Vangelo – Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo,
Re dell’Universo
In quel tempo, 35 il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto».36 Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: 37 «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 C’era anche una scritta, sopra il suo capo: «Questi è il re dei Giudei». 39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». 40 Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? 41 Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23, 35-43).
I – Alla ricerca della pace
L’Enciclica Quas Primas di Pio XI, pubblicata nel 1925, gode di meritata fama ancora ai nostri giorni e la celebrazione annuale della Solennità di Cristo Re perpetua l’efficacia dei suoi benefici effetti. Di fronte al laicismo che già a quell’epoca cercava di imporsi, il Pontefice proclamò con vigore la regalità del Principe della Pace. Tuttavia, i suoi saggi insegnamenti rimasero inascoltati, e quasi un secolo dopo l’umanità si trova sempre più lontana dallo scettro divino di Gesù Cristo, negandoGli le prerogative di Sovrano nell’ambito temporale e persino in quello religioso, con gravi conseguenze per la vita morale, familiare, sociale e persino economica.
Contesto drammatico, che perdura
Dall’anno in cui l’Enciclica è venuta alla luce fino ad oggi, l’umanità ha attraversato la Seconda Guerra Mondiale, seguita dalle tensioni provocate dalla Guerra Fredda e da centinaia di altri conflitti bellici o tragedie, per culminare nella paura di un’ecatombe atomica, percepita dalla maggior parte dei popoli come il maggior pericolo di questo triste e cupo XXI secolo.
A Fatima, la Madonna aveva promesso ai tre pastorelli la fine della Grande Guerra e la pace. Questa, però, si sarebbe conservata solo a condizione che gli uomini si convertissero. Altrimenti, diceva la Bella Signora, si sarebbe scatenato un conflitto di proporzioni ancora più devastanti. E così fu. Alla luce di questa terribile profezia che si è compiuta con esattezza, diventa evidente l’esistenza della Provvidenza Divina che guida la piccola e la grande Storia, dando senso al legame esistente tra la fedeltà o la defezione degli uomini in relazione a Dio e ai drammi che scandiscono gli eventi.
Cristo, unica soluzione per i mali dell’umanità
Per questo Pio XI, al fine di evitare le calamità e le carneficine che sarebbero seguite alla pubblicazione della sua celebre enciclica – e quasi come se le avesse previste – si disse convinto «che non si possa più efficacemente tendere al ripristino e al rafforzamento della pace, che mediante la restaurazione del Regno di Nostro Signore».1 Il Papa considerava che l’accumulo dei mali sulla terra fosse dovuto al fatto che la maggior parte degli uomini si era allontanata da Nostro Signore e dalla sua Santa Legge. Per questo motivo, la vera pace non avrebbe mai potuto risplendere tra i popoli, e questo finché gli individui e le nazioni avessero negato e respinto l’impero del Salvatore.
Il Pontefice indicava anche le felici conseguenze del riconoscimento di questo impero: «Se invece gli uomini privatamente e in pubblico avranno riconosciuto la sovrana potestà di Cristo, necessariamente segnalati benefici di giusta libertà, di tranquilla disciplina e di pacifica concordia pervaderanno l’intero consorzio umano. […] Oh, di quale felicità potremmo godere se gli individui, le famiglie e la società si lasciassero governare da Cristo!» 2
Desideroso di imprimere nel cuore dei fedeli i preziosi insegnamenti plasmati nell’Enciclica, il Santo Padre decise di istituire la festa liturgica di Cristo Re. A muoverlo furono ragioni di elevata considerazione pastorale:
«Più che i solenni documenti del Magistero ecclesiastico, hanno efficacia nell’informare il popolo nelle cose della fede e nel sollevarlo alle gioie interne della vita le annuali festività dei sacri misteri, poiché i documenti, il più delle volte, sono presi in considerazione da pochi ed eruditi uomini, le feste invece commuovono e ammaestrano tutti i fedeli; quelli una volta sola parlano, queste invece, per così dire, ogni anno e in perpetuo; quelli soprattutto toccano salutarmente la mente, queste invece non solo la mente ma anche il cuore, tutto l’uomo insomma. Invero, essendo l’uomo composto di anima e di corpo, ha bisogno di essere eccitato dalle esteriori solennità in modo che, attraverso la varietà e la bellezza dei sacri riti, accolga nell’animo i divini insegnamenti e, convertendoli in sostanza e sangue, faccia sì che essi servano al progresso della sua vita spirituale».3
Festa controrivoluzionaria per eccellenza
La Solennità di Cristo Re è, forse, la festa liturgica che più contrasta le deviazioni del mondo moderno, giustamente riunite dal Dott. Plinio Corrêa de Oliveira nel vocabolo Rivoluzione. Egli spiega che, sebbene ogni rivoluzione singolarmente considerata sia «un movimento volto a distruggere un potere o un ordine legittimo e a mettere al suo posto uno stato di cose (intenzionalmente non vogliamo dire un ordine di cose) o un potere illegittimo»,4 il male che affligge i tempi attuali non è una successione incoerente di rivoluzioni, ma la Rivoluzione per antonomasia.
