Il suo canto era proporzionale alla sua bellezza! Estasiati, tre bambini contemplavano un bellissimo uccello che si era posato su un albero. Anahid e Dibran, però, non vedevano nulla.

 

Molto tempo fa, in un piccolo villaggio vicino al monte Ararat, dove, secondo la leggenda, riposa nascosta tra il ghiaccio e la roccia l’Arca di Noè, vivevano tre bambini di famiglie cattoliche, uniti da un’innocente amicizia. I loro nomi erano Vartan, Narek e Tabel.

Una domenica mattina stavano giocando vicino al bosco quando un suono nobile e brillante risuonò in lontananza: erano le campane della chiesa che chiamavano alla Santa Messa. Al sentirlo, Vartan smise immediatamente di correre e disse:

— Amici, è giunta l’ora di ricevere Gesù nell’Eucaristia!

Poco tempo prima avevano fatto la loro prima comunione ed erano pieni di entusiasmo primaverile. Ogni volta che ricevevano Gesù nel Santissimo Sacramento, la grazia riempiva le loro giovani anime.

— Dai, sbrighiamoci! Non possiamo arrivare in ritardo! – rispose Narek.

E si diressero rapidamente verso la chiesa.

Non lontano da loro c’erano Anahid e Dibran, anche loro cattolici, ma non praticanti, perché alla loro giovane età erano già immersi nel vizio e nell’errore. Il fatto che tre adolescenti camminassero felici per partecipare a una cerimonia religiosa era visto da loro con uno stupore che presto si trasformò in odio e invidia.

Essendo un po’ più grandi di Vartan, Narek e Tabel, tramarono uno scherzo che li avrebbe fatti desistere. Per questo, si nascosero tra i cespugli e, quando i tre amici passarono vicino a loro, emisero un grido orribile, uscirono correndo dal loro nascondiglio e risero sinistramente.

— Dove state andando?! Non volete divertirvi con noi? – chiese Anahid.

Tabel, il più giovane, rispose con risoluta determinazione:

— Non possiamo. Stiamo andando a Messa.

— Hahahaha – rise Dibran – Che perdita di tempo! Smettetela con le sciocchezze!

— Cosa? – proseguì il piccolo, indignato – È una sciocchezza andare a incontrare Dio in persona?!

E Dibran continuò:

— Che cosa antiquata… Storielle per bambini sciocchi.

Narek, infuriato, non si trattenne:

— Stolti siete voi, che disprezzate il più grande dono fatto agli uomini: l’Eucaristia! Andiamo, amici. Non perdiamo tempo con questi… – e si morse le labbra senza terminare la frase, mentre gettava uno sguardo sconsolato su quei ragazzi che vedeva affondati nel vizio.

Tabel, prima di voltar loro le spalle, promise:

— Pregheremo per voi.

Alla Messa, durante la consacrazione, i tre amici si guardarono l’un l’altro e insieme elevarono all’altare una supplica per Anahid e Dibran. Chiedevano la loro conversione o la loro punizione, ma soprattutto pregavano che Dio non fosse più offeso. Sì, perché quei ragazzi avevano perso il loro più grande tesoro: la luce dell’innocenza.

Terminata la celebrazione, quando erano ancora a pochi metri dalla chiesa, i tre devoti bambini furono sorpresi da una sagoma luminosa che passò sopra le loro teste. Ma la sorpresa fu ancora più grande quando, poco dopo, sentirono il canto di un uccello, bello e armonioso come nessun altro! Incuriositi, si recarono nel luogo da cui proveniva la dolce melodia.

Sul ramo di una robusta quercia riposava un uccello che sembrava più un gioiello vivente che un animale di questa terra. Era grande come un’aquila, con una testa e un collo molto eleganti, ricoperti di piume blu di varie tonalità che ricordavano il topazio e l’acquamarina.

Il suo becco era sottile e impegnativo. Sembrava fatto di metallo prezioso. Sfumature di turchese e d’argento brillavano su tutto il corpo, e il suo petto sembrava fatto di smeraldo. La lunga coda era arricchita da sfumature violacee.

I tre bambini non avevano mai visto niente di simile! Contemplando quell’uccello, rimasero incantati! Non sapevano, però, che vicino a loro, sulla strada, c’erano i due ragazzi increduli, che osservavano con stupore l’atteggiamento degli amici davanti a quella quercia…

Anahid e Dibran si avvicinarono, pensando che si stessero prendendo gioco di loro perché non vedevano altro che i rami dell’albero. Quell’uccello era invisibile agli occhi corrotti dal peccato.

Pieni di rabbia, gridarono:

— Che razza di commedia ridicola è questa? Volete prenderci in giro?

Tabel, stupito, rispose:

— Ma non vedete questo uccello meraviglioso? Guardate che colori splendidi!

E Vartan esclamò:

— Deve essere, senza dubbio, un uccello del Paradiso!

Aveva appena finito di parlare e l’uccello emise una bella melodia che tutti, compresi Anahid e Dibran, poterono sentire. I due continuavano a cercare tra le foglie… ma non vedevano nulla.

— Il suo canto è proporzionale alla sua bellezza! – commentò Narek.

Anahid e Dibran provarono una profonda vergogna. Sapevano che era il loro stato peccaminoso a renderli incapaci di vedere l’uccello. Allora, il piccolo Tabel, ispirato dalla grazia, si avvicinò a loro e disse:

— Penso che voi due dovreste andare a confessarvi…

Avevano recuperato lo stato di grazia ma, anche così, forse non avrebbero potuto vedere mai più quella straordinaria creatura…

Essi chinarono il capo. Non potevano negarlo: era vero. Pentiti, si recarono in chiesa accompagnati dal solerte Tabel.

Dopo aver ristabilito la loro amicizia con Dio, il bambino portò i due ragazzi fino all’altare della Madonna, e disse loro:

— Non c’è nulla che Lei non possa riparare. Ripristina anche l’innocenza. Chiedeteglielo con forza ed entusiasmo e state certi che vi ascolterà!

Era difficile sapere, per chi assisteva alla scena, chi avesse più fervore: se i due giovani convertiti o Tabel, che desiderava profondamente vederli sulla via della virtù…

Mentre pregavano, arrivarono finalmente Vartan e Narek, per avvertirli che il bell’uccello era volato via. I due ragazzi rimasero dispiaciuti. Avevano recuperato lo stato di grazia, ma anche così forse non avrebbero mai più potuto vedere quella straordinaria creatura.

Invece, improvvisamente videro entrare dalla porta del tempio quell’uccello misterioso, che sorvolò gioiosamente la Regina del Cielo tra splendori di luce e colore.

I cinque bambini non stavano più nella pelle per la felicità. La grazia aveva aperto gli occhi delle loro anime per contemplare le meraviglie che Dio riserva agli innocenti.

Dopo un sublime canto d’addio, l’uccello scomparve. Sarà stato un Angelo o un uccello del Paradiso Terrestre? I bambini non l’hanno mai saputo. Ma la sua bellezza, premio dell’innocenza, non la dimenticarono mai più. 

 

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