Sulla pietra che è Pietro

Ogni legittimo Sommo Pontefice perpetua lo stesso primato di Cefa. In un certo senso, anch’essi ricevono dal Maestro lo sguardo che, oltre a chiamarli all’incarico, li invita a rafforzarsi nell’amore a Lui.

Negli ultimi decenni la tecnologia ha compiuto progressi sorprendenti nel campo degli armamenti. Innovazioni di questo tipo vengono segnalate di frequente, ancor più in relazione al minaccioso conflitto in Ucraina. Il potere bellico di una nazione, tuttavia, non può limitarsi alla mera produzione e allo stoccaggio di armi. Com’è prassi nelle guerre, ogni parte cerca di appropriarsi dell’arsenale nemico, di studiarlo e di usarlo contro l’ex detentore.

In modo analogo, fin dalle sue origini, il Papato è stato un’istituzione ferocemente combattuta da uomini e demoni. Naturalmente, in questa lotta già c’è un vincitore, perché le porte degli inferi non prevarranno mai contro la Chiesa (cfr. Mt 16, 18). Esistono momenti, tuttavia, in cui il cuore della lotta si estende al cuore di Pietro, e i suoi nemici cercano di farlo tremare contro la stessa istituzione che dovrebbe proteggere. In queste condizioni, cosa possono fare per lui i fedeli che militano sulla terra?

Torniamo alle origini della missione del Sommo Pontefice per meglio rispondere a questa domanda.

Chi è Pietro?

Nel corso dei secoli, si sono elaborate espressioni molto singolari per riferirsi al primo Papa. Tra gli altri appellativi risalenti a tempi lontani, troviamo questi: “Principe dei Santi Apostoli”, “Corifeo del suo coro”, “bocca di tutti gli Apostoli”, “vertice della Chiesa”.1 Come ha sottolineato Papa Leone XIII, questi titoli preconizzano brillantemente che Pietro è stato posto al più alto grado di dignità e potere.

Infatti, Nostro Signore lo ha costituito – e in lui anche i suoi legittimi successori – capo visibile della Chiesa Militante, conferendogli direttamente e immediatamente un primato di vera e propria giurisdizione, e non solo onorifico.2 In virtù del suo compito di rappresentante di Cristo e pastore della Chiesa, il Sommo Pontefice ha un potere supremo e universale su tutta l’istituzione.3

Ma il primato di Pietro, il cui riconoscimento e la cui sottomissione sono necessari per la salvezza,4 si esercita in armonia con la costituzione collegiale della Chiesa, in altre parole, con i Vescovi del mondo intero che sono uniti a lui. Si tratta, pertanto, di un primato di comunione.5 Nostro Signore Gesù Cristo, infatti, è colui che governa la sua Sposa Mistica per mezzo del Papa e dei legittimi pastori.6 Pertanto, non si addice all’esercizio di questa autorità un regime tirannico e totalitario.

Il Santo Padre presiede anche nella carità,7 cioè, gli spetta la primazia nell’amore a Nostro Signore. Precedenza nella carità! Uno sguardo retrospettivo agli albori del Papato potrà aiutarci a comprendere meglio la grandezza di questa istituzione divina. Soprattutto, ci incoraggerà ad avere nei suoi confronti una dilezione più fervente, poiché la devozione disinteressata delle pecorelle può aiutare Pietro nella sua ardua missione lungo il trascorrere dei secoli.

Il primo sguardo di Gesù a Simone

Il Vangelo di San Giovanni racconta, con dettagli unici, l’evento che ha trasformato la vita di un pescatore della Galilea.

Andrea era uno dei due discepoli che accompagnavano San Giovanni Battista quando quest’ultimo, avvistando Gesù, dichiarò: «Ecco l’Agnello di Dio» (1, 36). Essendo rimasto con il Maestro quel giorno, Andrea andò subito a cercare suo fratello e gli testimoniò: «Abbiamo trovato il Messia» (1, 41). Che luci devono aver illuminato l’anima di Simone all’udire l’annuncio dell’arrivo del Salvatore!

