Tempo di una nuova conversione

Inveendo contro l’ipocrisia di farisei e sadducei, San Giovanni ci pone nella prospettiva del Giudizio Finale, dal quale nessuno potrà sfuggire. Quel giorno, a nulla varranno le esteriorità se non avremo prodotto frutti che provino la nostra conversione.

Vangelo – II Domenica Di Avvento

In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea: 2 «Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino!». Giovanni è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: ‘Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!’

Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora accorrevano a Giovanni da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano. Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: ‘Abbiamo Abramo per padre’. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre.

10 Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12 Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile» (Mt 3, 1-12).

I – Avvento, tempo per una revisione…

Quando una nave esce dal cantiere per la prima volta, è abitudine realizzare una cerimonia nella quale alla nuova imbarcazione viene imposto il nome e, per concludere, si infrange una bottiglia di champagne in modo spettacolare contro lo scafo, facendo scorrere lì tutto il suo prezioso liquido. Secondo un’antica credenza, migliore è la qualità dello spumante, maggiore sarà la probabilità che la nave solchi i mari in sicurezza. Dopo di che, con la fiancata appena verniciata, liscia e completamente pulita, l’imbarcazione viene varata in acqua e inizia a navigare negli oceani. Con il passare degli anni la velocità della nave diminuisce, non per una perdita di forza del motore, ma perché sullo scafo si incrostano molluschi in grande quantità rendendo difficile la navigazione. Per riacquistare la velocità iniziale è necessario ritornare al cantiere e rimuovere questa crosta. Anche le automobili quando sono nuove funzionano bene, e dopo un certo tempo di utilizzo è necessario sottoporle a una revisione, al fine di garantire il buon funzionamento dei loro meccanismi.

Per quanto riguarda la salute, la nostra situazione è simile. Periodicamente dobbiamo sottoporci a un checkup medico o andare dal dentista per verificare se tutto è in ordine. Ma, soprattutto, abbiamo bisogno di fare una revisione… dell’anima. Dobbiamo analizzare con frequenza la nostra vita spirituale, perché, sebbene siamo battezzati, riceviamo i Sacramenti con assiduità e pratichiamo con serietà la Religione, è frequente incorrere in circostanze che ci inducono a commettere certe imprudenze o ad attaccarci alle vanità di questo mondo, e acquistiamo manie e cattive abitudini.

Molte volte riteniamo che ciascuno esista per sé, indipendente da Dio e senza relazione con gli altri, e che nessuno veda i nostri pensieri e le nostre azioni nascoste. Invece, è soltanto una questione di tempo perché tutto diventi pubblico. La nostra situazione è simile a quella di una persona che, in possesso di un documento con un importante segreto, lo metta in una busta all’interno del caveau di una banca e che di notte, però, riceva la visita di un Angelo, inviato da Dio, con l’ordine di comunicare quel testo segreto all’umanità intera… Così sarà il Giudizio Universale: tutti i nostri pensieri, i desideri, le macchinazioni, tutto quello che avremo fatto di buono e di cattivo sarà noto a tutti gli uomini, beati o condannati, senza eccezione per nessuno, inclusi gli Angeli e i demoni, come ci insegna la dottrina cattolica.1

È per questo che, nella sua straordinaria sapienza, la Chiesa distribuisce la Liturgia nel corso dell’anno in maniera da offrirci, in determinati momenti, l’opportunità di fare la nostra revisione spirituale. Uno di questi periodi è l’Avvento, tempo di conversione, ossia, tempo di esame di coscienza, di penitenza e di cambiamento di vita. La predicazione di San Giovanni Battista, raccolta da San Matteo nel Vangelo di oggi, ci offre preziosi spunti per questo.

II – «Convertitevi …»!

In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea

Possiamo delineare meglio lo scenario dell’attività del Precursore rifacendoci alla narrazione di San Luca, il quale registra che Giovanni «percorse tutta la regione del Giordano» (Lc 3, 3). A causa della prossimità del fiume, ai cui margini cresce abbondante vegetazione, questo luogo corrisponde a una parte meno selvaggia dell’inospitale ed estesa zona circostante il Mar Morto, nota col nome di deserto della Giudea. Infatti, San Giovanni aveva vissuto gli anni precedenti alla sua missione pubblica nei paraggi solitari situati più a nord di questa aperta campagna, dove anche, più tardi, Nostro Signore avrebbe trascorso i quaranta giorni di digiuno, dopo essere stato battezzato.2

Ascoltiamo le parole che Giovanni Battista proferiva, cercando di applicarle alla nostra situazione personale.

