La grande legge della misericordia

Con l’incarnazione del Verbo, tra il Creatore e le sue creature è iniziata una nuova relazione governata dal perdono e dalla misericordia.

Quando abbiamo l’opportunità di ripercorrere la Storia dell’antichità prima della venuta di Nostro Signore Gesù Cristo, abbiamo l’impressione che sul mondo regnasse una notte profonda, con una densità di tenebre spaventosa, da cui era assente ogni bontà e armonia nei rapporti, ogni comprensione della natura umana nella sua integrità, bellezza e dignità. E constatiamo tristemente quanto l’uomo, decaduto a causa del peccato e senza aiuto soprannaturale, sia capace delle peggiori barbarie.

Per avere un’idea più precisa di come la vita sociale fosse basata sull’egoismo e sull’odio, basta ricordare che tutti i popoli praticavano la schiavitù. Quando una nazione ne sconfiggeva un’altra, questa diventava schiava della prima e veniva trattata con incredibile brutalità. Lo schiavo era considerato una “res” – dal latino “cosa” – e ognuno, essendone il proprietario, faceva delle proprie “cose” quello che voleva, in molti casi avendo anche diritto di vita e di morte sull’altro.

Nello stesso Israele, che era il popolo eletto, c’erano la schiavitù e varie forme di pena di morte, come la lapidazione. E le stesse figure bibliche dell’Antico Testamento furono create da Dio per sostenere una società che viveva in un regime molto duro.

Cosa garantiva questo sostegno? La Legge ricevuta da Mosè, incisa su tavole di pietra; una Legge pesante e rigida in base alla quale, quando un israelita commetteva un’infrazione grave, veniva applicata immediatamente una giustizia severa. Così, in attesa che il regime di misericordia si instaurasse sulla faccia della terra, l’Antica Alleanza teneva le persone sotto il giogo della paura – della cosiddetta «maledizione della Legge» (Gal 3, 13), secondo quanto affermato da San Paolo – affinché si mantenessero con relativa sicurezza nella pratica della virtù.

L’Antica Alleanza teneva le persone sotto il giogo della paura – della “maledizione della Legge” – affinché si mantenessero con relativa sicurezza nella pratica della virtù
“Mosè rompe le Tavole della Legge”, di Gustave Doré

L’idea che si aveva di Dio non era quella di un Padre, ma di un Signore giustiziere, radicale e intransigente che, quando Si manifestò sul Monte Sinai, radunò tutto il popolo intorno a Sé e fece tremare la montagna tra fuoco, fumo, tempesta, tuoni e il suono terrificante di una tromba (cfr. Es 19, 18-19).

Nostro Signore Si è fatto emblema della misericordia…

Ma Dio, da tutta l’eternità, sapeva che i castighi e le minacce non avrebbero riparato il disastro che si era abbattuto sulla terra con il peccato commesso da Adamo ed Eva. Per questo, arrivata la pienezza dei tempi, le Tre Persone della Santissima Trinità crearono la Madonna, nel cui grembo verginale il Verbo assunse la natura umana per riparare la colpa originale e saldare il debito dell’umanità. La Storia allora cambiò completamente: a costo delle sue sofferenze, consegnandoSi con la morte in Croce, Egli pagò in sovrabbondanza il prezzo della Redenzione del genere umano, lo elevò nuovamente al piano divino e le porte del Cielo, prima chiuse, si aprirono agli uomini.

Nostro Signore nasce per metterSi al nostro livello e a nostra disposizione: il suo Cuore umano Si commuove e Si rallegra nel beneficare i miserabili
Gesù guarisce il paralitico – Cattedrale di San Colman, Cobh (Irlanda)

Ora, Nostro Signore Gesù Cristo nasce per metterSi al nostro livello e a nostra disposizione. L’Onnipotente, che faceva tremare la montagna e che faceva cadere fuoco dal cielo, viene a portare parole di speranza, di vita e di incoraggiamento che danno all’umanità decaduta un’idea di quanto lo stesso Dio che odia il male non respinge i peccatori che cadono per debolezza, ed è predisposto ad usare la misericordia che aveva trattenuto in Sé fino a quel momento.

Gesù, pertanto, Si fa emblema della misericordia. Il suo Cuore umano Si commuove e prova gioia nel beneficare i miserabili. Ecco perché non manca mai di guarire un solo malato, converte la samaritana e Maria Maddalena, perdona i peccati del paralitico che scende dal tetto e della donna colta in adulterio. Non c’è una sola persona che Gli si avvicini per chiedere perdono che non ne esca assolta. In queste circostanze, il rigore sarebbe controindicato e allontanerebbe i peccatori disposti a pentirsi e ad accettare la Buona Novella; occorreva soltanto applicare il balsamo della condiscendenza e dell’amore.

Gli unici che il Salvatore non guarisce sono i farisei, che mormorano a voce bassa all’orecchio dei discepoli condannandoLo perché assume il pasto con pubblicani e peccatori. Ed essi ascoltano dalle labbra divine, frasi che li lasciano spiazzati: «Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi» (Lc 5, 32); «Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo» (Gv 12, 47). Queste parole feriscono non solo le orecchie, ma anche i criteri incalliti di quei Giudei, contraddicendo i principi di relazione esistenti tra loro.

