Tutti… tranne uno!

Il monumento rappresentato in queste pagine acquista un fascino maggiore se analizzato dal punto di vista dei suoi costruttori. Invitiamo quindi il lettore a un viaggio nella Roma del 93 d.C.

Per Giove, che buona idea ha avuto Marco Vespasiano Agrippa nel costruire questo tempio! Il Pantheon: che maestosità, che determinazione, che forza! E, detto tra noi, che colpo da maestro… Agrippa merita davvero di avere il proprio nome inciso sul portico.

«Dignus Roma locus, quo Deus omnis eat Roma è luogo degno per ogni dio»,1 cantava il poeta Ovidio. Sì, ed è in questo Pantheon romano che fu finalmente firmata la tregua degli dei dell’Olimpo.

Nonostante l’età – sono ormai più di cento anni dalla sua costruzione – questo gioiello risplende ancora di giovialità. Il sole non ha scolorito i marmi policromi, le porte di bronzo resistono alla brama del tempo, le sedici colonne monolitiche sorreggono, eleganti e possenti come le braccia dei nostri atleti, la cupola ricoperta di lamine d’argento.

E l’interno ospita una meraviglia ancora più grande. Entriamo! Entriamo, che a questo hanno diritto tutti i cittadini romani. Il pavimento è meraviglioso con le sue pietre levigate che riflettono il sole, il quale entra splendente da un’apertura di nove metri di diametro. La cupola… Eccola lì, un vero e proprio cielo di pietra. Con 43,5 metri di altezza e 43,5 metri di diametro, il soffitto forma una semisfera perfetta, in ricordo della volta celeste.

Veduta dell’interno del Pantheon

Ma distogliamo lo sguardo dal cielo per rivolgerlo agli dei. Anch’essi, come noi, si trovano sulla terra. Ciascuna delle numerose nicchie accoglie una divinità. Ecco Minerva Criselefantina, madre dell’imperatore Domiziano felicemente regnante. Al suo fianco, Giove Vendicatore minaccia di ridurre le nuvole in fulmini e i mortali in brandelli. Venere, poco distante, sfoggia gioielli molto terreni, visto che appartenevano a Cleopatra. Bacco, nel suo angolo, ride ubriaco.

Un tempo avevano nomi diversi, come Atena e Zeus, ma sono presenti anche quelli che hanno omesso il cambio di nome e che comunque compongono questo comitato intercontinentale: la frigia Cibele; la fenicia Astarte; il dio Attis; Baal, l’infanticida siro-fenicio; una delegazione egizia presieduta da Osiride-Serapide, accompagnato dalla sposa Iside; Mitra, il patrono persiano della luce; Adone di Byblos; Tammuz; Malakbel di Palmira; Dushara, l’arabo… e tanti altri numi d’importazione.

Sculture di Giove, Atena e Bacco

Come si può vedere, gli asiatici sono di moda; è stato questo, del resto, a motivare il brontolio conservatore e satirico di Giovenale alcuni giorni fa: «Iam pridem Syrus in Tiberim defluxit Orontes – Già da tempo l’Oronte di Siria sfocia nel Tevere».2 Quel giorno, al Senato, si è tenuta una discussione degna di essere presieduta da Marte stesso. Ma la diplomazia ha vinto. Cioè, la fede…

Qui nel Pantheon, invece, regna la pace, grazie all’ingegnere che lo ha progettato. Questo cerchio perfetto è stato creato per evitare qualsiasi disputa tra gli dei: nessuno di loro occupa una posizione più elevata. Inoltre, non c’è un centro. Il luogo verso il quale si volgono è riservato esclusivamente agli uomini. Cosa possiamo fare? È l’unico modo per riunirli tutti.

Tutti… tranne uno. Uno che non Si sarebbe rassegnato a questa condizione di uguaglianza. È il Dio dei cristiani! E quando, l’altro giorno, abbiamo discusso sulla massiccia immigrazione degli dei asiatici, a questo Gesù Cristo è stato negato l’ingresso. Ci risultano, infatti, almeno due crimini da Lui perpetrati contro la società degli uomini e degli dei: l’esclusivismo e la radicalità.

Esclusivismo: è proclamato come unica divinità dai suoi seguaci. Se almeno si accontentasse di essere il primo tra i primi, come Giove, Lo tollereremmo ancora. Ma no! Non è uno tra gli altri; è l’unico, ripetono i cristiani.

Radicalità: insegna la mansuetudine, la castità, il distacco dai beni terreni, la fede in una vita eterna, la credenza in una resurrezione finale; peggio di tutto, questa dottrina si traduce in opere. Se Egli non predicasse la continenza, gli edonisti Lo adorerebbero; se la sua legge non avesse un’espressione pratica, i filosofi Lo elogerebbero; se non menzionasse una resurrezione, gli stoici crederebbero in Lui.

Facciata del Pantheon, Roma

La conclusione è stata più che semplice: Domiziano, il nostro augusto Cesare, ha decretato la persecuzione e la morte dei cristiani. A meno che, naturalmente, non abiurino questo credo in favore di una posizione più moderata. La moderazione… è fondamentale. Non ha diritto di cittadinanza una religione che si creda quella vera. Non c’è posto nel Pantheon per un Dio unico e infinito, soprattutto quando porta con sé una morale.

*     *     *

Questi erano i pensieri che affollavano la mente di un patrizio romano durante la seconda persecuzione contro la Chiesa cattolica, nel 93 d.C., anno in cui, ancora una volta, i pagani constatarono che quella religione non poteva mescolarsi alle altre. A cosa portò tutto questo? Secoli di sincretismo, più diplomatico che sincero, crollarono sotto il sangue dei discepoli di Gesù Cristo, e la prigione delle antiche e false divinità, che era il Pantheon, cedette le sue colonne alla Chiesa di Santa Maria dei Martiri. Il Dio unico aveva vinto.

Eppure, quel romano che visse sotto il nome di Tacito esiste ancora oggi in qualche angolo recondito, forse inconsapevole, di chi desidera il ritorno del Pantheon e, per questo stesso motivo, la rovina della Chiesa. ◊

 

Note


1 OVIDIO. Fastorum. L.IV, v.270.

2 GIOVENALE. Satira. L.III, v.62.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Altro dall'autore

Articoli correlati