Dobbiamo considerare che, fin dall’eternità, Gesù sapeva chi avrebbe scelto come pietra di fondazione della sua Chiesa. Ora era arrivato il momento di incontrarlo nel tempo. L’Evangelista narra che Andrea portò suo fratello dal Divin Maestro, «e Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: ‘Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)’» (1, 42).

Questo sguardo di eterna dilezione non abbandonerà mai Pietro. È la rivelazione iniziale che Gesù fa al suo futuro Vicario, e su questa verità fondamentale si regge la missione del “vertice della Chiesa”.

Fissandolo, il Maestro contemplò tutti coloro che gli sarebbero succeduti sul soglio pontificio. Infatti, è per istituzione di Cristo stesso, e quindi per diritto divino, che il Beato Pietro ha perenni successori nel primato sulla Chiesa universale.8 Ogni legittimo Sommo Pontefice perpetua lo stesso primato di Cefa. In un certo senso, anch’essi ricevono da Nostro Signore lo sguardo che, oltre a convocarli per l’incarico, li invita a rafforzarsi nell’amore per Lui.

Nel primo sguardo di Gesù a Pietro, il Papato trova il suo vero orizzonte. La forza di questo sguardo ha continuato a sostenere Cefa nel corso dei secoli, assicurando la solidità della roccia su cui si erige la Chiesa.

Una confessione, un premio, un incarico

Con un’insuperabile pedagogia divina assecondata da grazie, Nostro Signore plasmò e predispose passo dopo passo il cuore di Simone affinché, a un certo momento, ricevesse da Dio Padre un’importantissima rivelazione (cfr. Mt 16, 17).

San Pietro possedeva la virtù della fede in un grado così elevato da essere l’uomo scelto per confessare la divinità di Gesù. Questa proclamazione «si realizzò sulla base di un discernimento penetrante, luminoso e globale della natura divina del Figlio di Dio»,9 come spiega Mons. João Scognamiglio Clá Dias.

Così, trovandosi con il Maestro nella regione di Cesarea di Filippo, lontano da eventi sconvolgenti e dall’agitazione delle folle, si udì solo la voce della fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). Subito dopo, Gesù annunciò a Cefa che avrebbe edificato un’opera indistruttibile, la Chiesa, e avrebbe consegnato a lui «le chiavi del Regno dei Cieli» (Mt 16, 19).

Pietro e Giovanni, una relazione evocativa

Gesù affiancato da San Pietro e San Giovanni Evangelista – Chiesa del Santissimo Sacramento, New York

Tuttavia, la fede del primo Papa, per quanto grande fosse, non gli sarebbe bastata per corrispondere alla sua chiamata. Pietro garantì al Maestro che non Lo avrebbe mai abbandonato; tra gli Apostoli, però, solo Giovanni rimase accanto alla Croce (cfr. Lc 22, 33; Gv 19, 26). Pietro ebbe paura quando Gesù operò la pesca miracolosa nel lago di Genesaret: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5, 8); Giovanni reclinò la fronte sul Petto del Redentore (cfr. Gv 13, 25), perché «nell’amore non c’è timore» (1 Gv 4, 18). Infine, Pietro proclamò la sua fede in Gesù e Giovanni espresse con singolare chiarezza in cosa consiste il centro della nostra Fede e l’immagine cristiana del Creatore, quando disse: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1 Gv 4, 16), come insegna Benedetto XVI.10

Non intendiamo insinuare che tra il Principe degli Apostoli e San Giovanni esistesse una completa uguaglianza. Alla metà del XVII secolo, durante il pontificato di Innocenzo X, fu processata e dichiarata eretica la dottrina sostenuta dal giansenista Martin de Barcos, che difendeva la presenza di un doppio capo nella Chiesa.11 L’eretico equiparava l’Apostolo Paolo a San Pietro nel potere supremo e nel governo della Chiesa universale.

Crediamo, questo sì, che la bella relazione tra Cefa e Giovanni, l’Apostolo dell’amore, così evidente nei Vangeli, sembri sottolineare quanto l’eccellenza della fede dipenda dalla sovranità della carità, anche se entrambe le virtù sono sorelle, anelli di una stessa catena.