…e l’ha proclamata legge

Che magnifico contrasto! Gesù, la Bellezza, la Purezza, la Perfezione in essenza, non disprezza i peccatori, uomini considerati come paria, ma li copre con il manto della sua santità, come a dire: «Rispettate questa gente, perché è sotto la mia custodia. Io sono il medico e loro i miei pazienti».

Nell’atteggiamento di Nostro Signore Gesù Cristo non vediamo solo una manifestazione di amicizia, ma qualcosa di più audace: Egli approfittava di tutte le occasioni per proclamare la nuova grande legge della misericordia.

La Legge di Mosè rimaneva la stessa, perché è eterna, come ha detto il Divin Maestro: «Non pensate che Io sia venuto ad abolire la Legge o i profeti» (Mt 5, 17). Egli veniva, piuttosto, a completarla, stabilendo un cammino di santità molto più intenso, che non si basa sul timore della punizione, ma sulla trasformazione interiore delle anime attraverso la grazia e i Sacramenti, cosicché l’uomo ha cominciato a desiderare e ad amare con entusiasmo la pratica della Legge, ed essa è diventata leggera: «Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 30).

Dio ha necessità di perdonare e Si affretta a farlo

Le più belle parabole sulla misericordia raccontate nel Vangelo – quelle della pecora smarrita e della dracma perduta e quella del figliol prodigo (cfr. Lc 15, 3-32) – Nostro Signore le racconta proprio mentre discute con i farisei, per mostrare come chi torna sulla vera strada dopo aver abbandonato i ranghi della virtù e dopo aver abbracciato il vizio, dà a Dio più gioia dei giusti che hanno perseverato.

Quando un peccatore si avvicina al Sacramento della Riconciliazione, Dio Si precipita su di lui, impaziente di guarirlo in fretta
Ritorno del figliol prodigo – Cattedrale di San Colman, Cobh (Irlanda)

Ricordiamo qui soltanto la bellissima scena in cui il figliol prodigo torna a casa – possiamo immaginarlo mentre si trascina, malandato, con la barba e i capelli coperti dalla sporcizia dei maiali – e il padre, scorgendolo da lontano, corre ad abbracciarlo…

Nostro Signore avrà inserito questo dettaglio nella parabola per distrazione? No! Il Redentore voleva sottolineare che quando un peccatore si avvicina al Sacramento della Riconciliazione, lui, per così dire, cammina; Dio, invece, corre, vola, Si precipita su di lui, impaziente di guarirlo in fretta!

Il padre presentato nella parabola agisce in modo totalmente diverso dai modelli comuni di paternità, soprattutto di quei tempi. Lungi dall’umiliare il figlio per l’errore commesso, si fa avanti per accoglierlo e con enorme benevolenza copre di baci quel viso sporco e maleodorante!

Questo significa che la remissione dei peccati sarà sempre un dono puramente gratuito, frutto della generosità di un Padre che desidera non solo perdonare, ma anche infondere nell’anima del peccatore pentito la forza e l’energia per evitare nuove cadute.

Potremmo dire che Dio ha necessità di perdonare, perché è attraverso il perdono che Egli manifesta la sua onnipotenza. Infatti, se tutti gli uomini perseverassero nella pienezza della fedeltà, senza mai scivolare, l’Altissimo ci apparirebbe come qualcuno il cui braccio sinistro è perfetto, ma il braccio destro è ingessato. Senza dubbio conosceremmo l’affabilità divina nell’infondere il bene, ma la misericordia che perdona l’offesa rimarrebbe nascosta e l’opera della creazione risulterebbe imperfetta.

Così, quando nella nostra vita commettiamo un errore per debolezza, dobbiamo saper comprendere che questa debolezza dà a Dio il mezzo per «muovere entrambe le braccia», cioè, per intervenire con la sua suprema capacità di perdonare, guarire e sostenere.

Prima condizione: riconoscere la propria miseria

Da parte mostra, che cosa si aspetta? Pentimento! Questa è la prima condizione essenziale per ricevere il perdono. Infatti, chi ritiene di non averne bisogno, inganna se stesso e fa passare Dio per un mentitore, come insegna l’Apostolo San Giovanni nella sua prima epistola (cfr. 1 Gv 1, 8-10). Questo è ciò che preghiamo ogni giorno nel Padre Nostro: «Rimetti a noi i nostri debiti» (Mt 6, 12). Nel comporre la preghiera perfetta, Nostro Signore non avrebbe incluso una petizione senza senso. Pertanto, spetta a tutti affermare che abbiamo effettivamente peccato e riconoscerci, di conseguenza, debitori.

Ad eccezione di Nostro Signore Gesù Cristo e della Santissima Vergine – entrambi impeccabili e, pertanto, non soggetti ad alcun perdono – tutte le altre creature potrebbero essere più perfette.