Si tratta di una Rivoluzione plurisecolare, di natura gnostica ed egualitaria, che cerca di distruggere l’ordine della Cristianità medievale, che fu «la realizzazione, nelle circostanze inerenti ai tempi e ai luoghi, dell’unico vero ordine tra gli uomini, cioè la Civiltà Cristiana».5 E la solennità odierna, che chiude l’Anno Liturgico, possiede una forza incalcolabile per promuovere la sana, convinta ed entusiastica reazione cattolica contro i sofismi rivoluzionari. Si tratta, in sintesi, di una festa controrivoluzionaria nel pieno vigore del termine, perché «se la Rivoluzione è il disordine, la Contro-Rivoluzione è il ripristino dell’ordine. E per ordine intendiamo la pace di Cristo nel Regno di Cristo».6
II – Re sommamente misericordioso
Il Vangelo selezionato dalla Liturgia è l’espressione più toccante e misericordiosa del regno di Cristo, l’Agnello Immolato, che nella sua pietà suscita la fede del malfattore e la ricompensa, promettendogli il Paradiso nel varcare la soglia della morte.
Il passo di San Luca che ci riguarda è di una bellezza ineffabile. Inchiodato alla Croce, Nostro Signore continua a fare il bene, il sommo bene, che consiste nel condurre un peccatore al Cielo. Nessuno dei miracoli da Lui compiuti in precedenza, nemmeno quello di risuscitare i morti, manifesta così tanto la Sua potenza divina come la conversione e la salvezza del buon ladrone, così chiamato non per i suoi furti, ma per il suo pentimento nel momento decisivo.
Gesù risplende, tra le ferite e le derisioni, come Re. Sì, Re di quel Regno che non è di questo mondo. Ma anche Re in mezzo agli sgherri e al Sinedrio che bestemmia, perché la più spietata cattiveria degli uomini non Gli toglie la libertà di premiare una pecorella smarrita che in extremis apre il suo cuore povero e immondo al Buon Pastore, venendo da Lui accolta in un abbraccio di compassione, amore e tenerezza che durerà per tutta l’eternità.
Cuori d’acciaio
In quel tempo,35 il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto».
I membri del Sinedrio, capi del popolo, si mostrano scandalosamente «ciechi e guide di ciechi» (Mt 15, 14) in questo passo. Dopo aver assistito a una marea di miracoli dei generi più diversi, come guarigioni, moltiplicazione di alimenti, esorcismi e persino resurrezioni, osano dare la morte all’Autore della vita, per usare l’espressione di San Pietro (cfr. At 3, 15). Si rimane stupiti di fronte a tanta cecità volontaria, frutto dell’odio satanico contro il Messia. Agendo così, incarnano alla perfezione il ruolo dei vignaioli assassini menzionati da Gesù in una delle sue parabole (cfr. Mt 21, 33-46), i quali, uccidendo l’erede del proprietario della vigna, pretendevano di impossessarsi di un patrimonio che non apparteneva a loro.
Fino a che punto i sadducei e i farisei, che componevano questo senato delle tenebre di Gerusalemme, erano consapevoli del male che praticavano? Che l’ebbrezza dell’odio avesse completamente eclissato la loro ragione, al punto da negare tante prove che indicavano la messianicità e la divinità di Gesù? È difficile rispondere.