«Pietro, Mi vuoi bene?»

«La fede opera attraverso l’amore»,12 afferma San Tommaso; infatti, la carità rende l’atto di fede perfetto e formato.

Nostro Signore Gesù Cristo affida il gregge della Chiesa a San Pietro – Londra

Ora, trascorsi anni di convivenza con Nostro Signore, sebbene la fede di Pietro fosse grande, il suo amore era ancora imperfetto. E il Divin Maestro, prima di ascendere al Cielo, volle consolidare il suo prescelto nella missione che gli aveva riservato. Questo accadde in una delle apparizioni agli Apostoli dopo la Risurrezione, presso il lago di Tiberiade, quando Gesù gli chiese per tre volte: «Simone di Giovanni, Mi vuoi bene?» Di fronte alla risposta affermativa, Gesù ordinò: «pasci i miei agnelli», «pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 15-17).

La carità è condizione per pascere il gregge di Cristo, poiché, come abbiamo visto, si tratta di un attributo essenziale del primato petrino. Così, accrescendo l’amore di Cefa, il Salvatore garantiva la perennità dell’istituzione pontificia.

Si può dedurre, pertanto, che le debolezze nella vita di San Pietro – e quelle del Papato nel corso dei secoli – si debbano in particolare a defezioni nella linea dell’amore. Si sono succeduti due millenni di immacolata difesa della fede da parte del magistero infallibile; tuttavia, senza mai mancare di ortodossia nelle parole, si può predicare il disamore con l’esempio.

Duemila anni di esistenza

Immediatamente dopo la triplice domanda, il Salvatore profetizzò: «Quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi» (Gv 21, 18).

Il Papato conta su un’esistenza bimillenaria. Forse, in un certo contesto storico, questa istituzione di lunga data sarà sottoposta a quello che il Divin Maestro ha predetto a San Pietro: tenderà le mani ai carnefici che vogliono crocifiggerla, sarà legata e condotta da estranei dove non vuole andare, dove non deve andare.

Santa Faustina, la segretaria della misericordia di Gesù, annota nel suo diario queste dolorose parole di Nostro Signore: «I grandi peccati del mondo feriscono il mio Cuore superficialmente; ma i peccati di un’anima eletta trafiggono il mio Cuore completamente…»13

“Rinnegamento di San Pietro” – Museo delle Belle Arti, Cordoba (Spagna)

Durante la Passione, trovandosi nella casa di Caifa, Pietro negò tre volte la Verità, e per tre volte la Verità cadde sulla strada del Calvario. Questi infelici pronunciamenti del primo Papa non furono forse come nuove pietre d’inciampo per il Salvatore (cfr. Mt 16, 23)? Grande è il potere di Pietro, che tutto può legare sulla terra e nel Cielo.

Tuttavia, la predilezione – questo mistero insondabile – segnò per sempre l’anima di Cefa. Osiamo affermare che, di fronte all’onnipotenza del perdono divino e delle preghiere di Maria, persino il potere delle chiavi è impotente: «Il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: ‘Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte’. E, uscito, pianse amaramente» (Lc 22, 61-62).

Senza dubbio, questa grazia insigne della contrizione fu acquistata con le preghiere della Madonna: possiamo dire che Maria ha sostenuto la Chiesa in quel momento, come oggi sostiene il Papato.

Fondata sul sangue dei martiri

È difficile ammettere che esista uno sguardo più significativo per un Papa di quello del Redentore straziato. Nell’espressione sofferente di Gesù si contempla in germe il trionfo della Risurrezione; inoltre, la Morte di Nostro Signore sul legno comprò l’immortalità della sua Sposa – la Chiesa – fondata sulla roccia che è Pietro.

Seguendo un’antica tradizione, il Sommo Pontefice si rivestiva di bellissime scarpe rosse, a significare che la Chiesa è fondata sul sangue dei martiri. Le orme di Cefa erano, dunque, simbolicamente incarnate dalla testimonianza di coloro che, perseverando nella Fede, furono offerti in sacrificio per Cristo.