Deserto della Giudea (Israele)

La falsa speranza del mondo

2 «Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino».

Nel Battesimo, tutti riceviamo una semente del Regno di Dio, che dobbiamo far crescere in noi con la pratica della Religione, mentre aspettiamo il momento di possederlo in pienezza, nell’eternità. Tuttavia, nel mondo moderno questa speranza della vita eterna è sostituita da un’altra speranza, il cui oggetto non è Dio: è la tecnica, sono le invenzioni e le scoperte scientifiche, che rendono l’esistenza umana più gradevole e la prolungano in modo considerevole. Si giunge persino ad ammettere l’idea che la scienza farà anche sorgere l’elisir le cui proprietà renderanno immortali gli uomini. Ora, la tecnologia e la medicina possono, in verità, aumentare il numero dei nostri giorni, ma non renderli eterni. Arriverà l’ora in cui esse non gioveranno più e lasceremo questo mondo. Lì termina la speranza mondana, come insegna il Libro della Sapienza: «È come pula portata dal vento, come schiuma leggera sospinta dalla tempesta, come fumo dal vento è disperso, si dilegua come il ricordo dell’ospite di un sol giorno» (5, 14). In questo senso, l’ammonimento del Precursore è molto chiaro e attuale per noi: si tratta di far penitenza per queste deviazioni, poiché il Regno dei Cieli non è di coloro che ripongono la loro sicurezza nel progresso, nelle macchine o nel conforto materiale, ma di quelli che confidano in Dio e hanno la loro speranza riposta nell’eternità.

Il rischio di rendersi sordi a Dio

Giovanni è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: ‘Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!’

San Giovanni Battista – Chiesa di Nostra Signora della Misericordia, Salta (Argentina)

Applicato dai quattro Evangelisti alla persona di San Giovanni Battista, questo passo di Isaia possiede un profondo simbolismo che ci ricorda quanto opportuno sia per noi il messaggio del Precursore. Richiama l’attenzione il fatto che il profeta localizzi la missione di Giovanni “nel deserto”. Dobbiamo interpretare questa menzione in un senso più metaforico che propriamente fisico: Giovanni gridava ed era udito da coloro che stavano “nel deserto”, ossia, nell’intero disinteresse per tutto quello che non conduce a Dio. Quando uno, al contrario, sta nel tumulto della “città”, aggrappato a quello che in essa esiste – la vanità, le macchine, le relazioni umane che allontanano dalla virtù, ecc. –, diventa sordo alla voce che lo invita alla conversione. A prima vista, molte di queste cose possono sembrare legittime. Tuttavia, chi si attacca a ciò che è lecito dimenticandosi di Dio, presto sarà attaccato anche a ciò che illecito. Nel nostro caso concreto, quanti affetti disordinati ci stanno impedendo di ascoltare il grido di San Giovanni, rivolto a noi in ogni istante, sia per mezzo di mozioni interiori della grazia nella nostra anima, sia attraverso l’azione di altri?

Esortazione all’integrità di vita

Quando la persona si attacca a qualcosa di illegittimo, immediatamente crea una dottrina per giustificare questo cattivo cammino che ha seguito. Infatti l’uomo è un monolite di logica per quanto riguarda la coerenza della sua condotta col suo pensiero, come esprime la frase lapidaria di Paul Bourget, raccolta dal Prof. Plinio Corrêa de Oliveira nella sua celebre opera Rivoluzione e Contro-Rivoluzione: «Bisogna vivere come si pensa, altrimenti, prima o poi, si finisce per pensare come si è vissuto».3 Nel caso in cui la persona non voglia emendarsi – ossia, «raddrizzare i suoi sentieri» –, finirà, di fatto, col pensare secondo il modo in cui vive. Di conseguenza, è indispensabile estirpare le razionalizzazioni della nostra anima per poter camminare rettamente sui sentieri di Dio.

Giovanni Battista non solo esortava all’integrità, ma ne dava anche esempio con la sua vita, modello di completa coerenza, e con i suoi costumi, interamente estranei alle persone comuni, come descrive San Matteo nel versetto seguente.

Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico.

A quell’epoca – come, del resto, anche nella nostra – i vestiti non erano fatti di pelo di cammello, poiché è un materiale ruvido e aggressivo al tatto. L’abito di San Giovanni, pertanto, doveva causare perplessità. Oltretutto, portava un cinturone di cuoio intorno alla vita, per mostrare che era vergine e praticava la castità. Quanto alla sua alimentazione, consisteva in locuste e miele selvatico, un dato questo che ci permette di immaginare il tenore della sua penitenza. Impediti dal riflesso di ripugnanza, molti di noi non sopporterebbero di mangiare nemmeno uno di questi insetti, se fossimo obbligati a farlo.

San Giovanni straccia il velo delle false apparenze

Allora accorrevano a Giovanni da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano 6e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.

Predicazione di San Giovanni Battista – Cattedrale di Bayonne (Francia)

Che cosa provocò questo fervore popolare intorno al Precursore, al punto che giungevano israeliti da tutte le parti della Palestina per stare con lui? Tra le altre ragioni, la prova che egli diceva la verità. E quelli che accoglievano le sue parole con buone disposizioni decidevano di cominciare una nuova vita. Per fare questo passo, confessavano i loro peccati e ricevevano il “battesimo di conversione” (Lc 3, 3), che non era il Sacramento istituito in seguito da Nostro Signore, ma un rito simbolico, una specie di sacramentale che, mediante la penitenza, preparava le anime a ricevere il Salvatore.4 Era così che Giovanni riconduceva molti “ribelli alla saggezza dei giusti” (Lc 1, 17).

Tuttavia, vicino a quelli che si convertivano c’erano alcuni che non volevano sentire…

7a Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere!…»

I farisei e i sadducei, la cui influenza dominava tutto il panorama socio-politico giudaico dell’epoca, erano sempre molto attenti a qualsiasi variante nell’Opinione Pubblica, poiché non era per loro conveniente perdere l’appoggio delle basi della società. L’entusiasmo per la figura del Precursore suscitato nelle moltitudini che affluivano per ascoltarlo, faceva temere ai membri dell’uno e dell’altro partito una minaccia al loro potere. Volendo causare l’impressione che anche loro avevano aderito all’ondata di fervore religioso, decisero di andare incontro a Giovanni. Nonostante ciò, poiché essi si ritenevano perfetti al punto da non avere nessun peccato, la loro intenzione non era quella di confessare le loro colpe, ma soltanto di ricevere il battesimo come un timbro che li giustificasse agli occhi dell’Opinione Pubblica.

Quando il profeta li vide, «comprese che essi non venivano con disposizione sincera, ma finta e dissimulata, cosa che era molto in linea col loro modo di essere».5 Per questo non esitò a rimproverarli: «Razza di vipere!»6 E non dobbiamo immaginare che San Giovanni abbia detto questo a bassa voce o in modo poco espressivo. Certamente possedeva una voce possente che, per così dire, colpiva la spina dorsale di quelli che stavano ascoltando come se Dio stesso parlasse loro. In verità, Giovanni, «pieno di Spirito Santo» (Lc 1, 15), rappresentava Dio e trasmetteva la sua volontà.

Ora, il serpente era stato l’animale usato da Satana in Paradiso per indurre Eva al peccato. Si tratta di un marchio tale che, pur essendo una creatura irrazionale – priva di libero arbitrio, pertanto incapace di avere colpa – fu maledetta dal Creatore, divenendo da allora un simbolo del male. E vipera fu il titolo dato da San Giovanni a farisei e sadducei per il fatto di essere strumento di peccato per altri. Più tardi, Nostro Signore ripeterà loro questo rimprovero (cfr. Mt 12, 34; 23, 33) e ne aggiungerà altri ancora più severi e incisivi.

Causa della perdizione di altri

7b «…CChi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente?»

Subito dopo, il Precursore li minaccia, ricordando loro l’imminente castigo di Dio. Parlando del “sottrarsi all’ira”, si riferisce ancora una volta ai sotterfugi elaborati dalla coscienza di chi cerca di sembrare santo davanti agli altri, e vive in un modo che non corrisponde alla sua esteriorità. Tale era la loro situazione, preoccupati com’erano della figura da fare davanti al popolo e non dell’autentico cambiamento di vita raccomandato da San Giovanni Battista. Chi inganna gli altri in questo modo assume il ruolo del serpente che ha mentito a Eva, appartiene alla “razza di vipere” dei farisei e sadducei, e insieme a loro incorre nell’ira divina.

