…perché si copre il calice della Messa con un velo?
All’inizio dell’Offertorio della Messa, l’accolito porge al sacerdote o al diacono il calice e la patena coperti da un piccolo velo del colore corrispondente al giorno liturgico, facendo attenzione che i vasi sacri rimangano nascosti all’assemblea. Il calice viene poi posto sull’altare e il velo viene rimosso.
La Chiesa ha sempre prestato la massima attenzione alla scelta e all’organizzazione dei riti liturgici, in modo che essi esprimano chiaramente le realtà sante che significano. E questo accade anche con il gesto di coprire con un tessuto sottile il calice e la patena nella Santa Messa. Sebbene non sia attualmente obbligatoria, questa usanza, piena di riverenza e venerazione, è lodata dalla Chiesa (cfr. Istruzione generale del Messale Romano, n. 118) perché, oltre a essere una tradizione antichissima, contiene uno straordinario simbolismo.
L’Eucaristia è il tesoro preziosissimo della Santa Chiesa, in cui sono contenute le più sublimi realtà soprannaturali, anche se velate ai nostri sensi. Infatti, sotto le apparenze del pane e del vino – i cui accidenti rimangono, ma la cui sostanza viene rimossa con le parole della Consacrazione – c’è Nostro Signore Gesù Cristo stesso, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. E il tessuto che copre il calice simboleggia questo mistero altissimo e ineffabile, che è propriamente il mistero della Fede.
A sua volta, il gesto di togliere il velo significa che questo mistero, lungi dall’intimorirci e dal diminuire la nostra intimità con Dio, è il mezzo che Egli ha scelto per rivelarSi a noi attraverso la fede, per avvicinarci e farci conoscere i suoi segreti. ◊
…che le campane delle chiese sono benedette?
Quante volte siamo entrati in una chiesa, in una cappella o in un oratorio al suono grave e profondo di una campana che indica l’inizio della Santa Messa o di un’altra cerimonia religiosa. Ma sapeva che le campane vengono benedette e alcune hanno anche un nome?

I primi riti di benedizione delle campane destinate al culto risalgono al VII secolo, quando ogni diocesi aveva un proprio cerimoniale. Nel Pontificale Romano questo rito, riservato ai Vescovi, assumeva una grande solennità. La recita di sette Salmi precedeva la benedizione dell’acqua, con la quale la campana veniva lavata dentro e fuori – da qui l’usanza di chiamare “battesimo” la benedizione delle campane – e poi unta con olio santo e incensata. Il rito, intervallato da lunghe preghiere, si concludeva con la lettura del Vangelo che narra della visita di Gesù alla casa di Marta e Maria, per sottolineare che lo scopo delle campane è quello di ricordare ai fedeli di cercare l’unica cosa necessaria (cfr. Lc 10, 38-42).
A Parigi, questa benedizione presentava aspetti diversi, tra cui il fatto che la campana avesse un “padrino” e una “madrina”, che le davano un nome, di solito un’invocazione della Santissima Vergine o dei Santi.
La benedizione delle campane utilizzate nel servizio divino era obbligatoria e doveva avvenire prima che venissero innalzate sul campanile. Da quel momento in poi era proibito usarle per scopi profani, tranne che in caso di calamità pubbliche.
Il rito attuale della benedizione della campana è più semplice e può essere presieduto da un sacerdote. ◊