Poche volte nella nostra vita quotidiana consideriamo l’importanza della parola. Tuttavia, essa può tanto contribuire alla santificazione delle anime, quanto causare loro gravi danni…

 

Nell’insieme della creazione, l’uomo assomiglia a un misterioso “portagioie” nel quale Dio ha depositato i doni più diversi e preziosi. Uno tra questi, veramente speciale, è il dono della parola.

Raramente nella nostra vita quotidiana consideriamo la sua importanza e continuamente la utilizziamo senza rifletterci. Tuttavia, essa può trasformarsi in un potente strumento di edificazione, se ben utilizzata, o in una pericolosa arma di distruzione…

Infatti, sono innumerevoli le anime che si sono convertite alle vie della santità mosse da sante predicazioni o dalla lettura della Parola di Dio; e forse ancora più numerose sono quelle che hanno perseverato nella virtù grazie a un saggio consiglio di un fratello nella Fede. D’altra parte, l’uso improprio di questa capacità ha trascinato e trascina ancora moltitudini alla perdizione, e può produrre effetti anche devastanti sulle sue vittime, principalmente attraverso un noto vizio: la maldicenza.

“Chi sei tu per giudicare tuo fratello?”

Consistendo essenzialmente nell’uso della facoltà di espressione per evidenziare e propagare qualche male, esistente o meno, di altri, la maldicenza trova facilmente terreno fertile nell’animo umano.

Poiché nessuno è esente da difetti e lacune, è naturale che la convivenza, anche tra coloro che si vogliono molto bene, tenda a logorarsi: a poco a poco, e spesso senza che ci siano colpe, lo splendore delle qualità altrui comincia a diminuire agli occhi dei più vicini, e si cominciano a notare le debolezze. È in questo momento che si presenta il pericolo. Se non si presta attenzione, i lati buoni degli altri sono presto completamente dimenticati e sono considerati ingiustamente solo i loro lati difettosi… Siccome, poi, “la bocca parla dalla pienezza del cuore” (Mt 12, 34), in questa fase il tentatore convince senza difficoltà a rendere pubblici questi difetti trovati o presunti.

Comunque sia, nessuno ha il diritto di far conoscere le miserie del prossimo. Se Dio, l’unico Giudice vero e principale offeso dalle colpe degli uomini, non lo fa, chi potrà farlo? A coloro che si reputano in grado di farlo, si applica bene l’imprecazione della Scrittura: chi sei tu per giudicare tuo fratello? (cfr. Gc 4, 12).

Inoltre, chi rende pubbliche le colpe altrui danneggia chi le ascolta, sia per lo scandalo che queste colpe possono provocare, sia per la possibile induzione allo stesso vizio della maldicenza. Guai a quelli che provocano scandalo! Sarebbe meglio che gli si legasse una macina da mulino intorno al collo e che fossero gettati in mare (cfr. Lc 17, 1-2)!

Occorre considerare anche l’insegnamento del Divin Maestro: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6, 37-38).

Rimedio per le anime deboli

C’è una categoria di persone che si lascia contaminare dalla maldicenza per debolezza. Abbattuta dal peso delle miserie altrui, cerca di “sfogare” i suoi rancori e i suoi risentimenti con commenti inopportuni. A queste anime, la morale cattolica offre un rimedio superiore ed efficace: l’ammirazione.

In un ambiente pieno di ammirazione, la “zizzania” della maldicenza non trova spazio per svilupparsi. Rende l’uomo simile a un colibrì che, avvicinandosi ai fiori, va dritto al nettare e ignora i rovi: colui che ammira è così contento di occuparsi delle qualità degli altri, che non gli resta più alcuna attenzione per considerarne i difetti.

Per raggiungere tale nobiltà d’animo, però, non bastano i semplici sforzi umani… È necessario giungere le mani e supplicare da Dio, per intercessione della Madonna, il sovrabbondante ausilio della grazia. Così confortato dal soprannaturale, l’uomo diventa capace non solo di esaltare i lati buoni dei suoi compagni, ma anche di essere disposto a rimediare alle loro debolezze ed esser per loro un aiuto nella lotta per la virtù.

Infine, l’ammirazione è anche la soluzione per i peccati di maldicenza già commessi. Poiché la dottrina cattolica esige che si ripristini l’onore degli altri denigrato presso gli altri, nessun mezzo potrebbe essere più efficace che elogiare le loro qualità.

Castigo per gli ostinati

Tuttavia, nelle vie del cattivo uso della lingua, ci sono anche le anime indurite, figlie dell’odio, che diventano calunniatrici di coloro che praticano il bene e che, pertanto, sono una denuncia della turpitudine della loro stessa vita.

Per i perversi di tutta la Storia, attribuire pubblicamente e in malafede crimini infondati alle anime giuste è stato uno dei mezzi di persecuzione più efficaci, poiché i falsi testimoni trovano sempre dimora nella superficialità e nella mollezza dei cuori… Pochi sono gli integri e i coraggiosi che si preoccupano di analizzare in profondità i fatti per trarne una conclusione vera; la maggioranza, al contrario, ascolta con compiacimento, negligenza e rispetto umano le accuse criminali, e non si oppone a chi le fa, divenendo, secondo san Tommaso d’Aquino,1 partecipe dello stesso peccato.

Così hanno fatto con il Redentore durante la sua vita pubblica, finché alla fine lo hanno condannato al supplizio della Croce per delitti che non aveva mai commesso. Il popolo ebraico, beneficiato da Lui con ogni sorta di miracoli, guarigioni e grazie celesti, invece di difendere l’evidente innocenza dell’Agnello Divino, preferì cedere negligentemente all’odio degli anziani e dei dottori della Legge.

Alle anime viperine insaziabili, però, la Provvidenza – che è gelosa dei suoi eletti – riserva il castigo profetizzato nel Libro dei Salmi: “O lingua di impostura, […] Dio ti demolirà per sempre, ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda e ti sradicherà dalla terra dei viventi” (52, 6-7). I calunniatori non dureranno sulla terra: prima o poi, la sventura li sorprenderà (cfr. Sal 140, 12)!

Siamo figli fedeli della Santa Chiesa!

Nella sua epistola, San Giacomo riassume bene l’importanza primordiale del dono della parola: “Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra. Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose” (3, 2-5).

Cerchiamo, dunque, di utilizzare con santità quest’arma che ci è stata messa in mano. Freniamo la nostra lingua e mettiamola sotto il dolce giogo dell’ammirazione. Così, la benevolenza divina ci accompagnerà!

Soprattutto, come figli fedeli della Santa Chiesa in questi tempi di tribolazione, stiamo attenti alle voci infernali che si levano contro di lei e presentiamoci prontamente e orgogliosamente in sua difesa, convinti che essa è sempre immacolata e indefettibile, degna di ogni lode! 

 

Nella foto evidenziata: Conversazione tra due donne, Sindelfingen (Germania)

 

Note

1 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. II–II, q.73, a.4.

 

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