Tuttavia, il timore da loro manifestato riguardo alla Risurrezione del Signore e il fatto che avessero corrotto le guardie allo scopo di diffondere tra il popolo notizie false che negassero la gloria di Gesù risorto, dimostrano fino a che punto vollero spingere la loro ostinazione. Occorre chiedersi se un uomo, senza il misterioso aiuto di qualche angelo caduto, sia capace di arrivare a tanto. Non meritarono forse l’appellativo che il Redentore diede loro quando disse: «Avete per padre il diavolo» (Gv 8, 44)?
Sopportò in cuor suo l’odio del mondo intero
36 Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: 37 «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
I soldati lì presenti rappresentano i gentili, anche se alcuni potrebbero essere stati originari della Palestina. Anch’essi deridono Nostro Signore a causa del cattivo esempio dato dai Giudei, ed è per questo che si può affermare che Gesù sopportò in cuor suo l’odio del mondo intero. Ma questo sacrificio ebbe i suoi frutti.
Infatti, il peccato dei romani fu minore di quello del popolo eletto, così come il peccato di Pilato fu minore di quello del Sinedrio nel condannare il Giusto. Forse per questo motivo, nonostante avessero maltrattato il Signore, ricevettero ai piedi della Croce le prime grazie in vista di una futura conversione, come dimostra l’esclamazione del centurione nel vedere la grandezza con cui il Redentore spirava: «Davvero costui era Figlio di Dio!» (Mt 27, 54). Si apriva in questo modo, tra le nubi della tragedia, uno squarcio affinché la luce della fede potesse filtrare sui pagani, facendo presagire la conversione dell’impero dei cesari.
Una situazione analoga si verifica oggi, quando vediamo i figli della Civiltà Cristiana di un tempo – che hanno beneficiato maggiormente dei frutti del Preziosissimo Sangue versato sulla Croce – voltare le spalle a Dio con un’ostinazione e una malvagità inaudite. Altri popoli, invece, pur seguendo i cattivi esempi di coloro che li hanno preceduti con il segno della fede, sembrano più suscettibili di conversioni folgoranti, che certamente conferiranno al regno di Cristo un rinnovato splendore.
Un Re crocifisso
38 C’era anche una scritta, sopra il suo capo: «Questi è il re dei Giudei».
Il titulus crucis, che oggi si venera nella Basilica della Santa Croce in Gerusalemme a Roma, possiede un significato profondo. Nonostante le reiterate richieste dei sinedriti di cambiarlo, Pilato lo lasciò così come era uscito dalle sue labbra: «Gesù Nazareno, Re dei giudei» (Gv 19, 19). È celebre la sua frase in quell’occasione – «Ciò che ho scritto, ho scritto» (Gv 19, 22), che manifesta la sua determinazione a non mettere in dubbio ciò che aveva fatto risultare su quella tavoletta paradigmatica.
Si trattava della massima autorità civile del tempo in Palestina, considerata legittima da Cristo stesso, che affermava la regalità del Figlio di Dio. In un certo senso, questa iscrizione fatta da Pilato proclamò la verità e ancora oggi possiede connotazioni profetiche di altissimo valore simbolico.
Il buon ladrone e quello cattivo
39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». 40 Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? 41 Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male».
Per umiliare maggiormente il Signore, Lo crocifissero in mezzo a due malfattori. Tuttavia, questo tentativo diabolico di disonorare il Redentore divenne uno dei suoi più grandi titoli di gloria perché, riscattando il buon ladrone – di nome Dimas, secondo una rispettabile tradizione –, Egli portò a compimento nel modo più splendido la sua missione di salvare i peccatori!
Richiama l’attenzione il contrasto tra il ladro cattivo e quello buono. Il primo, oltre ad essere un delinquente, aveva deformato la propria coscienza al punto da non provare vergogna per i propri crimini, diventando un approfittatore vile e utilitaristico. Da qui il fatto che egli si sia aggiunto agli insulti del Sinedrio e dei soldati, con l’obiettivo di smuovere l’orgoglio – se tale vizio poteva esistere in chi non conosceva il peccato – della Divina Vittima e indurLa a operare il miracolo. Lo sguardo interiore di questo miserabile era così offuscato che non era in grado di percepire l’innocenza, la rettitudine e l’integrità che brillavano nell’Agnello Immolato.
