Vangelo – Solennità di
Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo
In quel tempo, Pilato 33b fece chiamare Gesù e Gli disse: «Tu sei il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l’hanno detto sul mio conto?».35 Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti Ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». 36 Rispose Gesù: «Il mio Regno non è di questo mondo; se il mio Regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio Regno non è di quaggiù».37 Allora Pilato Gli disse: «Dunque Tu sei Re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; Io sono Re. Per questo Io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18, 33b-37).
I – La più autentica delle monarchie
Scorrendo le pagine dell’Antico Testamento, uno degli episodi della storia della nazione eletta attira l’attenzione in modo particolare. Qual è il suo vero significato?
A un certo punto, gli israeliti si sentono in inferiorità rispetto agli altri popoli governati da re, in quanto vivono in un regime teocratico, guidati da Dio attraverso i giudici. Allora chiedono a Samuele un monarca. Discutono con il profeta, che è colto da indignazione, ma alla fine i loro desideri vengono esauditi. E quando arriva il momento di instaurare il nuovo regime, Dio stesso manda Samuele a ungere Saul come re (cfr. 1 Sam 8, 4-22; 9, 17; 10, 1).
Ora, questa monarchia, così istituita, nasce da un’infedeltà e le parole divine, che spiegano all’ultimo giudice d’Israele le ragioni che portano il popolo ad agire in questo modo, non lasciano spazio a dubbi: «Costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato Me, perché io non regni più su di essi» (1 Sam 8, 7). Pertanto la nazione eletta non volle più essere governata direttamente da Dio. Va aggiunto inoltre che i vantaggi del personaggio scelto sembrano essere piuttosto terreni e naturali: «Non c’era nessuno più bello di lui tra gli Israeliti; superava dalla spalla in su chiunque altro del popolo» (1 Sam 9, 2). A giudicare dalla descrizione, bastò una presentazione fisica di rilievo e trenta centimetri di statura in più rispetto alla media degli uomini per conferire a Saul il titolo di supremazia.
Dio non aveva forse suscitato nel profondo dell’anima degli israeliti il desiderio di una regalità da stabilire in forma inedita sulla faccia della terra, legata all’eternità?
In ogni caso, è possibile fare delle congetture sulle cause di quanto accaduto. Dio non aveva forse suscitato nel profondo dell’anima degli israeliti il desiderio, forse implicito, di stabilire una regalità senza precedenti sulla faccia della terra e, in un certo senso, legata all’eternità? Non si aspettavano forse un re che andasse ben oltre ogni immaginazione umana? Sotto l’influenza di tale ispirazione, molto diversa avrebbe dovuto essere la formulazione della richiesta degli anziani al profeta: «Samuele, intercedi per noi presso Dio! Questi re che governano le altre nazioni sono uomini miserabili, egoisti ed egolatri che disprezzano la natura umana e cercano di schiavizzare i sudditi per tenerli al loro servizio e per la loro gloria personale. Chiedi al Signore un monarca come non è mai stato dato a nessun popolo! Sia egli tra noi il riflesso della bontà divina! Regni su di noi come Dio stesso e ci ottenga la più bella manifestazione della nostra teocrazia».
Ma essi, spinti dal desiderio di essere come tutti gli altri popoli (cfr. 1 Sam 8, 20), non seppero interpretare il soffio della grazia. Esattamente al contrario, lo materializzarono dicendo solo: «Stabilisci per noi un re che ci governi» (1 Sam 8, 5), e sollecitarono l’umanizzazione di quello che Dio voleva certamente dare loro, con immensa abbondanza, in campo soprannaturale.
Dio, però, approfitterà di questa infedeltà per realizzare la più grande delle meraviglie, incomparabilmente più grande di quella che gli Ebrei desideravano: una volta fondata la monarchia in Israele e, quindi, stabilita la nuova dinastia fissata a partire da Davide, da essa nascerà il vero Sovrano, non solo del popolo ebraico, ma dell’intero universo. Un Re di maestà e grandezza divina, la cui origine si perde nell’eternità, che scende da altezze infinite per salvarci; un Re che dona il suo Sangue Prezioso per i sudditi: Cristo Re, che celebriamo in questa solennità.