Anche i Santi hanno qualche motivo per battersi il petto, visto che il giusto pecca sette volte al giorno (cfr. Prv 24, 16). Perché, allora, dovremmo vantarci delle nostre qualità, presentandoci come grandi? Se loro si battono il petto con la mano destra, noi non dovremmo colpirlo con un martello, gemendo con il cuore contrito e umiliato come Davide: «Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia» (Sal 51, 3)?

L’orgoglio umano è dunque una follia e una monumentale stupidaggine! Se siamo presuntuosi, confidando troppo in noi stessi, Dio ritirerà la sua mano e ci lascerà nella nostra povertà; se, al contrario, sappiamo essere umili, rendendoci conto che non abbiamo altra prerogativa davanti a Dio se non la constatazione onesta e senza attenuanti del nostro nulla, Egli ci darà ciò che chiediamo e recupereremo ancora di più di quanto abbiamo perso con le nostre colpe.

La tristezza di fronte alle nostre imperfezioni, però, deve essere mitigata dalla speranza. Facciamo attenzione a non lasciarci mai abbattere e tanto meno a cadere nella disperazione, perché questa può portare l’uomo a commettere peccati più gravi e numerosi. Il peggior male non è la colpa commessa in sé, ma lo scoraggiamento che il demonio introduce nell’anima del peccatore, allo scopo di fargli perdere la fiducia in Dio.

Seconda condizione: perdonare i nemici personali

C’è poi da considerare una seconda condizione – non meno essenziale della prima – per ottenere il perdono, anch’essa insegnata da Nostro Signore nel Padre Nostro: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6, 12).

Egli ha voluto, con molta enfasi, porre in evidenza questa condizione, perché l’ha ripetuta in altre occasioni: «Se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6, 15); «Perdonate e vi sarà perdonato» (Lc 6, 37).

Si tratta di parole compromettenti, con le quali Nostro Signore esige una reciprocità tale da mettere la sorte di ognuno nelle sue stesse mani: per essere riconciliati con Dio, è assolutamente necessario perdonare coloro che ci hanno offeso, poco o tanto che sia.

Ci sono molteplici ragioni che portano l’uomo a non dimenticare le offese ricevute, ma questa difficoltà ha origine, soprattutto, in una vita spirituale poco coltivata. Se è impossibile superare il risentimento senza la grazia di Dio, è anche vero che il flusso della grazia ha bisogno di essere alimentato dalla preghiera, altrimenti non si avranno forze per perdonare i nemici.

Evidentemente si tratta qui di nemici personali, quelli verso cui si prova antipatia; non, però, degli avversari della Fede. Per quanto riguarda questi ultimi, si deve esigere una riparazione per il danno arrecato a Dio e alla Religione.

Facciamo, quindi, lo sforzo di amare dal profondo del cuore coloro che ci odiano e di assomigliare così a Dio, il grande Perdonatore!

Maria Santissima fonderà il suo Regno su un grande perdono, concesso a una generazione debole, ma fedele, alla quale Ella aprirà una porta di misericordia
Mons. João in una riunione nel 1998

Il Regno di Maria nascerà da un grande perdono

La Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana ha avuto nella sua fondazione il riconoscimento della propria miseria da parte di peccatori quali furono gli Apostoli. Essi avevano accompagnato Nostro Signore ed erano stati testimoni di favolosi miracoli realizzati col suo potere. Ma quando giunse l’ora della Passione, fuggirono e Lo abbandonarono. In seguito, umiliati, cercarono la Madonna e fu vivendo con Lei che trovarono il perdono.

Ora, anche noi siamo chiamati a contribuire alla fondazione del Regno di Maria. Tuttavia, constatiamo che purtroppo la nostra natura è spezzata dalla Rivoluzione, dominata da sensazioni e soggetta a insicurezze. Non siamo né come gli uomini dell’Antico Testamento, né come gli Apostoli, tanto meno come gli uomini medievali che fecero crescere la Cristianità. Al contrario, se consideriamo la nostra vita passata, quante lacune, quanti errori, quante infedeltà, quanta lentezza e quanto relativismo troveremo!

Come potrà nascere allora il più bel regno della Storia? Sarà grazie ai nostri sforzi? Saremo in grado di trarre da noi le qualità e le virtù per far sorgere meraviglie?

Si può affermare che il Regno di Maria sarà fondato su un grande perdono, concesso a persone miserabili che riconoscono la loro incapacità e il loro nulla. Sarà il Regno in cui il potere della Madonna risplenderà con maggior gloria, agendo su una generazione debole ma fedele, perché Ella ci aprirà una porta di misericordia (cfr. Ap 3, 8).

Rivolgiamo i nostri occhi e i nostri cuori alla Madre di tutte le grazie con la fiducia del figlio unico: Ella ci porterà tra le sue braccia e ci darà, insieme al perdono, l’incoraggiamento per ricominciare in forma più grandiosa il cammino che l’umanità ha interrotto a causa della sua incostanza. ◊

Estratti da esposizioni orali
proferite tra il 1992 e il 2010

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Altro dall'autore

Articoli correlati