Il peccato e l’egoismo rendono l’uomo stolto e fuorviato. Nel caso del ladrone malvagio, il risultato fu terribile: Gesù mantenne il silenzio. Sì, Colui che avrebbe potuto salvarlo lo ignora e lo abbandona alla sua malvagità. Quale sarà il suo destino eterno? Il giudizio spetta solo a Dio, ma la narrazione di San Luca fa ragionevolmente temere la peggiore delle ipotesi.
Il buon ladrone, invece, reagì in modo diverso. Secondo San Giovanni Crisostomo, egli «insegnava ai presenti, meditando sulle parole con cui l’altro rimproverava il Salvatore».7 La provocazione del ladrone malvagio fu occasione per Dimas di esprimere i sentimenti e le riflessioni che in quella lenta agonia della croce affioravano nel suo spirito. Nel silenzio del Calvario e grazie alle preghiere della buona Corredentrice, egli rinsavì, si pentì sinceramente e fu sorprendentemente elevato a un livello altissimo nella vita spirituale.
Con grande acume San Gregorio Magno dice di lui: «Ebbe fede, perché credette che avrebbe regnato con Dio che vedeva morire al suo fianco; ebbe speranza, perché chiese di entrare nel suo Regno […]; e nell’ora della morte, mostrò grande carità, poiché rimproverò il suo compagno di rapina che soffriva per la stessa colpa».8
Uno degli atti di fede più belli compiuti nella Storia
42 E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Com’è nobile credere nella luce quando regnano le tenebre della notte! Allo stesso modo, con quanta bellezza risplende la fede del buon ladrone che vide la Divina Vittima massacrata dai peccatori e credette nel suo regno che varca la soglia della morte e penetra nella vita indefettibile. Di fronte all’umiliazione della Croce, gli stessi Apostoli non ebbero nemmeno una scintilla di questa fede brillante, fatta di certezza nella vittoria di Cristo nel momento in cui Egli sembrava essere travolto dal diluvio del fallimento più pungente. Solo le preghiere della migliore delle madri poterono ottenere che la forza del Preziosissimo Sangue del Figlio si posasse su quel cuore pentito, dandogli una convinzione così solida riguardo al Cielo.
Il dramma della morte, ben accettata in quanto meritata punizione per le trasgressioni commesse, fu lo strumento utilizzato da Dio per dare la vita eterna a un’anima peccatrice. In questo dettaglio emerge con chiarezza meridiana quanto la sofferenza e il dolore contribuiscano alla nostra salvezza!
La prima delle canonizzazioni
43 Gesù gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
Il buon ladrone si presenta come segno della radiosa vittoria ottenuta dall’olocausto del Signore. Abbiamo davanti agli occhi il primo peccatore che è stato portato in Cielo, condotto dalle stesse mani trafitte di Gesù. Dopo di lui ne seguiranno centinaia di migliaia, tra i quali ci troveremo anche noi se ci lasceremo avvolgere, perdonare e sollevare dalla misericordia divina.