«Fate dunque frutti degni di conversione».

Farisei davanti al Precursore – Cattedrale di Bayonne (Francia)

Nel fare questa richiesta, San Giovanni afferma tacitamente che i frutti prodotti fino a quel momento erano l’opposto delle opere di virtù. Infatti, i farisei e i sadducei, ognuno a modo proprio, approfittavano della forza della Parola di Dio, di cui pretendevano di essere i propagatori, per ingannare gli altri, allontanandoli dalla vera Religione. Inoltre, siccome non cercavano la perfezione, davano il cattivo esempio caratteristico degli ipocriti, che «dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti» (Tt 1, 16). Quante anime avrebbero gettato all’inferno a causa degli scandali provocati dalla loro doppiezza di vita? Nostro Signore stesso avrebbe additato, più tardi, la gravità di questo peccato: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il Regno dei Cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci» (Mt 23, 13). Il giorno del Giudizio Universale, costoro che si condannarono si alzeranno per accusare coloro che furono la causa della loro perdizione.

Da qui viene un’importante lezione per noi: chi non ha la propria anima in ordine, non conduce gli altri alla virtù. Per fare il bene al prossimo, la vita interiore è fondamentale, come insegna l’eccellente trattato L’anima di ogni apostolato: «Sia la nostra vita interiore come un tronco rigonfio di linfa robusta che sboccia sempre nei fiori delle nostre opere. Un’anima di apostolo! Ma essa è la prima che deve esser inondata di luce e infiammata d’amore, affinché, riflettendo questa luce e questo calore, possa chiarire e infiammare poi le altre anime. Quello che hanno visto, quello che hanno considerato con i propri occhi, quello che quasi hanno toccato con le loro mani, essi lo devono insegnare agli uomini (cfr. 1 Gv 1, 1)».7

Non serviranno a nulla le apparenze…

9 “e non crediate di poter dire fra voi: ‘Abbiamo Abramo per padre’. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre”.

Il Precursore ricorda, allora, che davanti al Divin Giudice non serve invocare le apparenze: «Abramo è nostro padre». Argomento cogente per coloro che assistevano alla predicazione, perché, secondo l’idea diffusa tra i giudei, il semplice fatto di discendere da Abramo già garantiva, di per sé, la salvezza eterna. Ora, se Dio può far nascere da grezze pietre figli di Abramo, l’atteggiamento che dobbiamo avere è quello di invocare la sua grazia, mentre siamo in questo mondo. Tuttavia, non potremo mai dire che siamo veri figli di Abramo – ossia, eredi della promessa fatta a lui e alla sua discendenza, cioè, a Cristo (cfr. Gal 3, 16) – se staremo abbracciati al peccato, anche se lo nascondiamo sotto il manto della virtù. È quello che afferma Nostro Signore stesso: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo» (Gv 8, 39).

Dai frutti si conosce l’albero

10 «Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco».

Dopo una tale tremenda accusa pubblica, San Giovanni fa un ammonimento usando l’espressiva immagine dell’albero sterile. Se l’albero che non produce frutti buoni è adatto solo ad esser tagliato e gettato nel fuoco, quanto più quello i cui frutti sono cattivi e dannosi per gli altri! Per tale motivo, a volte è necessario che Dio intervenga per interrompere l’avanzata del male; al contrario, l’inferno continuerebbe a riempirsi delle creature che Egli ha creato per renderGli una gloria perfetta ed eterna nel Cielo. L’ascia si trova alla radice degli alberi, poiché «in ogni luogo sono gli occhi del Signore, scrutano i malvagi e i buoni» (Pr 15, 3). E il fuoco eterno aspetta coloro che, non volendo convertirsi, vivono nel peccato e condannano altri col loro pessimo esempio.