II – Solenne proclamazione contro il relativismo
Papa Pio XI1 insegna come, nel corso della Storia, le feste della Santa Chiesa siano nate e si siano aggiunte all’Anno Liturgico, istituite e organizzate dall’infallibile Cattedra di Pietro con l’intento di beneficiare i fedeli in funzione delle necessità di ogni epoca. Così, rendendo culto ai martiri, fin dai primi tempi, la Liturgia incentivava la fedeltà, facendo sì che le persone si sentissero sostenute dal loro esempio e non rinnegassero la Fede in nessuna circostanza. In seguito, debellate le persecuzioni dall’azione della grazia ed entrando i cristiani in un periodo di pace, si commemorarono anche le vergini, i confessori e le vedove, innumerevoli figure di cui la Chiesa si stava arricchendo. Sorgono allora le feste della Madonna e, alla fine del Medioevo, quando si affievolisce il fervore per il Santissimo Sacramento, si istituisce una celebrazione propria, con lo scopo di adorare il Sacro Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo sotto le Specie Eucaristiche. Successivamente, con il venir meno della freddezza rigorista propagata dagli errori del giansenismo, fu istituita la festività del Sacro Cuore di Gesù. Il suo effetto fu quello di infondere coraggio e riaccendere la speranza della salvezza eterna.
Infine, l’11 dicembre del 1925, quando già si avvertiva la terribile e travolgente ondata di laicismo che avrebbe invaso tutti i Paesi e portato l’umanità a voltare le spalle a Dio, nel momento in cui molti cattolici davano il loro sangue per difendere Cristo e la sua Chiesa, Papa Pio XI2 si avvalse del potere conferito a Pietro con le chiavi del Regno dei Cieli, e proclamò con la sua voce infallibile: Cristo è Re! L’Enciclica Quas primas, che istituiva la festa della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo al termine dell’Anno Liturgico,3 aveva un significato speciale come opposizione al relativismo e all’ateismo: dichiarava al mondo che tutto ha la sua fine e il suo principio in Cristo, Re dell’Universo.
III – Gesù dichiara la sua regalità
Nella prima lettura (Dn 7, 13-14) di questa Liturgia, la visione di Daniele ci mostra Nostro Signore Gesù Cristo nella manifestazione della sua grandezza regale: «Gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano» (7, 14a).
Istituendo la festa della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo alla fine dell’Anno Liturgico, la Santa Chiesa dichiara al mondo che tutto ha la sua fine e il suo principio in Cristo, Re dell’Universo
Egli è infatti il Re glorioso, incoronato nell’eternità e detentore dell’autorità su tutta la creazione. Ma, paradossalmente, il Vangelo di San Giovanni presenta la figura di questo Re in una situazione di umiliazione, con le mani legate, in procinto di essere flagellato, coronato di spine, condannato dal suo stesso popolo, crocifisso e ucciso. E, allora, inizia uno dei dialoghi più belli di tutta la Scrittura.
Il governatore interroga l’Onnipotente
In quel tempo, Pilato 33b fece chiamare Gesù e Gli disse: «Tu sei il re dei Giudei?»
Dalla domanda si evince che il governatore aveva già sentito le denunce dei membri del Sinedrio contro il Divin Prigioniero (cfr. Mc 15, 3; Gv 18, 28-30) e voleva conoscere le sue intenzioni. Intendeva salire sul trono d’Israele e sollevare i Giudei contro il dominio di Roma (cfr. Lc 23, 1-2)? Si sarebbe di fatto arrogato il titolo di Messia quando, pochi giorni prima, entrando a Gerusalemme, era stato acclamato dalla folla come Figlio di Davide (cfr. Mc 11, 9-10)? Eppure il romano vedeva davanti a sé un Uomo così rispettabile, virtuoso, equilibrato e sottomesso! Si trattava veramente di un rivoluzionario?
34 Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l’hanno detto sul mio conto?»
La domanda con la quale Gesù replica a quella di Pilato è ricca di simbolismo. Pilato si pone come signore assoluto rispetto a Lui, visto che si accinge a giudicarLo. Ora, Gesù è l’Onnipotente e, se volesse, potrebbe far tornare il suo interlocutore al nulla, o addirittura potrebbe cancellarlo dalla memoria degli uomini. Sa che i Giudei Lo hanno calunniato e che il governatore agisce subendo le loro pressioni temendo di essere danneggiato dai loro intrighi con l’imperatore. Perciò gli risponde con calma, mettendolo di fronte al problema, come per ammonirlo: «Questo viene da dentro di te, o hai paura delle calunnie che metteranno in atto contro di te?».
