare: “Spegnete i motori e girate tutto il timone a sinistra!”

L’ordine fu eseguito in tutta fretta, ma l’ostacolo si trovava troppo vicino. Ciò che sembrava impossibile divenne inevitabile: il Titanic si scontrò violentemente contro il ghiaccio e gradualmente perse velocità fino a fermarsi… Era ferito mortalmente!

Il costruttore della nave, Thomas Andrews, accompagnato dal capitano Smith, si precipitò a fare un sopralluogo e confessò immediatamente che tutto era perduto. Con tre dei suoi sedici compartimenti stagni danneggiati, il Titanic avrebbe potuto continuare a galleggiare, e ancora lo avrebbe fatto, in caso estremo, anche con quattro di essi completamente inondati. Tuttavia, l’iceberg aveva urtato la nave con così tanta forza e con un’angolazione tale che cinque compartimenti furono colpiti contemporaneamente.

La gravità della situazione li spinse a svegliare l’equipaggio che al momento non era in servizio: “Forza, ragazzi, alzatevi! Non ci restano molte ore di vita. Questo è il messaggio del signor Andrews. Ma tenetevelo per voi, e non fatelo sapere a nessuno”.4

Non ci furono, infatti, né campane, né sirene, né alcun allarme generale. La notizia fu diffusa da persona a persona, chiedendo a tutti i passeggeri che si riunissero sul ponte indossando i giubbotti di salvataggio.

A sinistra, l’iceberg considerato responsabile del naufragio, fotografato dalla nave SS Prinz Adalbert;
a destra, l’ultima scialuppa di salvataggio lanciata dal Titanic, fotografata da un passeggero della Carpathia

Come reagirono i passeggeri?

All’interno della nave, il colpo fatale provocò soltanto una leggera scossa. Si racconta che nel fumoir, i giocatori di poker fossero ancora svegli a quell’ora.  Sentirono una leggera scossa e videro una montagna di ghiaccio di oltre venti metri sfilare attraverso le finestre. Tuttavia, la notte sembrava loro bella e tranquilla. Non si presero la briga di uscire dalla sala o di chiedere informazioni. Dopo tutto, si trovavano sul Titanic, il grande transatlantico che “nemmeno Dio avrebbe potuto affondare”

A poco a poco, la realtà diventò incontestabile. Mentre la maggior parte delle persone dormiva, il mare inondava l’imbarcazione. In pochi minuti, due metri e mezzo di acqua coprivano la sala delle caldaie. Ebbene, nemmeno questo riuscì a scuotere l’assurdo ottimismo di buona parte dei passeggeri, e molti ancora dubitavano che stessero davvero affondando
Quando i dipendenti li svegliavano e li aiutavano a mettersi il giubbotto di salvataggio, alcuni sorridevano, trovando la misura eccessiva.

A mezzanotte e mezza fu dato l’ordine: “Donne e bambini sulle scialuppe di salvataggio”. Quindici minuti dopo, la prima di esse scendeva in mare. Nel frattempo, l’evacuazione fu fatta lentamente e in modo disorganizzato.

Molti dei marinai non sapevano nemmeno su quale scialuppa sarebbero dovuti andare, perché non erano mai stati addestrati a reagire in caso di emergenza… A causa della mancanza di perizia dei responsabili, solamente quattro delle venti scialuppe disponibili furono caricate per oltre il settanta per cento della loro capacità.

Oltre all’incompetenza dell’equipaggio, un altro fattore contribuì al fallimento dell’operazione: molti passeggeri si rifiutarono di salire a bordo delle scialuppe! Si sentivano molto più sicuri sul Titanic e non credevano nell’imminente affondamento. Molte donne, che avrebbero dovuto essere le prime a evacuare la nave, si rifiutarono di farlo perché pensavano che fosse impossibile che la nave affondasse.

All’inizio, non ci fu alcun segno di panico tra i passeggeri. Uno dei motivi è il fatto che l’equipaggio della nave fece loro credere che si trattava solo di un semplice addestramento… Inoltre, l’orchestra continuava a suonare melodie gioiose, per tenere tutti calmi.

Fino a che punto sarebbe sussistita quell’ostinazione generale che già superava tutti i limiti dell’immaginabile?

Alla fine si resero conto…!

Sebbene molti esitassero o addirittura rifiutassero di crederci, il Titanic era sul punto di consumare la sua carriera. Presto sarebbe stato sepolto nelle acque.

