L’uomo è stato fatto per Dio e non Dio per l’uomo

La ridicola interpretazione farisaica della Legge di Mosè evidenzia l’errore, dalle funeste conseguenze, che l’uomo commette quando sostituisce Dio con le creature.La ridicola interpretazione farisaica della Legge di Mosè evidenzia l’errore, dalle funeste conseguenze, che l’uomo commette quando sostituisce Dio con le creature.

Vangelo – IX Domenica del Tempo Ordinario

23 In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. 24 I farisei Gli dissero: «Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?». 25 Ma Egli rispose loro: «Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? 26 Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell’offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?» 27 E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! 28 Perciò il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato».

3,1 Entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita,e Lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarLo. Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di Lui per farLo morire (Mc 2, 23-28; 3, 1-6).

I – Dove incontrare l’Assoluto?

Chi di noi, durante l’infanzia, non ha fatto l’esperienza di piantare, per esempio, un piccolo fagiolo e di coprirlo con una scatola di cartone su cui è stato praticato un foro nella parte opposta a quella in cui è stato depositato il seme? Di tanto in tanto – a seconda del livello di curiosità di ciascun bambino – si solleva un pochino la scatola, si annaffia un po’ e, soprattutto, si controlla se qualcosa sta crescendo o meno… A poco a poco il fagiolo germina, appare il primo germoglio e – oh, sorpresa! – lo stelo, che si ergeva dritto, si piega verso il basso in cerca di luce. E, con il passare dei giorni, si ha la gioia di vedere come la nuova pianta abbia fatto un lungo giro per trovare l’apertura della scatola e uscire.

In botanica, questo fenomeno è chiamato eliotropismo, termine di origine greca che significa movimento alla ricerca del Sole ed è più evidente nell’emisfero settentrionale, dove le stagioni sono molto definite. Quando arriva la primavera, basta che la Terra si inclini un po’ in direzione del Sole perché tutti gli alberi, inariditi dal tremendo freddo dell’inverno, rinverdiscano e il fogliame inizi a svilupparsi con esuberanza. Quest’ultimo si mantiene sempre orientato verso la luce, per ricevere i raggi dell’astro re, ed è curioso notare che non esiste foglia capricciosa o ribelle che si nasconda al suo influsso.

Creati per amare e conoscere l’Infinito

Ora, Dio ha posto davanti ai nostri occhi il regno vegetale così ordinato per simboleggiare un’aspirazione – molto più elevata e nobile – che esiste sia negli Angeli che nell’anima umana, che possiamo chiamare “teotropismo”, orientamento verso Dio. Infatti, fin dai primi barlumi di ragione, lo sguardo dell’uomo è alla ricerca dell’Assoluto. Per usare un linguaggio metaforico, diciamo che il nostro cuore è creato con una finestra aperta verso l’infinito, che lo spinge continuamente verso la verità, il bene e il bello; altrimenti, sarebbe impossibile per noi mirare a qualsiasi fine soprannaturale.

Creato per conoscere e amare l’Infinito, e per essere da Lui conosciuto e amato, l’uomo otterrà la piena felicità solo abbandonandosi a Dio

Il Signore ci ha fatti così perché sentissimo la nostra insufficienza e riconoscessimo che siamo soggetti a qualcuno di gran lunga superiore. E per quanto ci sia chi si dichiari ateo, non è vero che sia così autosufficiente da poter vivere totalmente distaccato da questo desiderio di Dio! Finché l’uomo non pone ostacoli ed è fedele a questo appetito naturale, sarà giustificato, cioè otterrà effetti identici a quelli del Battesimo sacramentale.1 È quanto troviamo nella storia di alcuni Santi, tra cui l’africana Santa Giuseppina Bakhita: ignara della Religione Cattolica nel primo periodo della sua esistenza, si chiedeva chi fosse il Creatore del Sole, della Luna e delle stelle, ed era felice di rendere omaggio a questo grande “padrone”2 dell’universo, come lei Lo chiamava. Fatti per conoscere e amare l’Infinito e per essere conosciuti e amati da Lui, otterremo la piena felicità solo nell’abbandono a Dio, perché nessun’altra creatura che amiamo o attività che svolgiamo ci riempirà di soddisfazione.

Come si spiega, allora, che tanti cadono negli abissi del peccato? È a causa di un’illusione, perché, di per sé, l’uomo è incapace di praticare il male per il male o l’errore per l’errore.3 Quando una persona si abbandona a un piacere peccaminoso – che quindi è proibito dalla Legge di Dio – o addirittura quando commette un crimine, nel profondo pensa di poter raggiungere con questo mezzo qualche tipo di felicità.