Davanti a Pilato, rappresentante del potere supremo dell’epoca, Gesù dà di Sé e della sua autorità regale una visione del tutto soprannaturale, che sarà odiata e perseguitata nel corso della Storia
«Con queste parole», commenta Teofilatto, «Gesù insinua che Pilato è un giudice parziale, come se dicesse: ‘Se dici questo da te, mostra i segnali di una mia ribellione; se, invece, hai sentito questo da altri, apri un’inchiesta ordinaria’».4 E Sant’Agostino sottolinea: «Gesù conosceva molto bene tanto la domanda quanto la risposta che Pilato Gli avrebbe dato. Ma voleva che fosse espressa a parole, non per conoscerla, ma perché rimanesse scritto ciò che voleva che noi sapessimo».5
Gesù, segno di contraddizione
35 Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?».
Il governatore continua ancora ad argomentare, sostenendo di non essere coinvolto nell’arresto del Signore, e che gli era stato consegnato dagli stessi Giudei. Era questa l’occasione scelta da Gesù per dichiararSi Re, nonostante si trovasse in circostanze che suggerivano il contrario. Egli era entrato a Gerusalemme acclamato come Re, ma tale acclamazione corrispondeva a una concezione bassa, naturalistica e terrena della regalità. La nazione voleva portare in trionfo un potentato di questo mondo, un messia politico che, aiutato dai miracoli, avrebbe dovuto ottenerle una salvezza strettamente umana: l’eliminazione delle imposte e la supremazia sui romani.
In relazione a questa mentalità materialista, Nostro Signore sarà una pietra di scandalo e un segno di contraddizione (cfr. Lc 2, 34). Davanti a Pilato, rappresentante del potere supremo dell’epoca, Egli darà di Sé e della sua autorità regale una visione molto diversa – l’unica valida –, tutta soprannaturale, che sarà odiata e perseguitata da molti nel corso di tutta la Storia, ma che rimarrà il segno del Cristianesimo fino alla fine dei tempi.
L’onnipotenza della verità
36 Rispose Gesù: «Il mio Regno non è di questo mondo; se il mio Regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio Regno non è di quaggiù».
Si potrebbe forse concludere che, con questa rivelazione, Gesù abbia rinunciato al suo dominio sul mondo. Una simile affermazione è priva di senso, dato che Egli è l’Onnipotente a cui l’universo intero è soggetto. Al contrario, Egli vuole ricordarci che è prima di tutto l’Uomo-Dio, come spiega San Tommaso, citando il pensiero di San Giovanni Crisostomo su questo passo del Vangelo: «Tu chiedi se sono Re, e Io ti dico di sì. Ma lo sono per un potere divino, perché a questo scopo sono nato dal Padre, da una natività eterna, come Dio da Dio, oltre che come Re da Re».6
Pertanto, la vera portata della sua dichiarazione è questa: «Il Mio Regno non è come i governi di questo mondo, né secondo le sue massime». Anzi: come Autore della grazia e, in maniera speciale, attraverso la Redenzione che opererà, Gesù è il Re dei cuori. Egli è venuto a offrire agli uomini la filiazione soprannaturale, che non consisterà in un’adozione secondo il concetto umano, ma nella reale partecipazione alla sua natura divina, come dirà più tardi l’Apostolo San Giovanni: «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente» (1 Gv 3, 1). Sì, figli di Dio, eredi del trono celeste e principi di una casa eterna!
Nostro Signore è il Re dei cuori, perché è venuto nel mondo per offrire agli uomini la filiazione soprannaturale, che consiste nella partecipazione reale alla sua natura divina
Pilato intese qualcosa del significato della risposta di Gesù. Incerto e spaventato, forse aveva ricevuto una grazia concessa dal Salvatore stesso. Manifestò allora l’inquietudine che lo invadeva di fronte a quel maestoso e incomparabile Accusato che Si proclamava Re dell’eternità.
37 Allora Pilato Gli disse: «Dunque Tu sei Re?»
Ancora una volta, Gesù non negherà la sua regalità e farà l’ultima affermazione e la più sublime al riguardo: l’Unigenito del Padre non è venuto a governare con la forza, ma con l’onnipotenza della verità. Egli portava la spiegazione e il senso dell’intero ordine della creazione, inaugurando così il «Regno di verità e di vita, Regno di santità e di grazia».7
37Rispose Gesù: «Tu lo dici; Io sono Re. Per questo Io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
E a conclusione del dialogo – registrato nei minimi particolari dal Discepolo Amato – come estremo invito «intendeva persuadere Pilato a unirsi a coloro che erano ricettivi ai suoi insegnamenti».8 Come se gli chiedesse: «E tu, Pilato, ascolterai la mia voce?». Il governatore romano, però, non volle ascoltare questo appello e condannò il Giusto, spinto dall’attaccamento alla sua carica. Ascoltiamo la voce della Verità e adoriamo il Re Divino che oggi, attraverso la Liturgia, ci esorta a meditare sui fondamenti della sua regalità.
IV – Il triplice fondamento della regalità di Gesù
Re per natura divina
«Il Signore regna, si ammanta di splendore; il Signore si riveste, si cinge di forza; rende saldo il mondo, non sarà mai scosso. Saldo è il tuo trono fin dal principio, da sempre tu sei!» (Sal 93, 1-2), canta il Salmo Responsoriale di questa Solennità di Cristo Re. Infatti, in quanto Figlio Unigenito del Padre e Seconda Persona della Santissima Trinità, Egli esiste da tutta l’eternità e ha creato l’universo come suo Regno, sul quale ha il diritto di governare, essendo, tra l’altro, il Signore assoluto degli Angeli e degli uomini e il Dominatore degli inferi. Di conseguenza, la prima ragione del potere regale di Gesù è la sua natura divina. Innanzitutto, Egli è Re perché è Dio.
Tuttavia, nessuna regalità è attribuita alle altre due Persone della Trinità, né esiste nella Liturgia Cattolica una festa per onorare il Padre o lo Spirito Santo come Re, sebbene Essi siano stati associati al Figlio in tutta l’opera della creazione. Perché?
Re in quanto Uomo
Perché qualcuno sia re – nel senso stretto del termine – è indispensabile avere la stessa natura dei sudditi. Ora, tra le Persone Divine, questa caratteristica si trova solo nel Figlio, dal momento che è stato l’unico a incarnarSi, conservando nella sua umanità la pienezza della natura divina. E da allora, oltre ad essere Creatore e Signore, è diventato il nostro Capo.
Essendo Re per natura divina e per tutte le prerogative insite nell’Incarnazione, Gesù ha acquisito anche il titolo di regalità per diritto di conquista, come Redentore
E qual è stato il primo trono della sua regalità? Maria Santissima! Nel Suo grembo materno e verginale, l’Onnipotente ha assunto una configurazione umana, è diventato di fatto Re e ha dato inizio al suo Regno.
Ma era necessario che la gloria di Nostro Signore Gesù Cristo, in quanto Figlio dell’Uomo, fosse totale e, per questo, sebbene avesse ricevuto il titolo di Re attraverso l’Incarnazione, era opportuno che Egli lo ottenesse anche attraverso la Redenzione.
Re per diritto di conquista
Creati in grazia e godendo dell’amicizia di Dio nel Paradiso Terrestre, Adamo ed Eva, però, peccarono, abbandonando le meraviglie della partecipazione alla natura divina. Di conseguenza, i Cieli si chiusero e gli uomini passarono ad essere concepiti nel peccato, privati della vita soprannaturale. Tutta l’umanità, schiavizzata e condannata alla morte spirituale, si trovava nelle maglie di Satana.
Ciò nonostante, da quando il Verbo di Dio aveva deciso di incarnarSi, il suo Sacro Cuore, divino e umano, pieno di bontà, di misericordia e di amore, Si è mosso con affetto verso ciascuno di noi come se fossimo figli unici. Sconfiggendo il demonio, Egli ha riparato l’offesa causata dalla trasgressione dei nostri progenitori, ci ha liberati dalla macchia originale e ci ha aperto le porte della beatitudine; ha riconquistato e ci ha restituito, in alto grado, ciò che era andato perduto nel Paradiso, portandoci lo straordinario premio dei Sacramenti, soprattutto il Battesimo e il perdono dei peccati, beni insuperabili perché eterni, che ci santificano e ci elevano alla sua natura.
Inoltre, invece di incarnarSi in stato glorioso, Egli assunse un corpo sofferente, al punto da soffrire per noi necessità, angosce e mancanze durante tutta la sua esistenza terrena. Avendo il potere di operare la Redenzione del genere umano con un semplice atto di volontà – soltanto un sorriso alla nascita, rivolto alla sua Santissima Madre! – volle compiere la sua missione sopportando gli inenarrabili tormenti della Passione e dando la Sua stessa vita. Permise che si scatenasse contro di Lui tutto l’odio che c’è contro Dio, accettò di essere condannato secondo un giudizio totalmente ingiusto e Si lasciò portare dai suoi aguzzini alla morte in Croce, quando aveva il potere di distruggerli e annientarli in un solo istante. Infine, con la sua Risurrezione, conquistò la nostra e, salito al Cielo, offre incessantemente il suo sacrificio al Padre per tutta l’eternità. Così, Lui, che era già Re per natura divina e per tutte le prerogative inerenti all’Incarnazione, acquisì ancora più autenticamente il titolo della regalità come Redentore, per diritto di conquista.
La pienezza della regalità
Sì, Nostro Signore Gesù Cristo è Re e il suo impero è stabilito in due tappe. Nella prima, quella di questo mondo, il suo campo di realizzazione è la Santa Chiesa Cattolica e il suo obiettivo è la santificazione delle anime. La giurisdizione di Nostro Signore si esercita all’interno dei cuori per mezzo della grazia e, in apparenza, permette agli uomini di agire secondo i loro desideri, visto che sono ancora in stato di prova. Legifera con l’infallibilità papale, giudica nel confessionale ed esegue i suoi decreti in modo non manifesto. Tuttavia, questo Regno è invincibile, come Egli stesso ha affermato quando promise l’immortalità alla sua Chiesa, dicendo che «le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16, 18), e come già preannunciava anche la profezia di Daniele: «Il suo potere è un potere eterno che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto» (7, 14b).
Oltre a non essere distrutta – nonostante tutti i tentativi dei suoi nemici – la Santa Chiesa produrrà innumerevoli frutti nel corso dei secoli, sempre superiori gli uni agli altri; ma i suoi aspetti ultimi e più belli risplenderanno alla fine del mondo, nel giorno in cui il Divin Re consumerà la sua vittoria sulla morte, sul peccato e sul demonio, e sarà glorificato come Figlio fedelissimo del Padre.
Alla fine del mondo, tutti gli uomini, buoni e cattivi, coloro che andranno in Cielo e coloro che saranno condannati all’inferno, vedranno in modo chiaro e visibile la gloria di Nostro Signore Gesù Cristo in quanto Re
Inizierà allora l’altra fase del suo regno. Per questo, nella seconda lettura (Ap 1, 5-8) di questa solennità, il Libro dell’Apocalisse ci pone davanti a un orizzonte fatto di grandezza che culmina nel Giudizio Universale: «Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati […], a Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen» (1, 5-6). Tutti i popoli vedranno la gloria di Nostro Signore Gesù Cristo in quanto Re – ora in modo palese e manifesto – buoni e cattivi, quelli che andranno in Cielo e quelli condannati all’inferno.
«Ecco, viene sulle nubi e ognuno Lo vedrà; anche quelli che Lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per Lui il petto. Sì, Amen!». (Ap 1 ,7). Restaurata la creazione nel suo ordine perfetto, Egli la restituirà al Padre e dirà: «Ecco il potere che Io ho conquistato. Consegno nuovamente l’universo nelle tue mani». E, in quel momento, il nostro Re avrà ricevuto la pienezza della regalità per diritto di conquista.
V – Siamo della stirpe del Re
La Solennità di Cristo Re, invitandoci a rivolgere la nostra attenzione e il nostro cuore a questi panorami grandiosi, richiede l’adempimento di responsabilità speciali nella nostra vita.