Alle due del mattino, la lenta e drammatica discesa del titano dei mari nelle profondità dell’Atlantico si avvicinava al momento finale. Solo allora, di fronte alla gravità della morte, si infransero le irrisorie illusioni dei più recalcitranti e si sgretolò la loro fiducia mondana. Alcuni si  ricordarono di Dio e cominciarono a pregare. Altri correvano a vuoto per i corridoi e le sale della nave, lasciandosi andare alla disperazione.

Alle 2:17 del mattino tutte le luci della nave erano spente. Si potevano solo notare, in mezzo all’oscurità, persone che si gettavano da tutte le parti nel mare gelido come ultimo tentativo per salvarsi.

Alle 2:20 della notte del 15 aprile le acque dell’oceano si chiusero per sempre sull’orgogliosa nave e con essa affondò lo stolto ottimismo di un’intera generazione. Il naufragio del Titanic portava in qualche modo a galla la frode di questo way of life 5 ateo ed edonista.

L’affondamento del Titanic – Incisione di Willy Stöwer

Il mondo di oggi: un “nuovo Titanic”

Appena seicentosessanta delle oltre duemila persone che si erano imbarcate a Southampton sopravvissero al naufragio. Ma, ah! Quante opportunità ci furono per evitare o ridurre al minimo una così grande catastrofe!

Se i comandanti avessero dato reale importanza ai messaggi di avvertimento sugli iceberg ricevuti la domenica… Se la presenza di binocoli nell’equipaggiamento dei marinai di vedetta avesse permesso loro di avvistare un minuto prima quell’enorme blocco di ghiaccio… Se l’equipaggio fosse stato addestrato ad agire correttamente in quell’emergenza… Se i passeggeri avessero creduto nell’imminente pericolo… Quante di quelle 1.500 vite perse si sarebbero potute salvare!

Ora, chissà se, a somiglianza di quanto avvenne millenni fa nella Torre di Babele, Dio non abbia permesso che, nell’affondamento del Titanic, l’uomo fosse vittima del suo stesso orgoglio? Non avrà Egli acconsentito a questo fallimento come a una meritata punizione per l’arroganza dell’uomo dell’inizio del secolo, che osava sfidare il Creatore con le sue conoscenze scientifiche?

Non mancano analogie tra i giorni attuali e il naufragio della possente nave. Di fronte alla decadenza morale, sociale e intellettuale in cui viviamo immersi, di fronte alle sempre più frequenti catastrofi naturali, causate o meno dall’uomo, di fronte alle pandemie e alle misteriose malattie che minacciano il mondo intero, l’uomo di oggi insiste nel rimanere rivolto a se stesso.

E “questo ottimismo a ogni prova, che non si altera di fronte alle più evidenti manifestazioni del fatto che le cose vanno male, indica un’insensibilità davanti ai piani della Provvidenza e, in ultima analisi, un divorzio tra gli uomini e Dio”.6

L’umanità ha già ricevuto numerosi avvertimenti riguardo al pericolo che la minaccia. Il principale è stato dato da Maria Santissima stessa a Fatima, pochi anni dopo l’episodio storico che abbiamo appena ricordato. Sarà stata ascoltata da coloro che si definiscono suoi figli? Oppure gli uomini hanno giudicato, come tante volte è accaduto nel corso della Storia, che la “possente imbarcazione” del mondo è “inaffondabile” come si supponeva fosse il Titanic?

Quello che è certo è che, dopo l’espulsione dei nostri progenitori dal Paradiso, Dio ha giurato che la stirpe della Madonna avrebbe vinto quella del serpente. E per questo la Madonna ha promesso: “Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà!”

Non preoccupiamoci, pertanto, della solidità della nostra nave, né della violenza delle onde che la scuotono in mezzo alla vittoria, né degli iceberg insidiosi. Quali che siano le difficoltà che incontreremo lungo il cammino, la promessa di Maria Santissima ci garantisce il successo della traversata.

 

Note

1 Periodo compreso tra gli anni 1890 e 1914, caratterizzato dalla prosperità economica e culturale immediatamente precedente alla Prima Guerra Mondiale.
2 Cfr. VALLS SOLER, Xavier. Titanic: el naufragio del orgullo. In: www.lavanguardia.com.
3 Idem, ibidem.
4 UNITED STATES SENATE INQUIRY. Testimony of Samuel Hemming, 25 abr. 1912. In: www.titanicinquiry.org
5 Dall’inglese: modo di vivere.
6 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. São Paulo, 25 luglio 1969.

 

Articolo precedenteAmiamo la bontà di Dio!
Articolo successivoSan Pio da Pietrelcina – Un inginocchiatoio, un altare, un confessionale

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui