Monumenti di speranza cattolica

Mentre riposano placidamente, cade su di loro la luce della Rivelazione Divina sotto la tutela della Chiesa, trasformandoli in autentiche testimonianze di fede nel trionfo di Nostro Signore Gesù Cristo sul peccato e sulla morte.

La vera Chiesa sorride serenamente di fronte alla morte, cosa che non fa nessun’altra religione, affrontando la fine della vita terrena con la speranza della gloria imperitura.

Fedele espressione artistica di questo spirito cattolico sono i gisants medievali. Sepolcri incisi nel marmo con cura meticolosa, invitano a elevare lo spirito: in essi tutto parla di raccoglimento, umiltà e pace. Nonostante la pietra sia gelida, qualcosa del fervore religioso delle persone lì scolpite si irradia intorno. Si potrebbe dire che la pietà che praticavano in vita si prolunghi nel tempo: continuano a pregare e la loro fede continua a catechizzare, sebbene non siano più tra noi.

Ma qual è lo scopo di una tomba se non quello di ospitare i resti di coloro che un giorno erano vivi? Ebbene, i medievali fecero di questi spazi funerari dei monumenti di speranza cattolica. Avrebbero potuto fare proprie le parole di San Paolino di Nola: «Per me, l’unica arte è la fede; e Cristo, la mia poesia».1 In quel periodo della Storia, l’arte era catechesi!

Imperatori e re, principi e principesse, Vescovi e cavalieri, ognuno giace con le rispettive insegne e le mani in posizione di preghiera. Curiosamente, sono assenti le note di tristezza e malinconia che accompagnano la morte; le immagini ignorano i mali della vita e la crudele agonia, come dimenticandosi del superfluo. Di questi momenti di sofferenza, il medioevo conservò solo la serietà e l’equilibrio, come frutti inalienabili del dolore accettato con gioia. In sintesi, quei volti sembrano dirci: morire bene è la cosa importante in questa vita.

I gisants parlano anche di attesa, ricordandoci un aspetto importante del nostro destino definitivo: la resurrezione finale, quando le anime riacquisteranno i loro corpi. Infatti, per chi lascia questo mondo in amicizia con Dio, cioè in stato di grazia, la morte non è la fine, ma il transito verso la vita senza fine.

“Gisants” di re e regine di Francia

Quale altra lezione ci insegnano i gisants medievali?

L’usanza di edificare monumenti funerari risale a molto tempo fa. Basti pensare ai sarcofagi dell’antico Egitto. Questo popolo credeva nella rigenerazione della vita umana dopo la morte e, per questo, sviluppò un accurato processo per la conservazione dei cadaveri in bare preziose.

Sia queste tombe dell’antichità che i gisants del periodo medievale servono da post scriptum di un’epoca. Infatti, il modo in cui una civiltà considera la morte mostra il suo modo di vivere. Naturalmente, la differenza tra un sarcofago egizio e un gisant medievale è enorme.

I monumenti funebri degli Egizi meritano attenzione e studio. Tuttavia, nonostante l’immobilità millenaria delle mummie, in esse c’è qualcosa di perennemente scomodo. Sono “avvolte” da incognite mai chiarite. Nel silenzio sepolcrale in cui giacciono, i loro sarcofagi non mancano di esprimere un’ultima parola rivolta alla Storia, con una certa inquietudine, come a riconoscere: «L’immortalità, non l’abbiamo trovata. Dov’è?».

“Gisant” di Roberto II, conte di Artois – Basilica di Saint-Denis, Francia

I gisants medievali, invece, riposano placidamente. Su di loro cade la luce della Rivelazione Divina, sotto la tutela della Chiesa. Il loro post scriptum è definito: un’autentica testimonianza di fede nel trionfo di Nostro Signore Gesù Cristo sul peccato e sulla morte.

I morti lì sepolti riposano in Cristo: dormono in pace, finché non risorgeranno con i loro corpi per la gloria eterna. ◊

 

Note


1 SAN PAOLINO DI NOLA. Poema XX: PL 61, 552.

 

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