Sant’Ambrogio sottolinea la generosità di Cristo nel concedere la ricompensa eterna a chi pregava semplicemente di non essere dimenticato: «Il Signore dà sempre più di quanto Gli si chiede. [Il ladro] chiedeva al Signore di ricordarSi di lui quando sarebbe stato nel suo Regno, ma il Signore gli rispose: ‘In verità, in verità ti dico che oggi sarai con me in Paradiso’. In altre parole, la vera vita consiste nello stare con Cristo perché, dove c’è Cristo, lì c’è il Regno».9
Questa generosità del Salvatore rifulse in tutta la sua portata simbolica sul Calvario, come spiega San Giovanni Crisostomo: «Il diavolo cacciò Adamo [dal Paradiso]; Cristo introdusse il ladrone. […] C’è ancora un altro miracolo più grande da considerare: Egli non Si accontentò di introdurre un ladrone nel Paradiso, ma lo fece davanti alla terra intera e agli Apostoli, in modo che nessuno di quelli che fossero venuti dopo disperasse di entrarvi, o rinunciasse a sperare nella propria salvezza, vedendo un uomo carico di innumerevoli peccati essere ammesso nel palazzo reale. […]. Con una semplice parola, un solo atto di fede, egli salì in Paradiso davanti agli Apostoli, affinché tu apprendessi che non è stata tanto la nobiltà dei suoi sentimenti ad ottenerglielo, ma l’amore del Maestro per gli uomini che fece tutto. […] Vedi la velocità: dalla croce al Cielo, dalla condanna alla salvezza».10
Il patibolo della Croce si è trasformato nel trono della maestà divina, crocifissa e generosa. Come aveva annunciato, da questo trono Nostro Signore attira a Sé tutti gli uomini che hanno il coraggio di sperare in una vita che vada oltre i brevi limiti della nostra esistenza passeggera sulla terra, che termina con la morte e il disfacimento del nostro corpo. In Gesù sacrificato, il cuore umano trova la risposta al suo desiderio di felicità eterna.
III – Egli deve regnare!
Nel Padre Nostro, Gesù ci insegna a pregare nel modo più eccellente. E tra le suppliche in esso contenute, due acquistano particolare luminosità in vista della solennità di oggi: «Venga il tuo Regno» e «Sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra».
È, pertanto, missione di ogni battezzato implorare al Padre della luce l’instaurazione del regno di Cristo, in modo da trasformare il nostro mondo in un’immagine, la più possibile perfetta, degli splendori celesti.
Questo Regno è voluto, soprattutto, da Gesù Cristo stesso
Come compiere questa missione così nobile in mezzo a una società laicista, tecnologizzata e lontana da Dio? Si direbbe che sia qualcosa di semplicemente chimerico o donchisciottesco… Esiste ancora la possibilità di instaurare un ordine di cose simile a quello che regnò nei secoli luminosi dell’Alto Medioevo, con i necessari adattamenti di tempo e di luogo? Ha senso sognare cattedrali intrise di sacro e grandiose, castelli imponenti ed eleganti o una società permeata dalla Fede Cattolica?
La risposta è un categorico sì.
Innanzitutto, perché Dio presiede il corso della Storia e interviene in essa in modo decisivo in momenti scelti da tutta l’eternità. Ce lo dimostra, tra gli altri esempi, la parabola di Nostro Signore sul principe che intraprese un lungo viaggio per essere incoronato re (cfr. Lc 19, 12-27). I suoi detrattori non riuscirono a impedire tale intento ed egli poté ritornare investito della dignità regale. Giunto nei suoi domini, ricevette un resoconto dai servi a cui aveva affidato l’amministrazione dei suoi beni. Dopo aver premiato gli uni e punito gli altri, il re fece giustiziare in sua presenza i suoi nemici.
Questa parabola profetica si realizzò in una certa misura nella distruzione di Gerusalemme, annunciata esplicitamente dal Salvatore in altri passi del Vangelo. Ma essa non si realizzerà forse ogni volta che, nel corso della Storia, ci sarà un tentativo di vanificare o impedire a Gesù di regnare?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo ricordare la solenne dichiarazione fatta dal Sacro Cuore a Santa Margherita Maria Alacoque: «Non aver timore di nulla. Io regnerò a dispetto dei miei nemici e di tutti coloro che a questo vogliano opporsi».11 Questa promessa segnò profondamente lo spirito della Santa, tanto che la ripeté con lievi sfumature in una lettera diretta alla sua antica superiora, Madre de Saumaise: «Continui con coraggio ciò che ha iniziato per la sua gloria, in vista della realizzazione del suo regno. Il Sacro Cuore regnerà nonostante Satana e tutti quelli che egli suscita per opporsi a Lui».12
In cosa consisterà questa vittoria di Cristo Re promessa a Paray-le-Monial? Sicuramente sarà, prima di tutto, il trionfo di Gesù nel cuore dei membri del clero. È impossibile riformare il mondo senza un rinnovamento della disciplina ecclesiastica. Tuttavia, l’impero del Redentore non si limiterà a questo.