Due strade davanti all’uomo

C’è un certo momento nella vita in cui davanti a noi si aprono due strade: trasformare in idolo ciò che è relativo, sia esso la carriera, il denaro, le relazioni sociali, oppure abbracciare il vero Assoluto, che è Dio, confessando la nostra contingenza rispetto a Lui. È questo che mantiene la salute dell’anima, come pure la salute del corpo…

Nel campo soprannaturale, quanto più amo, più il mio appetito si espande, fino a raggiungere dimensioni inimmaginabili. Così fu per Maria Santissima, nella quale il fuoco dell’amore divino non era più proporzionato a questa terra e passò da questa vita all’altra.

Ci sono due strade davanti a noi: trasformare in un idolo ciò che è relativo, oppure abbracciare il vero Assoluto, che è Dio, confessando la nostra contingenza rispetto a Lui

All’estremo opposto, quando qualcuno toglie Dio dal centro dei propri pensieri e dei propri affetti e assume una creatura come assoluto, perde l’equilibrio; il cuore diventa insensibile a Dio, l’intelligenza si spegne e la persona si applica unicamente a ciò che c’è di concreto e materiale. L’insaziabile brama di gloria, di soddisfare la vanità personale, di richiamare l’attenzione su di sé, di governare, di essere lodato e applaudito, oltre a procurare una felicità frammentata, finisce per introdurre nell’anima un principio di malattia spirituale che, presto o tardi, sfocerà nella frustrazione. Gli accadrà come a San Pietro che camminava sul mare: per pensare a se stesso cominciò ad affondare nelle acque agitate (cfr. Mt 14, 30).

Questo è ciò che vedremo riflesso nel Vangelo della IX Domenica del Tempo Ordinario, nell’atteggiamento dei farisei nei confronti di Nostro Signore Gesù Cristo. Essi si preoccupavano della Legge e si dimenticavano di guardare Dio, davanti al quale si trovavano! Perché? Perché l’osservanza dei precetti li favoriva, in quanto garantiva loro uno status e dava loro una base per essere i primi della società. Di conseguenza, non era nemmeno la Legge che mettevano al centro, ma se stessi! È un tipico caso di assolutismo spirituale che Gesù si appresta a castigare, usando con violenza la sua parola divina.

II – Adorare il sabato o adorare il Signore di sabato?

23 In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe.

Il Vangelo ci presenta la scena poetica di Nostro Signore Gesù Cristo che cammina in un campo di grano con gli Apostoli che si trovavano in una situazione di bisogno: non avevano viveri. Il Divin Maestro Si spostava da un villaggio all’altro, predicando e guarendo tutti, e i suoi discepoli, essendo costantemente intorno a Lui ed essendo formati alla sua scuola, si trovavano circondati dalla moltitudine e non avevano nemmeno il tempo per mangiare (cfr. Mc 3, 20; 6, 31). Per chi viaggiava a piedi era difficile portare con sé delle provviste e, a volte, si dimenticavano di farlo (cfr. Mc 8, 14).

In queste circostanze era legittimo – e persino permesso dalla Legge – quando si attraversava un campo, servirsi di qualcosa con moderazione, senza causare danni al padrone della proprietà. Se si trattava di un campo di grano, le spighe potevano essere raccolte senza usare la falce e trebbiate a mano (cfr. Dt 23, 25-26). Comunemente consumato in Medio Oriente, il grano integrale e non cotto è un alimento completo, poiché contiene sostanze che si perdono quando si produce la farina bianca. Masticare questi chicchi alleviava un po’ il tormento della fame e dava vigore sufficiente per proseguire il viaggio, percorrendo molti chilometri.

Di fronte a Cristo, antipatia o desiderio di seguirLo…

24 I farisei Gli dissero: «Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?».

Il sabato, come risulta dalla prima lettura di questa domenica (Dt 5, 12-15), era un giorno santo, ossia, dedicato al Signore (cfr. Dt 5, 14), e per questo ogni israelita doveva riposare e astenersi dal lavoro. Tuttavia, i farisei e gli scribi avevano aggiunto diverse norme che non erano presenti nella Legge di Mosè, tra cui il divieto di svolgere trentanove attività.4 Mentre la Legge ordinava il riposo il settimo giorno, «anche quando è tempo di arare e mietere» (Es 34, 21), per i rigidi criteri rabbinici, raccogliere qualche spiga o anche solo qualche chicco significava già una violazione del sabato.5

Predicazione di Nostro Signore – Chiesa di San Svitino, East Grinstead (Inghilterra)

Vedendo gli Apostoli fare questo, i Farisei ne furono inorriditi, mentre, in realtà, quel modo di procedere era del tutto normale. A questo proposito San Cirillo di Alessandria arriva a ridicolizzare i farisei, esclamando: «Tu stesso, o fariseo, quando ti siedi a tavola il sabato, non spezzi il pane? Perché allora rimproveri gli altri?».6 In fondo, la loro difficoltà aveva origine ben prima di questi eventi, e non era contro i discepoli, ma contro il Maestro… Accusando loro, criticavano Lui – malgrado non avessero il coraggio di dirlo direttamente –, insinuando che avrebbe dovuto prendere provvedimenti affinché i suoi seguaci non commettessero una simile infrazione.

I discepoli avevano accettato la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo e, giudicandoLo superiore a tutto, consideravano il resto – le spighe di grano, la legge sabatica, i farisei… – come qualcosa di secondario

Ora, non possiamo attribuire agli Apostoli uno spirito polemico che li portava ad agire in questo modo per il piacere di provocare i farisei. Preferivano non irritarli e neppure discutere con loro, ma in questa occasione erano pressati dalla fame. Durante i loro obblighi di apostolato avevano speso molte energie, perché avevano certamente superato il numero di passi stipulato dal codice farisaico, secondo il quale non era lecito camminare fuori della città, nei giorni di sabato, oltre i duemila cubiti, cioè poco più di un chilometro.7 Era loro diritto, pertanto, attraversando quel luogo dove c’era del grano, recuperare le forze, secondo l’usanza ammessa negli altri giorni della settimana.

Inoltre, grazie alla fede, i discepoli avevano accettato la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo e, giudicandoLo al di sopra di tutto, consideravano il resto – le spighe, la legge sabatica, i farisei… – come qualcosa di secondario. Li muoveva un sincero entusiasmo nel seguire colui che era più importante, nell’assimilare la sua dottrina e nell’essere in consonanza con il suo modo di essere. Per questo motivo ingannavano lo stomaco con quei piccoli chicchi di grano affinché, liberi da preoccupazioni materiali, potessero seguire Gesù da vicino, a volte fianco a fianco, con vera familiarità, e non perdersi nemmeno una delle sue parole, dei suoi atteggiamenti o dei suoi gesti!

Il Divin Maestro mette i farisei in contraddizione

25 Ma Egli rispose loro: «Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? 26 Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell’offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?».

In quanto Dio, Nostro Signore Gesù Cristo aveva già visto questa scena da tutta l’eternità, e conosceva anche tutto ciò che è contenuto nelle Scritture, per esserne l’ispiratore. Signore della Storia e anche Divino Didatta, Egli permette lo svolgersi degli eventi per insegnare agli uomini. A tal proposito, l’attitudine di Davide era destinata a servirGli per mettere in contraddizione i farisei con se stessi in quel momento. E permise agli Apostoli di infrangere il riposo del sabato per causare uno shock e provocare una reazione da parte dei farisei, che avrebbe permesso loro di proclamare la verità, in opposizione alla religione che avevano inventato, così lontana dalla pietà autentica.

Come i popoli antichi adoravano gli idoli, così i farisei e gli scribi erano caduti nell’insensatezza di elevare il relativo ad assoluto, divinizzando piccole regole

Non immaginiamo, però, che Nostro Signore volesse provocare i farisei e i maestri della Legge per condannarli; voleva, piuttosto, convertirli e Si mostrava caritatevole – Egli è la Carità! – per guarire la terribile malattia di cui soffrivano: l’orgoglio. È chiaro che essi possedevano una scarsa percezione della realtà e ben si potrebbe applicare loro l’antico adagio orientale: «Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito». Così come i popoli antichi adoravano idoli di legno o di metallo, essi cadevano nella insensatezza di erigere il relativo in assoluto, divinizzando quelle piccole regole invece di elevare lo sguardo e contemplare Dio! Per questo il Divin Maestro li confutò in modo più incisivo che in altre circostanze, dando loro un’argomentazione autorevole, ricordando un fatto innegabile che avrebbero preferito non sentire in quel momento. Citò l’episodio storico di Davide, figura massima per loro, modello di re santo e di profeta.

Particolare di “Gesù tra i dottori”, di David Teniers il Giovane – Museo di Storia dell’Arte, Vienna

Quando Davide fuggì dalla collera di Saul, con i suoi soldati si recò nella città sacerdotale di Nob, dove allora si trovava il Tabernacolo. Vedendo che i suoi compagni non avevano cibo, Davide entrò nella casa di Dio e chiese al pontefice delle provviste (cfr. 1 Sam 21, 1-6). C’erano solo i pani della proposizione offerti al Signore e riservati ai sacerdoti (cfr. Lev 24, 5-9). Davide, però, non ebbe alcuna remora né il minimo dubbio: i pani erano di Dio, anche lui e il suo popolo appartenevano a Dio, tutto è di Dio! Poiché si trattava di una questione di forza maggiore, in cui entrava in gioco il sostentamento dei suoi uomini, si assunse la responsabilità e distribuì i pani. Aveva forse commesso un sacrilegio, un peccato terribile, di cui, del resto, non risulta che poi si sia pentito? E mangiare i pani sacri certamente doveva essere molto più grave che raccogliere qualche chicco di grano lungo la strada in giorno di sabato… Gesù stava dicendo chiaramente che se in caso di estrema necessità, come il mantenimento della propria vita, era lecito omettere l’adempimento della legge del culto, lo era a maggior ragione in relazione a quella del sabato.

«L’uomo è stato fatto per Me…»

27 E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! 28 Perciò il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato».

Questa affermazione di Nostro Signore contiene un interessante principio morale, che mostra come le malattie dell’anima debbano, in un certo senso, essere trattate come le malattie fisiche. Secondo la saggia tesi dell’omeopatia, non esistono malattie, ma solo persone malate. Ogni individuo è irripetibile e va studiato in base al suo organismo, alla sua psicologia e alla sua reattività. Nella morale esistono indubbiamente regole fisse e immutabili, ma bisogna analizzare attentamente i fatti e le circostanze. Un confessore esperto, ad esempio, è colui che, con il suo discernimento degli spiriti, penetra e sa avvicinarsi alla coscienza del penitente come se fosse unica, distinguendo quale orientamento è conveniente e qual è l’occasione propizia per attuarlo.

In concreto, il caso degli Apostoli che strappano le spighe di grano doveva essere considerato eccezionale, in quanto servivano l’Autore e Signore della Legge, il Creatore del grano, di loro stessi e persino dei farisei: Gesù Cristo, Seconda Persona della Santissima Trinità. Essendo Egli la Giustizia e la Legge in sostanza, era il criterio assoluto, ed essi dovevano agire secondo la morale che Egli prescriveva loro in quel momento. Perché avrebbero dovuto rispettare le regole prescritte dai farisei?

Questo mostra l’inimmaginabile libertà di cui godono i giusti quando entrano in Cielo, perché lì non solo si trovano davanti alla santissima umanità di Cristo, ma vedono Dio faccia a faccia, «così come Egli è» (1 Gv 3, 2). Attraverso la visione beatifica, partecipano alla libertà stessa di Dio, perché Dio è Libertà, come scrive San Paolo: «Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà» (2 Cor 3, 17). Rendiamoci conto, anche noi, che per essere pienamente liberi, è necessario raggiungere la gloria della contemplazione divina. Stolti sono coloro che cercano la libertà «come un velo per coprire la malizia» (1 Pt 2, 16), quando abbracciano, questo sì, la schiavitù che conduce all’inferno.

Quelli che rimproveravano gli Apostoli commisero il vero crimine: negarono Nostro Signore, rifiutando i segni evidenti che manifestavano che Egli era il Messia

Dichiarando ai farisei: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato», era come se dicesse loro: «L’uomo è stato fatto per Me e non per il sabato». Infatti, questo giorno della settimana interamente riservato al Signore era stato stabilito affinché il popolo lo vivesse in funzione di Lui. L’Alleanza firmata da Dio con Israele, nel consegnare le tavole di pietra con il Decalogo, così come le promesse fatte in precedenza ai patriarchi, erano rivolte all’uomo e non all’istituzione del sabato, e si sarebbero realizzate nella loro pienezza solo in Nostro Signore Gesù Cristo e nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana da Lui fondata.

Nostro Signore discute con i farisei – Biblioteca del Monastero di Yuso, San Millán de la Cogolla (Spagna)

In questo modo, Gesù mostrava ai farisei la sua divinità e li invitava ad accettarLo. «Il riposo del sabato», afferma padre Tuya, «è un’istituzione divina (Gn 2, 2-3). ProclamarSi ‘Signore del sabato’ significa proclamarSi ‘padrone’ della sua legislazione, della sua istituzione; significa proclamarsi padrone dello stesso. Mosè legiferò questo in nome di Dio. Ma Cristo non Si pone nella linea di Mosè, bensì nella stessa ‘signoria’ della legislazione del sabato. Se Dio è il ‘padrone’ del sabato e Cristo è il ‘Signore’ del sabato, Cristo Si sta proclamando quindi Dio».8

Allora, chi stava infrangendo la legge del sabato? I farisei! Sì, coloro che rimproveravano gli Apostoli commisero un vero e proprio crimine: non vollero aderire a Nostro Signore, anzi Lo rinnegarono e non capirono come dovevano comportarsi di sabato. Il loro errore principale fu quello di essere stati ciechi di fronte ai segni evidenti che Egli era il Messia. Non se ne resero conto perché erano materialisti, naturalisti, relativisti ed egolatri. Così, si esclusero dall’Alleanza e disprezzarono le promesse…

Impossibilitato ad agire, ma fiducioso in Gesù

3,1 Entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita, e Lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarLo.

Di sabato, i Giudei riempivano la sinagoga e vi rimanevano in silenzio, evitando qualsiasi sforzo che potesse infrangere la legge sabatica. Quando Gesù arrivò, certamente calò un profondo silenzio. Tutti si chiedevano cosa sarebbe accaduto ed Egli Si mise a insegnare (cfr. Lc 6, 6a).

Lì c’era un uomo con la mano inaridita – la mano destra, secondo San Luca (cfr. Lc 6, 6b). La mano è un arto molto importante, utilissimo, che conferisce alla creatura umana una superiorità d’azione rispetto agli animali, anche a quelli più abili. Con le mani l’uomo svolge compiti con straordinaria precisione, è in grado di suonare magnifici strumenti come l’arpa, l’organo o il violino, di produrre bellissime opere artistiche e di svolgere le attività quotidiane. Avere la mano inaridita, quindi, significa inoperatività e inutilità. Quell’uomo si sentiva, indubbiamente, inferiore perché non era in grado di lavorare con disinvoltura per guadagnarsi da vivere e mantenere la propria famiglia. Sapendo che Nostro Signore Gesù Cristo era il Messia e compiva miracoli, desiderava ardentemente di essere guarito, e poco gli importava che fosse di sabato o in un qualsiasi altro giorno della settimana; tuttavia, non osò alzare la voce. Ma Gesù aveva già visto la sua volontà piena di fede da tutta l’eternità.

Lì si erano riuniti anche gli scribi e i farisei che, lisciandosi la barba, fissavano gli occhi sul Divin Maestro per vedere se avrebbe infranto di nuovo il sabato. Forse loro stessi avevano portato il povero storpio nella sinagoga, convincendolo a stare vicino a Gesù e a muovere il braccio qualche volta, per propiziare l’occasione affinché Egli prendesse l’iniziativa della guarigione.

Un’altra possibilità di conversione rifiutata dai farisei

Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Ma essi tacevano.

Perché Nostro Signore mise il malato in mezzo a loro? Voleva innanzitutto attirare l’attenzione di tutti i presenti, compresi i suoi nemici. Questi ultimi, seduti ai primi posti (cfr. Mt 23, 6), quando udirono quell’ordine si guardarono subito l’un l’altro, ritenendo che Gesù fosse – finalmente! – caduto nella loro trappola. Egli, tuttavia, conoscendo le intenzioni malvagie che covavano dentro di loro, cercava di fare il bene e di dare loro un’altra possibilità, con l’intento di salvarli. Per questo motivo, presentò loro un problema che avrebbe reso più facile la loro conversione, creando allo stesso tempo la grazia per ammettere che avevano sbagliato e ricevere ciò che Egli offriva.

Chiedendo se fosse permesso, di sabato, fare il bene o il male, sollevava una questione mai affrontata prima, perché è evidente che non esistono ferie per la virtù. Mentre il male deve essere sempre rifiutato, il bene deve essere praticato tutti i giorni della settimana, e ancor più il sabato, perché è il giorno del Signore. I farisei, al contrario, cercavano sempre di evitare il bene, disprezzando «la giustizia, la misericordia e la fedeltà» (Mt 23, 23), e dall’interno erano «pieni di rapina e d’intemperanza […], di ipocrisia e di iniquità» (Mt 23, 25.28).