Poiché partecipiamo alla natura divina e siamo diventati figli di Dio attraverso il Battesimo, tra gli altri privilegi ci spetta anche la sua regalità, perché oltre ad essere cortigiani di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dei re, apparteniamo alla sua famiglia come Suoi veri fratelli, elevati al rango di principi. Egli vuole condividere con noi la felicità che possiede da tutta l’eternità come Figlio Unigenito, godendo della familiarità e dell’intimità con il Padre e lo Spirito Santo, e ci assocerà anche alla manifestazione della sua magnificenza, quando verrà alla fine dei tempi. Questa è la nostra nobiltà.
Pertanto, se ci rallegriamo di appartenere alla stessa stirpe e famiglia reale di Nostro Signore Gesù Cristo, tempio della Santissima Trinità, siamo obbligati a portare questa filiazione fino alle sue ultime conseguenze nella nostra esistenza quotidiana.
Signore, sono tuo!
Cosa chiediamo nell’Orazione Colletta nella Messa della Solennità di Cristo Re? «Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell’universo, fa’ che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine».9 Che le creature Lo glorifichino nella sua regale grandezza! Ora, per glorificare il suo sovrano, un suddito deve innanzitutto essere fedele alle sue leggi e alle sue raccomandazioni.
Rallegriamoci di appartenere alla stessa stirpe e alla stessa famiglia reale di Nostro Signore Gesù Cristo e portiamo questa filiazione fino alle sue ultime conseguenze nella nostra esistenza quotidiana
Le leggi del mio Re si trovano nei Dieci Comandamenti, nel Vangelo e anche dentro di me, attraverso il senso morale che ho ricevuto fin dall’infanzia. In relazione ad esse, devo essere completamente retto, perseverare nella grazia di Dio, cercando di praticare al massimo la virtù, con un’aspirazione sempre più accentuata per la perfezione e la santità, perché nulla offende questo Re più del peccato. Se, al contrario, scelgo le vie del vizio e deformo la mia coscienza per vivere nell’indifferenza, rinuncio a partecipare alla Sua regalità e seguirò altri re: il demonio, il mondo e la carne.
In questa magnifica solennità della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, con l’anima pervasa da tante meraviglie, benedizioni e grazie, voglio rivolgermi a Lui e dirGli: «Signore, sono tuo! Sono tua! Nonostante le mie debolezze e le mie fragilità, regna nel mio cuore, nei miei pensieri, nei miei sentimenti. Regna nella mia anima attraverso Maria Santissima, il trono che hai scelto per nascere, Regina perché è Madre tua e anche mia». ◊
Note
1 Cfr. PIO XI. Quas primas, n. 21-23.
2 Cfr. Idem, n. 25.
3 Secondo la decisione di Papa Pio XI nell’Enciclica Quas Primas, la Solennità di Cristo Re dovrebbe essere celebrata l’ultima domenica di ottobre: «Ci sembrò poi più d’ogni altra opportuna a questa celebrazione l’ultima domenica del mese di ottobre, nella quale si chiude quasi l’anno liturgico, così infatti avverrà che i misteri della vita di Gesù Cristo, commemorati nel corso dell’anno, terminino e quasi ricevano coronamento da questa solennità di Cristo Re» (Idem, n.31). Nella Liturgia attuale, invece, viene celebrata l’ultima domenica del Tempo Ordinario.
4 TEOFILATTO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Ioannem, c.XVIII, v.33-38.
5 SANT’AGOSTINO. In Ioannis Evangelium. Tractatus CXV, n.1. In: Obras. 2.ed. Madrid: BAC, 1965, vol.XIV, p.565.
6 SAN TOMMASO D’AQUINO. Super Ioannem, c. XVIII, lett. 6.
7 SOLENNITÀ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO, RE DELL’UNIVERSO. Prefazione. In: MESSALE ROMANO. Traduzione Conferenza Episcopale Italiana; Roma, Ed. Fondazione di Religione San Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, 2020, p.297.
8 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homilías sobre el Evangelio de San Juan. Homilía LXXXIV, n.1. Madrid: Ciudad Nueva, 2001, vol.III, p.260.
9 SOLENNITÀ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO, RE DELL’UNIVERSO. Orazione Colletta. In: MESSALE ROMANO, op. cit., p.296.