Condannati sono portati all’inferno – Cattedrale di Notre-Dame, Parigi

Annuncio del Messia che viene per salvare… e condannare

11 «Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Improvvisamente, il discorso cambia tono e l’attenzione si sposta su Nostro Signore. Mettendo in risalto la sostanziale differenza tra il battesimo di conversione e il Sacramento che sarebbe stato portato dal Redentore, Giovanni Battista sottolinea la sua completa sottomissione a Gesù, dichiarandosi indegno di portare i suoi sandali, gesto che toccherebbe a un semplice schiavo. Pone, così, la figura di Nostro Signore nel vero posto di preminenza agli occhi del popolo, dando mostra dell’umiltà che fu una costante nella sua missione di annunciatore di Cristo: «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3, 30).

12 «Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile».

Concludendo le sue parole, il Precursore rivela chi sarà l’esecutore della sentenza annunciata in precedenza: il Messia, lo stesso che viene a salvare, battezzando «con Spirito Santo e fuoco», sta per gettare la pula «nel fuoco inestinguibile». Nell’ora del Giudizio, svanirà l’illusione di chi pensa che sia possibile «mettersi d’accordo» con Dio e andare in Cielo, pur avendo condotto una vita contraria alle sue indicazioni. Non ci sarà più commiserazione né condiscendenza da parte del Creatore: se l’“albero” non ha prodotto ciò che doveva ed è morto nell’inimicizia con Dio, sarà gettato «nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti» (Mt 13, 42). E non pensiamo che basti essere cristiani per salvarci dalla dannazione eterna. Al contrario, è un fattore aggravante della nostra condanna, perché implica un maggiore rifiuto della grazia.

III – La nostra speranza deve essere in Dio

Invitandoci a pensare un po’ a questi avvenimenti da cui nessuno di noi sfuggirà – la morte e il Giudizio –, le parole di San Giovanni in questa II Domenica di Avvento mostrano la necessità di cambiare la nostra mentalità. Se ci esaminassimo onestamente, attraverso il prisma di questo Vangelo, ci renderemmo conto di quanti principi mondani abbiamo lasciato entrare nella nostra anima nel corso del tempo, illudendoci con una falsa sicurezza e stabilità. Può essere, per esempio, l’egualitarismo che nasce dall’orgoglio, oppure il materialismo, che ci fa vivere in funzione della tecnica o del denaro, tra le altre storture. È in questa prospettiva che dobbiamo considerare la conversione alla quale San Giovanni Battista ci esorta, e prepararci al momento in cui compariremo davanti al tribunale di Dio.

“Il Giudizio Finale”, del Beato Angelico – Gemäldegalerie, Berlino

Sarà un giudizio a cui dobbiamo guardare con speranza veramente cristiana, ossia, con piena fiducia in Dio e nei meriti di Nostro Signore Gesù Cristo, che perdonerà i nostri peccati e le nostre miserie purché li riconosciamo, pentiti. Se viviamo con questa disposizione d’animo, raggiungeremo la santità, meta di ogni battezzato, e otterremo la piena partecipazione alla vita di Dio, come sottolinea la Preghiera del Giorno: “Dio grande e misericordioso, fa’ che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma la sapienza che viene dal Cielo ci guidi alla comunione con il Cristo, nostro Salvatore”.8 

 

Note


1 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. Suppl., q.87, a.2.

2 Cfr. GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Introducción, infancia y vida oculta de Jesús. Preparación de su ministerio público. Barcelona: Rafael Casulleras, 1930, vol.I, p.332; 403; FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Infancia y Bautismo. Madrid: Rialp, 2000, vol.I, p.295.

3 BOURGET, Paul. Le démon du midi, apud CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Revolução e Contra-Revolução. 5.ed. São Paulo: Retornarei, 2002, p.41.

4 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., III, q.38, a.3.

5 MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios. Evangelio de San Mateo. Madrid: BAC, 1950, vol.I, p.187.

6 Il testo greco parla di γέννημα ἔχιδνα (ghennema echidna) e la Neovulgata lo traduce come progenies viperarum, cioè «razza di vipere».

7 CHAUTARD, OCSO, Jean-Baptiste. A alma de todo apostolado. São Paulo: FTD, 1962, p.66.

8 SECONDA DOMENICA DELL’AVVENTO. Preghiera di colletta. In: NUOVO MESSALE ROMANO. Traduzione Conferenza Episcopale italiana, 3ª edizione, Libreria Editrice Vaticana, 2020, p.12.

 

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