Conoscendo le cattive intenzioni che covavano dentro, Nostro Signore cercava di fare il bene e di dare loro un’altra possibilità, nell’intento di salvarli

Inoltre, soccorrere un animale caduto in un pozzo o salvare una vita umana in pericolo era autorizzato dal regolamento dei maestri,9 e molti di coloro che si trovavano lì avevano già vissuto situazioni di questo tipo, placando in seguito la propria coscienza, a volte mediante una donazione che poi finiva per riempire le tasche dei sommi sacerdoti… L’espressione “togliere la vita” rendeva la questione ancora più cogente, poiché significava chiedere: «Si deve concedere la vita a qualcuno o ucciderlo? Si può contribuire a un omicidio o è obbligatorio interromperlo?».

Chi avrebbe osato proferire una parola? Erano tra la spada e il muro, e si poteva solo dar ragione al Salvatore, «ma essi tacevano».

Rabbia e tristezza: estremi di un Cuore Divino

5a E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori…

Immaginiamo come doveva essere lo sguardo di Nostro Signore mentre fissava quegli uomini dal cuore duro che rifiutavano ostinatamente la grazia di Dio. La loro mancanza di fede provocava l’ira del suo Sacro Cuore, pieno di bontà e di amore; ira santa e divina, ira, però, unita a tristezza e pena perché non Lo volevano ascoltare. Estremi di cui solo Dio è capace!

Per bontà, preferì avvolgere il miracolo in una certa ambiguità…

5b … disse a quell’uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata.

Nostro Signore Gesù Cristo era solito operare i miracoli in modo da rendere evidente che ne era l’Autore, per impedire che si creassero false idee sul potere degli spiriti o che sorgessero superstizioni. Per questo, quando guarì il sordomuto, gli mise le dita nelle orecchie, gli unse la lingua con la sua stessa saliva e gli ordinò: «‘Effatà’ cioè: ‘Apriti!’» (Mc 7, 34); volle toccare un lebbroso per purificarlo (cfr. Mc 1, 40-42); restituì la vita alla figlia di Giairo prendendola per mano (cfr. Mc 5, 41), e avvicinandosi al figlio della vedova di Nain, posò le dita sulla bara e gli ordinò di alzarsi (cfr. Lc 7, 14), anche se questi contatti significavano acquisire una grande quantità di impurità.

Allo stesso modo, Gesù avrebbe potuto fare uno sforzo, facendo qualche passo avanti o dicendo all’uomo: «Dammi la mano», stringendola in modo che fosse guarita. Per bontà verso i farisei, tuttavia, preferì lasciare la paternità del prodigio un po’ ambigua, in modo che non potesse essere attribuito a Lui con assoluta certezza, lasciando un dubbio: forse era l’effetto della fede del beneficiato…

Gesù guarisce l’uomo dalla mano inaridita – Chiesa di San Martino, Jeumont (Francia)

Costui, sì, aveva mosso la mano, ma non aveva forse diritto di tenerla aperta? Dove stava scritto che il sabato si dovevano tenere le mani stese lungo il corpo o nascoste sotto la tunica, senza possibilità di alzarle, nemmeno per spaventare una zanzara? Se quell’uomo confidava nella parola di Gesù per essere guarito, avrebbe dovuto aspettare fino al giorno dopo, quando forse non ne avrebbe più avuto la possibilità? Non c’era nulla da dire…

Questo è lo spirito dei malvagi…

E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di Lui per farLo morire.

Quale fu la risposta dei farisei? Invece di convertirsi, si riempirono di odio e organizzarono un piano di morte contro il Salvatore. «Ma poiché sapevano che il Sinedrio non avrebbe potuto metterGli le mani addosso nel territorio della Galilea senza il beneplacito del Re Erode, andarono dagli erodiani affinché si decidessero a favorire i loro intrighi. Speravano che Erode, istigato dai suoi cortigiani, catturasse Gesù».10 Non sappiamo se questi ultimi stessero già tramando per conto loro o fossero solamente manipolati dai farisei. Quel che è certo è che, da un punto di vista politico, seguivano un’ideologia completamente opposta a quella dei primi, con i quali avevano continue discussioni. Essi erano, come indica il loro nome, sostenitori della dinastia erodiana e favorevoli alla dominazione romana, mentre i farisei difendevano la liberazione di Israele. Tuttavia, a tal punto arrivava la malvagità e la durezza di cuore dei farisei che preferirono unirsi a coloro che erano «liberali nell’ordine pubblico e anche, in parte, nell’ordine religioso»,11 piuttosto che aderire al vero Messia. Questo è lo spirito dei malvagi…

III – Ho la mano inaridita?

Considerato misticamente, quell’uomo con la mano inaridita rappresenta, come dice San Beda, «il genere umano infecondo per il bene […], la cui destra si era avvizzita nel suo primo padre, quando colse il frutto dell’albero proibito».12 Infatti, con il peccato di Adamo l’umanità diventò sterile, incapace di acquisire meriti. Ma fu guarita «dalla grazia del Redentore, quando tese le sue mani innocenti sull’albero della Croce».13 In questo modo, attraverso la sua Passione, Nostro Signore Gesù Cristo restituì agli uomini la possibilità di dare frutti straordinari.

Ora, quando qualcuno, dopo aver ricevuto nel Battesimo la “mano” dei doni dello Spirito Santo e delle virtù teologali e cardinali, non la usa per la glorificazione della Chiesa, essa si rinsecchisce e comincia a procedere in maniera indebita, a detrimento del Corpo Mistico di Cristo. È quello che succede a tutti gli egoisti, agli egolatri, a quelli che tirano indietro la mano per non aiutare i loro compagni, a chi abbraccia il peccato: le virtù non operano più a beneficio degli altri e tutto quello che fanno sarà inefficace. Seminano vento e raccolgono tempesta! Vivranno nell’insicurezza, nell’amarezza e nella schiavitù, perché Dio non benedice le loro opere.

Operando la guarigione dell’uomo dalla mano inaridita, Nostro Signore preferì non rivelare la paternità del prodigio per un atto di bontà nei confronti di quegli uomini dal cuore duro

In senso opposto, sappiamo che l’anima di ogni apostolato è la vita interiore, e questa, a sua volta, si basa sulla fede e sulla pietà. Allora, chi è all’apice del suo fervore fa sorgere la meraviglia di un’opera missionaria feconda che potrà nascere persino in terreni sabbiosi! L’uomo tende la mano agli altri e chi dà il buon risultato è Dio, secondo le parole di San Paolo: «Ora né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere» (1 Cor 3, 7).

“Cristo in maestà”, di Niccolò di Pietro Gerini – Antica Pinacoteca, Monaco (Germania)

Di conseguenza, se siamo noi quelli le cui azioni hanno conseguenze inutili, dobbiamo chiederci: «Ho la mano inaridita?». In questo caso, l’unico modo per curarla è cercare Nostro Signore Gesù Cristo nel tempio, avvicinarci all’altare e chiederGli di compiere il miracolo di cambiare la nostra mano inerte, dandole agilità. Egli non ce lo negherà, perché è sempre disposto a rimediare ai nostri difetti morali e a concederci la necessaria forza d’animo. Solo così ci trasformeremo in leoni nell’apostolato. L’assenza di frutti sarà, in un attimo, compensata dalla grazia di Dio.

Odio inconciliabile tra il bene e il male

Ma non illudiamoci: quando ci proponiamo di fare del bene, alcuni ci ringrazieranno – in modo fiacco, il più delle volte… – e altri ci odieranno, con una virulenza molto maggiore, in confronto, al riconoscimento dei primi. Qual è la ragione di questo odio?

Pensiamo a Nostro Signore: non era perché aveva guarito l’uomo con la mano inaridita o perché aveva violato il sabato che i farisei e gli erodiani volevano ucciderLo. Tale era la sua divina azione di presenza che, quando Si manifestava in pubblico, Egli divideva gli schieramenti, come era stato predetto da Simeone: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2, 34-35). Chi accettava le grazie di fede da Lui portate, credeva immediatamente; chi le rifiutava Lo odiava altrettanto immediatamente.

Tale era l’azione di presenza di Nostro Signore che, quando Si manifestava in pubblico, divideva gli schieramenti: chi accettava le grazie da Lui portate, credeva immediatamente; chi le rifiutava Lo odiava

Infatti, ogni volta che qualcuno solleva un’obiezione contro il bene, dimostra di essere accondiscendente nei confronti del male, e chi entra nelle vie del male nessuno lo può capire… Mistero d’iniquità! In quest’odio inconciliabile c’è un peccato contro lo Spirito Santo – l’impugnazione della verità conosciuta14 – che «non avrà perdono in eterno» (Mc 3, 29). È un rifiuto totale della Verità, della Bontà, della Misericordia in essenza, cioè della Seconda Persona della Santissima Trinità, e quindi un odio verso Dio. Di fronte a questa cattiva volontà, le argomentazioni logiche non servono a nulla, nemmeno il magnifico éclat di virtù può convincere.