Infatti, l’olocausto di Nostro Signore è la ragione di innumerevoli altri. Anche ai nostri giorni, il sangue dei martiri si rinnova continuamente. Sì, perché un supplizio forse più grande e più ingiusto di quello di morire per odio alla Religione è quello di essere martirizzati per la fedeltà all’amore. Spieghiamo meglio. Con grande precisione, un celebre oratore affermò una volta: essere amato e non amare è essere tiranno; amare e non essere amato è essere martire.14

Giobbe riceve la visita dei suoi amici – “Grandi Ore di Anna di Bretagna”

Un esempio di questo martirio dell’anima possiamo trovarlo nel giusto Giobbe, che perseverò nella sua innocente rettitudine, resistendo impassibile alle lancinanti sofferenze che la Provvidenza permise al demonio di infliggergli, senza il refrigerio di alcuna consolazione spirituale. Questo mirabile personaggio biblico rappresenta anche gli uomini che oggi soffrono per il Corpo Mistico, in unione con il suo Capo, Nostro Signore Gesù Cristo, per pura devozione alla roccia incrollabile del Papato.

Una gemma unica consegnata al Papato

Forse, in un determinato contesto storico, Pietro non è riuscito o non riuscirà a ricambiare l’amore dei figli che tanto lo amano. Per questo non sarebbe necessario alcun gesto plateale; ci sono certe forme di silenzio che confondono, ci sono indifferenze e omissioni che sono annoverate tra i maggiori atti di disamore. Se si verificasse una tale assurdità, sarebbe un’occasione per dare all’elezione e all’autorità di Cefa un’immensa prova di fedeltà, portata all’estremo. E solo un unico motivo basterebbe a spiegare questo amore inesplicabile: semplicemente perché lui è Pietro.

In unione con i meriti infiniti del Redentore, resta da vedere quali frutti deriverebbero dal sangue versato con tanta generosità. Dio non manca di ricompensare coloro che si immolano per Lui senza cercare ricompense: verrà il giorno in cui questi Giobbe saranno esaltati per il loro amore incontrastato verso Pietro, e il loro sangue brillerà come una gemma preziosissima e unica nell’istituzione del Papato, come a chiedere: «Pietro, mi vuoi bene?».

Nulla è invano. Le apparizioni della Cova da Iria e la promessa incondizionata di Nostra Signora di Fatima acquistano uno speciale splendore se applicate al Papato: «Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà». Si tratta della vittoria dell’amore di Maria, che apre una nuova era di fede per il mondo e per la Santa Chiesa.

 

Note


1 LEONE XIII. Satis cognitum: DH 3308.

2 Cfr. CONCILIO VATICANO I. Pastor æternus: DH 3055.

3 Cfr. LEONE XIII, op. cit. 3309.

4 Cfr. BONIFACIO I. Lettera “Institutio” ai Vescovi della Tessaglia. DH 233; Lettera “Manet beatum” a Rufo e agli altri Vescovi della Macedonia, DH 234; BONIFACIO VIII. Unam sanctam: DH 875.

5 Cfr. CONCILIO VATICANO II. Lumen gentium, n. 18: DH 4142.

6 Idem, n.14, 4137.

7 Cfr. SANT’IGNAZIO DI ANTIOCHIA. Lettre aux Romains: SC 10, 107.

8 CONCILIO VATICANO I, op. cit., 3056-3058.

9 CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. L’inedito sui Vangeli. Città del Vaticano-São Paulo: LEV; Lumen Sapientiæ, 2013, vol.VII, pp.125-126.

10 Cfr. BENEDETTO XVI. Deus caritas est, n. 1.

11 Cfr. INNOCENZO X. Decreto del Sant’Uffizio del 24/1/1647: DH 1999.

12 SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. II-II, q.4, a.3.

13 SANTA FAUSTINA KOWALSKA. Diario. La Divina Misericordia en mi alma. Stockbridge: Marian Press, 2010, p. 600.

14 Cfr. VIEIRA, Antonio. Sermão da primeira sexta-feira da Quaresma. In: Obra Completa. São Paulo: Loyola, 2015, t.II, vol.II, p.154.

 

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