Gli obiettivi di Dio sono più ampi, perché Egli è il Signore dell’universo e desidera che tutte le sue creature gli siano soavemente sottomesse. Per questo motivo, nelle stesse rivelazioni a Santa Margherita Maria, il Sacro Cuore di Gesù fece trasmettere il seguente messaggio al re Luigi XIV, che a quell’epoca regnava in Francia: «Fa’ sapere al primogenito del mio Sacro Cuore […] che desidero trionfare sui suoi e, con la sua intermediazione, su tutti i grandi della terra. Desidero regnare nel suo palazzo, essere dipinto sui suoi stendardi e inciso sulle sue armi, […] per farlo trionfare su tutti i nemici della Santa Chiesa».13
Non si sa con certezza se il monarca venne a conoscenza di questo messaggio, anche se è molto probabile di sì. Il fatto è che l’appello paterno, affettuoso e delicato del Re dei re non fu messo in pratica, con le drammatiche conseguenze che questo portò nel corso del tempo, specialmente nella tragica e sanguinosa fine dell’Ancien Régime sotto la lama implacabile della Rivoluzione francese.
In ogni caso, il messaggio a Luigi XIV ci apre l’orizzonte rispetto alle intenzioni del Cuore di Gesù. Egli vuole estendere il suo Regno di bontà, rettitudine e purezza alla società civile, alla cultura, all’arte, ai modi di essere e di comportarsi, facendo sì che tutti gli ambiti dell’attività umana Lo abbiano come Capo. Solo in questo modo sarà fatta la volontà di Dio in terra come in Cielo!
Aspettiamo la venuta del Regno di Gesù, per mezzo di Maria!
Come eco fedelissima del Signore dei signori, proclamiamo pieni di fede che il mondo è in cammino verso il trionfo spirituale di Cristo, che si irradierà nel cuore degli uomini e dominerà sulle istituzioni, i costumi, le mode, i gusti, le società e le famiglie. Allora avremo realizzato l’altra supplica del Padre Nostro: «Venga il tuo Regno».
Questa vittoria, però, avverrà per intermediazione di Maria Santissima, che è intimamente associata al mistero della salvezza come Corredentrice e Madre della nuova umanità redenta dal Sangue dell’Agnello. Anche Lei ha promesso a Fatima che il suo Cuore Immacolato avrebbe trionfato, insieme a quello di Gesù, con il quale forma un unico Cuore.
I mezzi con cui avverrà questo trionfo ci sono sconosciuti nei loro dettagli. Sappiamo solo che, alla maniera del buon ladrone, l’umanità deve essere scossa fino a riconoscere, nell’umiliazione, la sua prevaricazione e la sua colpa. Allora, tra le asprezze della penitenza, sarà innalzata a una splendida altezza da una nuova Pentecoste mariana, perché senza la grazia questa conversione non si opererà. In effetti, sono necessari torrenti di grazia irresistibili.
Spetta a noi affrettare questo momento con la nostra preghiera fiduciosa, con una lotta instancabile e un generoso spirito di sacrificio. ◊
Note
1 PIO XI. Quas primas, n.1.
2 Idem, n.17; 19.
3 Idem, n.20.
4 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Revolução e Contra-Revolução. 5.ed. São Paulo: Retornarei, 2002, pp.57-58.
5 Idem, p. 59.
6 Idem, p. 97.
7 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Lucam, cap.XXIII, vv.38-43.
8 SAN GREGORIO MAGNO. Moralium Libri. L.XVIII, c.40, n.64: PL 76, 74.
9 SANT’AMBROGIO. Tratado sobre el Evangelio de San Lucas. L.X, n.121. In: Obras. Madrid: BAC, 1966, p.605-606.
10 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Sermons sur la Genèse. Sermon VII, n.4: SC 433, 327-329.
11 HAMON, SJ, Auguste. Sainte Marguerite-Marie. Sa vie intime. 3.ed. Paris: Gabriel Beauchesne, 1931, p. 198.
12 Idem, p. 219.
13 Idem, p. 221.