Questa inimicizia esiste da quando, in Cielo, Satana e i suoi scagnozzi si ribellarono a Dio, e continuerà fino alla fine del mondo (cfr. Gn 3, 15). Come gli insegnamenti e la sapienza di Gesù si facevano sempre più evidenti durante la sua vita terrena (cfr. Lc 2, 52), così nei vari periodi della Storia la Sua figura, riflessa nella Chiesa, si manifesta nei suoi molteplici aspetti, e vediamo la verità diventare ogni giorno più luminosa e la santità più scintillante. Anche gli attacchi subiti dalla Chiesa o le eresie che talvolta nascono, contribuiscono a questo (cfr. 1 Cor 11, 19), perché richiedono grazie speciali dello Spirito Santo che illuminino chi studia per difenderla. In questo modo essa diventa più esplicitamente bella.

Particolare del “Giudizio Universale” del Beato Angelico – Gemäldegalerie, Berlino

Ora, come abbiamo già detto, ciò che accade a Nostro Signore e alla sua Sposa mistica si ripete anche con coloro che Gli appartengono tramite il Battesimo: il mondo vedrà in noi un raggio della divinità di Cristo e, ancora oggi, Egli produrrà irritazione in quelli che non credono ed entusiasmo in coloro che credono. Come Gesù stesso ha proclamato, Egli è venuto per selezionare e scegliere, salvare e santificare (cfr. Mt 10, 34-35; Lc 10, 16). Egli continua ad essere pietra di scandalo fino alla consumazione dei tempi.

Nella lotta per il bene, sappiamo come affrontare il male

Nei due episodi narrati nel Vangelo di questa IX Domenica del Tempo Ordinario, Nostro Signore mostra come coloro che si schierano dalla parte del bene devono essere saggi, intelligenti e sagaci, e non devono mai sonnecchiare, per non cadere nelle insidie del male; al contrario, devono sempre lasciarlo nelle situazioni cattive. Questa è una lezione da imitare! Impariamo ad affrontare il male come il Divin Maestro, sapendo che è un avversario irriducibile, capace di arrivare alle ultime conseguenze, cioè di portarci al martirio, come Gesù.

L’inimicizia che esiste tra i buoni e i cattivi durerà fino alla fine del mondo, e coloro che si schierano dalla parte del bene devono essere saggi, intelligenti e sagaci, per non cadere nelle insidie del male

Quando siamo incompresi e perseguitati per il nostro amore per la giustizia, accettiamolo con rassegnazione e gioia, perché ci avviciniamo a Nostro Signore. Di fronte alla durezza di cuore dei farisei, Egli dimostrò ira e tristezza. Questa deve essere, esattamente, la nostra postura d’animo: indignazione per il delirio di opporsi a Dio e pena che ci ispira a pregare per coloro che ci perseguitano. ◊

 

Note


1 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I-II, q.89, a.6.

2 DAGNINO, Maria Luisa. Bakhita: da escravidão à liberdade. 2.ed. São Paulo: Loyola, 2000, p. 58.

3 SAN TOMMASO D’AQUINO op. cit. q.27, a.1, ad 1.

4 Cfr. SHABAT. M 7, 2. In: BONSIRVEN, SJ, Joseph (Ed.) Textes rabbiniques des deux premiers siècles chrétiens. Roma: Pontificio Istituto Biblico, 1955, p. 160.

5 Cfr. SHABAT. C.VIII, 10a. In: GUGGENHEIMER, Heinrich Walter (Ed.). The Jerusalem Talmud. Second order: Mo‘ed. Tractates Šabbat and ‘Eruvin. Berlin-Boston: W. de Gruyter GmbH & Co. KG, 2012, p.272.

6 SAN CIRILLO D’ALESSANDRIA. Explanatio in Lucæ Evangelium, c.VI, v.2: PG 72, 575.

7 Cfr. ERUVIM. M 4, 3. In: BONSIRVEN, op. cit., p.193.

8 TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. I Vangeli. Madrid: BAC, 1964, vol.V, p.279.

9 Cfr. SHABAT. B 117b; YOMÁ. M 8, 6-7. In: BONSIRVEN, op. cit., p.166; 231.

10 BERTHE, CSsR, Augustin. Jesus Cristo, sua vida, sua Paixão, seu triunfo. Einsiedeln: Benziger, 1925, p. 134.

11 FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Vida pública. Madrid: Rialp, 2000, vol. II, p.71.

12 SAN BEDA. In Marci Evangelium Expositio. L.I, c.3: PL 92, 155.

13 Idem, ibidem.

14 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., II-II, q. 14, a.2.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Altro dall'autore

Articoli correlati